Stiamo considerando le sofferenze di Cristo, iniziando dalla notte prima della croce. Nell’ultimo sermone, abbiamo considerato l’arresto di Gesù nel Giardino di Getsemani. Abbiamo visto che Gesù avrebbe potuto distruggere subito gli uomini che vennero ad arrestarLo, ma si è lasciato arrestare perché voleva compiere l’opera salvezza. Fu abbandonato da tutti i discepoli. Fu tradito da Giuda e fu rinnegato da Pietro. I Giudei Lo accusarono falsamente, Lo oltraggiarono e lo percossero. Evidentemente, questi avvenimenti duraronono quasi tutta la notte.
Oggi vogliamo riprendere la storia a questo punto, e continuare a seguire ciò che Gesù Cristo ha sofferto per salvarsi un popolo. Iniziamo leggendo Matteo 27:1,2
“1 Poi, venuta la mattina, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. 2 E, legatolo, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato, il governatore.” (Matteo 27:1-2 NRV)
Ricordiamo che, in quel tempo, Israele era sotto il controllo di Roma. L’impero romano permetteva ai Giudei di processare certi reati civili, ma riteneva per sé l’esclusivo diritto di applicare la pena di morte. Pertanto questi Giudei, che volevano far morire Gesù, dovevano convincere il governatore che Gesù sarebbe stato meritevole della pena di morte. Il governatore romano di quell’epoca era Pilato.
Gesù, quindi, fu processato due volte: fu condannato ingiustamente in un processo religioso, da parte del sinedrio, e poi fu condannato, sempre ingiustamente, da parte dell’autorità civile, vale a dire i romani. Perciò, sia i Giudei che i pagani erano colpevoli della morte di Gesù.
Il brano ci informa che quando i Giudei portarono Gesù da Pilato, Lo condussero legato. Non capivano che Gesù avrebbe potuto spezzare i suoi legami in un attimo, come aveva fatto Sansone. Non sapevano che le vere corde che legavano Gesù non erano quelle che avevano messo loro, ma erano corde d’amore, un amore che costringeva Gesù ad andare fino alla croce per salvarsi un popolo.
Ogni uomo è legato dal proprio peccato, ed è incapace di salvarsi. Dio richiede la morte per il peccato, quindi ogni uomo è sotto condanna, separato da Dio. Il peccato è una corda che lega l’uomo, come leggiamo in Proverbi 5:22
“L’empio sarà preso nelle proprie iniquità, tenuto stretto dalle funi del suo peccato.” (Proverbi 5:22 NRV)
Gesù non è mai stato legato dal peccato. Le corde messegli quella notte non lo legarono. Gesù, invece, era legato da corde d’amore, un amore che lo spingeva alla croce, per liberarsi un popolo dai legami dei loro peccati.
Giuda si pente
A questo punto, Matteo interrompe gli avvenimenti che riguardavano Gesù per raccontarci ciò che è successo a Giuda, il discepolo che aveva tradito Gesù per trenta pezzi d’argento. Possiamo imparare molto dal suo esempio, quindi seguiamo con attenzione questo brano.
Leggiamo Matteo 27: 3-10.
“3 Allora Giuda, che l’aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì, e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, 4 dicendo: «Ho peccato, consegnandovi sangue innocente». Ma essi dissero: «Che c’importa? Pensaci tu». 5 Ed egli, buttati i sicli nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. 6 Ma i capi dei sacerdoti, presi quei sicli, dissero: «Non è lecito metterli nel tesoro delle offerte, perché sono prezzo di sangue». 7 E, tenuto consiglio, comprarono con quel denaro il campo del vasaio perché servisse per la sepoltura degli stranieri. 8 Perciò quel campo, fino al giorno d’oggi, è stato chiamato: Campo di sangue. 9 Allora si adempì quello che era stato detto dal profeta Geremia: «E presero i trenta sicli d’argento, il prezzo di colui che era stato venduto, come era stato valutato dai figli d’Israele, 10 e li diedero per il campo del vasaio, come me l’aveva ordinato il Signore».” (Matteo 27:3-10 NRV)
Che sorpresa! Giuda, che poche ore prima aveva tradito Gesù, ora si pente! Come mai? Questo è un vero cambiamento di cuore? Come dobbiamo considerare questo?
C’è un piccolo dettaglio che ci aiuta a capire il motivo per cui Giuda si pentì.
“3 Allora Giuda, che l’aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì, e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani
Che cosa portò Giuda al pentimento per aver tradito Gesù? NON era che il tradimento fosse un peccato contro Dio. Egli si pentì, invece, quando vide che Gesù fu condannato. Evidentemente, quando Giuda aveva tradito Gesù, non credeva che Egli sarebbe stato condannato. In altre occasioni aveva visto Gesù evitare l’arresto e quindi la condanna. Non aveva creduto a tutte le volte che Gesù aveva annunciato la sua morte ai discepoli.
Giuda, quindi, NON si pentì a causa del suo peccato di aver tradito Gesù, ma a causa delle CONSEGUENZE temporali del suo peccato. In altre parole, se Gesù avesse usato il suo potere per liberarsi dai Giudei, allora Giuda non si sarebbe pentito. Giuda avrebbe avuto quello che voleva, i soldi, e Gesù si sarebbe liberato dai Giudei. Giuda non voleva la condanna di Gesù, desiderava i soldi che i Giudei gli avevano consegnato. Immaginava che non ci sarebbero state gravi conseguenze per Gesù a causa del suo tradimento. Ovviamente, non considerava il suo peccato come grave in sé.
Attenzione però! Il peccato è sempre grave, indipendentemente dalle conseguenze terrene che provoca. Vi do un esempio di una cosa che ho visto più volte. Può capitare che qualcuno screditi un pastore, e gli ascoltatori non gli danno retta; allora non vi sono conseguenze. Può capitare invece che qualcuno screditi un pastore, e che tanti ci credono, e che quelle persone smettano di dare ascolto agli insegnamenti di quel pastore. In questo modo, essi perdono la cura che Dio gli ha provveduto. Nel primo caso, non ci sono conseguenze apparenti. Nel secondo, ci sono gravi conseguenze. Il peccato però è uguale in entrambi i casi. Ciò che rende grave un peccato, non è la conseguenza terrena che esso produce, ma è che esso rappresenta un’offesa a Dio, perché trasgredisce la sua santa legge.
Il vero ravvedimento, quindi, non è fondato sulla tristezza per le conseguenze terrene di un’azione, ma è fondato su un vero riconoscimento di aver peccato contro Dio, e che quell’azione è un’offesa a Dio.
Vi do un altro esempio, che riguarda la disciplina dei figli piccoli. La Bibbia insegna di usare la verga per disciplinare. Tale verga, chiaramente, va usata sul sedere, dove non fa veri danni. Immaginiamo un genitore che dà schiaffi a suo figlio, ma non si sente colpevole per questo. Poi, un giorno gli dà un altro schiaffo, e il figlio cade a terra, si spacca la testa contro qualcosa e muore. Il genitore si pente di aver dato lo schiaffo, NON perché è sbagliato dare schiaffi, ma perché uno di essi ha provocato la morte di suo figlio. Questo non è il vero ravvedimento, questo è il ravvedimento di Giuda, un ravvedimento basato sulle conseguenze terrene di un’azione. Il vero ravvedimento è basato sul peccato in sé, non sulle conseguenze che il peccato provoca.
Tornando a Giuda, quando aveva deciso di tradire Gesù, quei trenta pezzi d’argento brillavano molto ai suoi occhi, come il vino. Leggiamo in Proverbi 23
“Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nel bicchiere e va giù così facilmente!” (Proverbi 23:31 NRV)
Il peccato, al momento della tentazione, sembra molto attraente, e promette di soddisfarci profondamente. Però dopo, prima o poi, porta grande dolore. Prima di aver tradito Gesù, e magari nelle prime ore successive all’aver ricevuto la ricompensa, quei soldi promettevano molto a Giuda. In seguito, vedendo i risultati del suo peccato, quei soldi diventarono un peso terribile, che Giuda non riusciva a sopportare. Leggiamo il resto di quel brano in Proverbi, notando quello che succede dopo che il vino va giù.
“31 Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nel bicchiere e va giù così facilmente! 32 Alla fine, esso morde come un serpente e punge come una vipera.” (Proverbi 23:31-32 NRV)
Giuda, scoprendo che Gesù è stato condannato, odia quello che ha fatto. Egli aveva, infatti, provocato dei risultati che non avrebbe mai voluto provocare. Giuda non pensava a questo quando aveva tradito Gesù. Non aveva immaginato che Gesù sarebbe stato veramente condannato. Ora, ricordando tutto l’amore che Gesù aveva avuto per lui, e tutta la cura, ed ogni benedizione che aveva avuto da Gesù, Giuda cominciò ad odiare quei trenta pezzi d’argento. Egli trovò vere le parole che Gesù aveva dichiarato alla cena la notte prima, parlando di chi Lo avrebbe tradito:
“Certo, il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato».” (Matteo 26:24 NRV)
Ora, Giuda odiava il giorno che nacque. Ora, il peccato che gli aveva promesso così tanto gli provocava terribile sofferenza! È come leggiamo in Giobbe 20
“12 Il male è dolce alla sua bocca, se lo nasconde sotto la lingua, 13 lo conserva, non lo lascia andar giù, lo trattiene sotto al suo palato: 14 ma il cibo gli si trasforma nelle viscere, gli diventa in corpo veleno d’aspide.” (Giobbe 20:12-14 NRV)
Il peccato può essere dolce alla bocca, in pratica, quando ci tenta; ma quando arriva nello stomaco, ossia, dopo che l’abbiamo commesso, diventa molto amaro. Oh che possiamo imparare a non credere alle false promesse del peccato quando ci tenta.
Il ravvedimento di Giuda, però, non era il vero ravvedimento, perché dipendeva solamente dalle conseguenze terrene che il suo peccato aveva causato. Contrariamente a questo, il vero ravvedimento è fondato su fatto che il nostro peccato è una grave offesa a Dio, indipendente dalle conseguenze terrene che provoca. Il peccato è peccato perché va contro la Legge di Dio, non in base al male che provoca.
Il ravvedimento di Giuda, quindi, era un pentimento nella carne, era una reazione al dolore che ebbe a causa delle conseguenze terrene che il suo peccato aveva causato. I soldi che prima gli sembravano così attraenti divennero per lui un peso insopportabile. Quello che si ottiene con il peccato, non può mai portare vere benedizioni. Voglio ripetere questa verità: ciò che si ottiene con il peccato non può mai essere fonte di vere benedizioni. Perciò Giuda riportò indietro i soldi ai capi dei sacerdoti e agli anziani.
Giuda cerca aiuto
Vogliamo ora considerare come Giuda cerca di cancellare il rimorso che aveva per il suo peccato. Egli andò dai Giudei e dai capi dei Sacerdoti, coloro che lo avevano pagato per tradire Gesù, e confessò loro il suo peccato. Confessò ai Giudei di aver peccato, di aver tradito un uomo innocente. Questo è un punto importante, che avrebbe dovuto colpire la coscienza di questi Giudei, se ancora avevano una coscienza. Se Gesù avesse commesso un qualsiasi peccato, Giuda, che era stato uno dei suoi discepoli, lo avrebbe saputo. Egli, invece, sapeva che Gesù era veramente innocente, e lo dichiarò a questi Giudei. Era impossibile per costoro, quindi, credere che Gesù fosse veramente colpevole. Il loro peccato era palese, perchè avevano condannato Gesù ingiustamente.
A questo punto, nonostante la sua malvagità, Giuda fa qualcosa qua che è più giusto di quello che facciamo noi alcune volte. Notiamo che Giuda riconosce di aver peccato, senza cercare minimamente di scusarsi e senza accusare loro di averlo tentato. Sa che ha scelto per proprio conto di tradire Gesù. Certamente, costoro erano coinvolti nel suo peccato, però egli sapeva che era colpevole per proprio conto. Oh che possiamo noi accettare la piena responsabilità per i nostri peccati, senza cercare di scaricare una parte della colpa sugli altri.
Potrebbe sembrare, in ogni modo, che Giuda si fosse veramente ravveduto, e che stesse confessando il suo peccato. Il suo, però, non era il vero ravvedimento che Dio richiede. La prima ragione è che, come abbiamo visto, tale pentimento era fondato sulle conseguenze terrene della sua trasgressione, non sul peccato stesso. La seconda ragione è che Giuda, anziché recarsi dai Giudei, avrebbe dovuto andare prima da Dio per confessare i suoi peccati. L’ultima ragione è che Giuda ha confessato il peccato di aver tradito un uomo innocente, ma non ha confessato il suo peccato di aver amato i soldi. In realtà era quel peccato, l’amore per il denaro, che lo aveva spinto a tradire Gesù. Giuda, quindi, confessò un peccato, ma non tutti, e confessò agli uomini, non a Dio.
la risposta dei Giudei
Notiamo la risposta dei Giudei, quando Giuda dichiara loro di aver peccato consegnando loro un uomo innocente, e quando rende i soldi che gli avevano versato per tradire Gesù. Questi Giudei, questi uomini religiosi che dovevano essere le guide spirituali d’Israele, dichiarano: “che c’importa? Pensaci tu!"
A questi uomini malvagi, non importava minimamente il fatto che avevano condannato a morte un uomo innocente. Non davano peso a questo perché la loro coscienza era ormai addormentata. Non avevano timore di Dio. Similmente anche oggi, gli uomini stolti peccano senza avere timore di Dio. Allo stesso modo anche oggi, alla maggioranza delle persone, non importa che Cristo sia stato condannato ingiustamente.
Che stoltezza da parte di Giuda cercare aiuto spirituale da questi uomini. Troppo spesso, quando pecchiamo, ci vergognamo a rivolgerci a Dio. Invece solamente Dio può perdonarci; quindi è proprio a Lui che dobbiamo rivolgerci.
Giuda si è rivolto a quelli che erano stati coinvolti con lui nel suo peccato. Confessa a loro il suo peccato. Cerca di dare indietro i soldi. Come gli hanno risposto costoro?
La loro risposta rispecchiava lo stato del proprio cuore. “Pensaci tu!” Pensaci tu, che c’importa del tuo peccato? Ricordiamo però che il peccato di Giuda era legato al loro peccato. È vero che, in un certo senso, Giuda era più colpevole di loro, visto che Giuda aveva ricevuto da Dio più di quanto avevano ricevuto loro, essendo stato egli un discepolo di Gesù. Tuttavia, anche loro avevano una grandissima colpa davanti a Dio. Il peccato di Giuda era strettamente legato al loro peccato; perciò essi volevano ignorare, a tutti i costi, il peccato di Giuda, per non dover ammettere il loro peccato.
In realtà ogni nostro peccato, finché non lo confessiamo e non lo abbandoniamo, ci porterà a commettere ancora altri peccati. Ad esempio, se abbiamo un peccato non confessato, saremo tentati di mentire per nascondere quel peccato agli altri. Oppure, il nostro orgoglio, non confessato, ci spinge a reagire con ira. Un peccato non confessato, quindi, porta ad altri peccati i quali, a loro volta, ci portano a peccare ancora di più. Quanto è importante confessare subito a Dio ogni nostra colpa.
Giuda, anziché cercare perdono e aiuto da Dio, cercava soccorso e sollievo da quei Giudei che erano colpevoli come lui. Ogni uomo, quando vuole abbandonare un peccato, non troverà mai vero aiuto dai suoi vecchi compagni con cui ha peccato. Ha bisogno di rivolgersi a Dio.
la colpa porta a disperazione
Giuda non si rivolse a Dio, quindi non trovò il perdono che gli serviva. Egli, di conseguenza, si disperò. Cominciò a odiare quei soldi che prima gli sembravano così meravigliosi. Visto che i capi dei sacerdoti non li accettarono indietro, Giuda andò e li scagliò nel tempio. In questo modo, i sacerdoti furono costretti a prenderli.
Poi, Giuda andò ad impiccarsi. La sua disperazione lo portò al suicidio.
Una piccola nota storica. In questo punto il brano riporta che Giuda si impiccò. Nel libro degli Atti Pietro, raccontando della morte di Giuda, dichiara:
“Egli dunque acquistò un campo con la ricompensa della sua iniquità; poi, essendosi precipitato, gli si squarciò il ventre, e tutte le sue interiora si sparsero.” (Atti 1:18 NRV)
Alcuni si chiedono quali delle due versioni è quella giusta, ossia se Giuda si è impiccato, oppure se gli si squarciò il ventre. Entrambe le versioni sono giuste, perché le Scritture sono sempre vere. Non essendo stati là, non possono dire esattamente come si sono svolti gli avvenimenti. Possiamo però essere sicuri che avvenne ciò che descrive la Bibbia. Probabilmente, Giuda s’impiccò, sopra una rupe, e poi, la corda spezzando, cadde, e gli si squarciò il ventre. La Bibbia non dice specificamente. La cosa importante da notare è che Giuda, essendo disperato, anziché rivolgersi a Dio, si tolse la vita. Il peccato è un duro padrone. Promette belle cose all’inizio, e finisce distruggendo una persona, se egli non si rivolge a Dio per trovare il vero perdono.
Giuda non si era rivolta a Dio. Aveva una gran tristezza per il suo peccato, ma non era la tristezza che viene da Dio, che porta ad un vero ravvedimento. La tristezza di Giuda per il suo peccato era la tristezza del mondo, di cui leggiamo in 2Corinzi 7:10.
“Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c’è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte.” (2 Corinzi 7:10 NRV)
La tristezza del mondo produce la morte. Giuda è un esempio della severità di Dio contro il peccato. Che grande contrasto con Pietro, attraverso cui vediamo la grande bontà di Dio verso chi si ravvede veramente. Entrambi hanno peccato gravemente. La differenza sta nel fatto che Giuda non si era veramente ravveduto per il suo peccato, mentre Pietro si era veramente ravveduto. Giuda finì con il tormento eterno. Pietro fu usato grandemente da Dio, ed ora è alla presenza di Cristo in cielo. Oh quanto è importante che ci ravvediamo di cuore per ogni peccato!
l’ipocrisia dei sacerdoti
Passiamo ora a considerare la grande ipocrisia dei sacerdoti, per quanto riguarda i soldi che Giuda gettò nel tempio. Leggiamo il v.6.
“Ma i capi dei sacerdoti, presi quei sicli, dissero: «Non è lecito metterli nel tesoro delle offerte, perché sono prezzo di sangue».” (Matteo 27:6 NRV)
Questi sacerdoti sapevano che non era lecito mettere soldi guadagnati tramite il peccato nel tesoro delle offerte. Quindi, essi erano preoccupati di non contaminare il tempio mettendo quei soldi nelle offerte. In questo, avevano ragione! È veramente vietato da Dio usare il guadagno di un peccato per fare un’offerta a Dio. Però, questi sacerdoti erano terribilmente ipocriti, perché si erano preoccupati di non usare quei soldi nel Tempio, ma non si erano preoccupati del fatto che erano stati loro stessi a dare quei soldi a Giuda. Era il loro peccato che aveva contaminato quei soldi. I sacerdoti stessi, quindi, erano molto più contaminati di quanto lo erano i soldi che Giuda aveva gettato nel Tempio. Avrebbero dovuto ritirarsi da qualsiasi servizio sacro. Erano davvero guide cieche, come Gesù aveva dichiarato in Matteo 23:
“Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello.” (Matteo 23:24 NRV)
Quante volte anche noi possiamo far finta di agire con grande premura per fare la cosa giusta mentre, in realtà, stiamo nascondendo un peccato molto più grave. Possiamo criticare qualcuno per qualche sbaglio, quando noi stessi siamo più colpevoli di lui per altri errori. Possiamo mostrare zelo fervente o grande impegno per fare qualcosa nella giusta maniera, ignorando o nascondendo un peccato che è una grave offesa a Dio. Facendo così, siamo grandemente ipocriti, come questi Giudei. Oh fratelli, Dio odia l’ipocrisia! Certamente, dobbiamo agire con giustizia in quello che è visibile, però dobbiamo anche agire con giustizia in quello che è nascosto agli occhi degli altri, perché tutto quello che facciamo è visibile a Dio.
Tornando ai Sacerdoti del tempio. Questi ipocriti, volendo apparire giusti, si consigliarono fra loro per decidere che cosa potessero fare con questi soldi. Leggiamo il v.7.
“E, tenuto consiglio, comprarono con quel denaro il campo del vasaio perché servisse per la sepoltura degli stranieri.” (Matteo 27:7 NRV)
Per apparire giusti e buoni, decisero di comprare un campo affinché servisse per la sepoltura degli stranieri. Volevano avere l’apparenza di aver fatto una buona opera. Però, in realtà, quella non era una buona opera per almeno due motivi. Prima di tutto, essi stavano usando soldi che non erano di loro proprietà, quindi questo gesto non gli costava niente. I veri sacrifici che hanno valore agli occhi di Dio sono quelli che ci costano qualcosa. Quindi questo atto, oltre ad essere pieno di ipocrisia, non era una opera buona per il motivo appena descritto.
La loro idea di avere un campo separato per seppellire gli stranieri, inoltre, era fondata sull’orgoglio spirituale. Questi capi spirituali si credevano troppo santi per avere contatti con gli stranieri nella vita, e non volevano avere quel contatto nemmeno nella morte. Credevano che il contatto con gli stranieri li avrebbe contaminati. Non capivano che la vera contaminazione veniva da dentro di loro, dal loro peccato. Come Gesù aveva dichiarato a loro poco tempo prima:
“24 Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello. 25 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d’intemperanza. 26 Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere e del piatto, affinché anche l’esterno diventi pulito. 27 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia. 28 Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla gente; ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità.” (Matteo 23:24-28 NRV)
Anche in ciò questi uomini malvagi peccavano nei loro atti, perché tali azioni erano piene di peccato. Quello che facevano, però, serviva per dimostrare che Dio, nella Sua sovranità, offriva la salvezza anche agli stranieri, e non solo ai Giudei. Quei soldi provenivano dalla morte di Gesù Cristo, e così simboleggiavano la sua morte. Come quei soldi provvedevano un posto di risposo per i corpi degli stranieri, così la morte di Gesù provvedeva al vero riposo per quegli stranieri che credevano veramente in Gesù.
Non dimentichiamo mai che anche noi siamo stranieri, ed è stata la morte di Gesù che ha provveduto anche a noi il riposo eterno nella presenza di Dio. Pertanto questi uomini malvagi, senza rendersene conto, stavano compiendo un atto che simboleggiava la validità del sacrificio di Cristo anche per gli stranieri, ovvero per noi.
Questi Giudei volevano, tramite questo atto, nascondere la loro colpa nella morte di Gesù ossia, in altre parole, volevano seppellire la loro colpa. La popolazione di Gerusalemme, invece, scoprì quello che era successo, ossia che Giuda aveva dichiarato di aver consegnato sangue innocente, e che poi i sacerdoti avevano comprato questo campo con i soldi restituiti da Giuda. Tale campo, perciò, fu chiamato dalle persone: campo di sangue, come leggiamo nel v.8.
“Perciò quel campo, fino al giorno d’oggi, è stato chiamato: Campo di sangue.” (Matteo 27:8 NRV)
Nella provvidenza di Dio, proprio quello che i sacerdoti volevano usare per nascondere il loro peccato, fu usato per tenere vivo il ricordo della loro colpa. Oh che possiamo imparare che è impossibile nascondere i nostri peccati per sempre. Tutto quello che viene fatto nel segreto sarà annunciato pubblicamente!
Questo avvenimento del Campo di Sangue dimostra ancora come Dio ha il pieno controllo di tutto, perché anche questo era l’adempimento di una profezia. Leggiamo i vv. 9,10.
“9 Allora si adempì quello che era stato detto dal profeta Geremia: «E presero i trenta sicli d’argento, il prezzo di colui che era stato venduto, come era stato valutato dai figli d’Israele, 10 e li diedero per il campo del vasaio, come me l’aveva ordinato il Signore».” (Matteo 27:9-10 NRV)
Dio aveva annunciato, per mezzo di una profezia, che questo campo sarebbe comprato con i soldi usati per tradire Gesù. Ogni profezia di Dio si adempie perfettamente. Per quanto gli uomini malvagi possono cercare di andare contro Dio, alla fine tutto quello che fanno porta avanti l’opera di Dio esattamente come Egli ha già annunciato. Nulla può ostacolare l’opera di Dio. Il piano di Dio sarà adempiuto perfettamente in ogni suo dettaglio.
Oh cari amici, è importante per noi ricordare questo. Siamo circondati da persone piene di malvagità, da uomini che cercano di ostacolare il piano di Dio. È facile vedere tutto questo male ed essere scoraggiati. Dobbiamo ricordare, invece, che Dio controlla ogni cosa. Anche nella nostra vita quotidiana, tutto quello che succede fa parte del piano perfetto di Dio per noi. Non dobbiamo mai spaventarci, quando le cose vanno male, perché Dio fa cooperare tutte le cose per il bene di quelli che amano Dio.
Vorrei brevemente menzionare un dettaglio. Il v.9 dichiara: “9 Allora si adempì quello che era stato detto dal profeta Geremia: «E presero i trenta sicli d’argento, il prezzo di colui che era stato venduto, come era stato valutato dai figli d’Israele.
Visto che il libro di Geremia non menziona trena pezzi di argento, alcuni vorebbero usare questo versetto per dimostrare che la Bibbia contiene errori. Questo, però, non è un errore. Matteo mette insieme due profezie, una da Zaccaria, e una da Geremia. Zaccaria parla dei trenti sicli d’argento, mentre Geremia parla del “campo di sangue”, e il sangue innocente. Quello che fa Matteo è di unire questi due profezie, per mostrare come anche questo dettaglio della sofferenza di Cristo fu un adempimento della profezia, e poi, attribuisce il tutto a Geremia, essendo il profeta maggiore. Vediamo nel Vangelo di Marco la stessa usanza, cioè, Marco cita due profezie, e attribuisce il tutto a Isaia, il più noto dei due. Quindi, non c’è conflitto qua, non è un errore, ma è solamente un’usanza diversa da quelle di oggi.
le lezioni che impariamo da questo brano.
A questo punto, lasciamo il brano di oggi. Oh che Dio ci fissi in mente le lezioni contenute in questo brano.
Ricordiamo che quello che si ottiene con il peccato non porta mai vere benedizioni. Il peccato promette tanto, esso può dare qualche piacere momentaneo, ma arriveranno le amare conseguenze. Esse saranno molto peggiori di quanto era bello il piacere goduto con il peccato.
Basta pensarci un attimo per riconoscere tanti esempi di quanto ho appena affermato, esempi di qualcosa ottenuto con inganno, o in modo disonesto, o in modo illegale, o trascurando qualcosa che dovevamo fare.
Un’altra lezione che impariamo in questo brano è che non ogni tristezza per il peccato è una tristezza da Dio. Si può essere triste a causa dei risultati terreni di un peccato, ma non per il peccato stesso. La tristezza del mondo porta alla morte, la tristezza secondo Dio porta al vero ravvedimento, che conduce alla vita eterna.
Non confessare un peccato ci porta a peccare ancora di più. Non si può ignorare un certo peccato e credere di continuare a crescere in altre cose.
È un’offesa a Dio di cercare il nascondere un peccato facendo delle buone opere. I Giudei comprarono un campo per aiutare gli stranieri. Alla fine quel campo diventò un annuncio del loro peccato. Non si può nascondere il peccato per sempre. L’unico modo per essere liberato da un peccato è ravvedersi sinceramente e confessare tale colpa a Dio.
Oh che Dio ci aiuti a non seguire l’esempio di Giuda!