Quanto è importante controllare la nostra lingua!! Questo sermone fa parte di una serie di quattro sermoni, che tratta questo argomento fondamentale.
Oggi, voglio iniziare un discorso molto importante che, Dio volendo, porterò avanti per qualche settimana. L’argomento riguarda ognuno di noi, ed è un campo in cui è tanto facile cadere nel peccato. Allo stesso tempo, quando viene controllato dallo Spirito Santo anziché dalla carne, può dare molta gloria a Dio.
Oggi, voglio parlare di come usiamo le nostre lingue. Il brano principale che useremo sarà Giacomo 3.
La nostra lingua è una finestra che manifesta quello che abbiamo nel cuore. Nella sua Epistola, Giacomo menziona la lingua in ogni capitolo, aiutandoci a capire come la lingua rivela la condizione della nostra fede. Un certo modo di parlare rivela una fede vera, come un altro modo di parlare rivela una fede falsa o morta.
Vi leggo vari brani in cui Giacomo parla dell’uso della nostra lingua.
Sappiate questo, fratelli miei carissimi: che ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira; (Giacomo 1:19)
Se uno pensa di essere religioso, ma poi non tiene a freno la sua lingua e inganna sé stesso, la sua religione è vana. (Giacomo 1:26)
Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo la legge di libertà. (Giacomo 2:12)
Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o chi giudica il fratello, parla male della legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi la legge, non sei uno che la mette in pratica, ma un giudice. (Giacomo 4:11)
Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra, né con altro giuramento; ma il vostro sì, sia sì, e il vostro no, sia no, affinché non cadiate sotto il giudizio. (Giacomo 5:12)
Ricordiamo che nel libro di Giacomo, lo Spirito Santo ci spiega il modo di vivere che i veri credenti dovranno avere come frutto di vera salvezza. In capitolo 1, vediamo che un vero credente persevererà nelle prove e nelle tentazioni, e sarà ubbidiente alle Scritture. In capitolo 2 vediamo che un vero credente avrà riguardo per gli altri senza favoritismi e avrà una vita piena di buone opere. Poi in capitolo 3, Giacomo spiega come la vera salvezza si manifesterà con un nuovo modo di parlare. La lingua rivela la condizione del cuore. Chi è veramente salvato controllerà la sua lingua.
Vi leggo qualche statistica per aiutarvi a capire quanto la lingua è importante nella vita di una persona. Secondo alcuni studi, sulla media una persona dice più di 20.000 parole al giorno. In altre parole, in un anno, le nostre parole potrebbero riempire più di 60 libri di 800 pagine ciascuno. Una persona media passa un quinto della sua vita parlando. Quante parole diciamo!
Le nostre parole sono come un termometro che misura la temperatura spirituale del nostro cuore. Quando si va dal medico, spesso egli chiede al paziente di aprire la bocca perché vuole vedere la sua lingua. E come la lingua rivela molto della condizione del corpo, così le nostre parole rivelano molto della condizione del nostro cuore.
Dio ci salva tramite la parola della predicazione, e una persona veramente salvata comincerà a parlare in un nuovo modo. Similmente, una persona non veramente salvata continuerà a parlare come nel passato.
È interessante notare che dopo la caduta di Adamo ed Eva, il primo peccato fu proprio un peccato di parole. Quando Dio chiese ad Adamo se aveva mangiato dall’albero il cui frutto era vietato, nella sua risposta Adamo peccò, dando la colpa alla donna e anche a Dio. Quanto è facile peccare con la nostra lingua.
In Romani 3, quando Paolo vuole descrivere quanto grande è il peccato che dimora nell’uomo, parla della lingua. Per esempio, dichiara:
«La loro gola è un sepolcro aperto; con le loro lingue hanno tramato frode». «Sotto le loro labbra c’è un veleno di serpenti». (Romani 3:13)
Molto spesso possiamo riconoscere qualche nostro peccato tramite le nostre parole, ovvero, tramite la nostra lingua, anzi più che in qualsiasi altro modo.
In Isaia 6, quando Isaia voleva confessare a Dio quanto era un grande peccatore nei confronti di un Dio Santo, ha parlato della sua lingua: Allora io dissi:
«Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi hanno visto il Re, il SIGNORE degli eserciti!» (Isaia 6:5)
Quindi, ricordiamo che la lingua manifesta la condizione del cuore. Parole pure e giuste rispecchiano un cuore puro e giusto. In capitolo 3, Giacomo ci invita a valutare il nostro modo di parlare, per riconoscere se la nostra fede è vera. Ci spiega che se il nostro parlare non è puro e giusto, allora il nostro cuore non è puro e giusto. Perciò, fratelli, è essenziale controllare la nostra lingua.
Nella sua lettera, Giacomo cita cinque motivi essenziali per i quali è necessario controllare la nostra lingua. In questo sermone vogliamo considerare il primo motivo. Dio volendo, vedremo gli altri motivi nei prossimi sermoni.
La Lingua può condannare
Il primo motivo per cui dobbiamo controllare la nostra lingua è perché la lingua può condannarci. La lingua può condannarci.
Ci sono tante occasioni in cui la lingua può condannarci. Oggi, vogliamo considerare un modo specifico in cui la lingua può condannarci. La lingua può condannarci se insegniamo le cose di Dio in modo sbagliato.
Leggiamo Giacomo 3:1,2.
1 Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio, 2 poiché manchiamo tutti in molte cose.
Quanto è grande il privilegio e la responsabilità di insegnare le cose di Dio! Però, insegnare le cose in modo sbagliato o con un cuore sbagliato può anche essere la causa di una condanna!
In questo brano, Dio ci dichiara, tramite Giacomo, che chi insegna le cose di Dio ad altri sarà sottoposto ad un giudizio più severo. Perciò, nessuno dovrebbe prendere questa responsabilità con leggerezza.
È molto importante capire che quando Giacomo dice: “non siate in molti a far da maestri”, questa frase non significa che Dio non vuole maestri nella Chiesa. Anzi, è proprio il piano di Dio che ci siano maestri, insegnanti e dottori nella chiesa. Vediamo questa verità ripetutamente.
Per esempio, la Bibbia insegna che lo Spirito Santo dà il dono di insegnamento. In Efesini 4, leggiamo che Gesù ha dato pastori-dottori come un dono alla Chiesa.
Paolo dichiara che gli era stato imposto di predicare, nella forma dell’evangelizzazione:
“Perché se evangelizzo, non debbo vantarmi, poiché necessità me n’è imposta; e guai a me, se non evangelizzo!” (1 Corinzi 9:16)
In Deuteronomio 6, e anche in Efesini 6, ogni padre è chiamato ad insegnare le cose di Dio ai suoi figli.
In 1Timoteo 3, Paolo dichiara che è una buona cosa se un uomo desidera svolgere il ministerio di vescovo. Insegnare è una parte principale del ruolo di vescovo. Quindi, è buono e necessario che ci siano maestri nella Chiesa.
Perciò, quando Giacomo dichiara “non siate in molti a fare da maestri”, non sta dicendo che non è una buona cosa essere un maestro.
Piuttosto, Giacomo ci sta avvertendo del pericolo di voler insegnare senza una chiara chiamata da Dio, o senza una buona preparazione. Egli dice: “fratelli miei” e quindi sta parlando con coloro che si dichiarano veri credenti. Sta dicendo: “Non avere fretta di insegnare, perché le tue parole possono condannarti se sbagli”. È un grave peccato insegnare le cose di Dio in modo sbagliato. Perciò non bisogna avere fretta di essere un maestro.
Cosa intende Giacomo con il termine maestro? La parola Greca che egli usa è “didaskalos”, che viene tradotta “maestro” e “rabbi” nei Vangeli. Quindi probabilmente, egli sta parlando principalmente di maestri riconosciuti dalla Chiesa. Non è buono avere fretta di essere riconosciuto dagli altri come uno che insegna la Parola di Dio.
Ricordiamo che non tutto l’insegnamento che viene fatto è un insegnamento pubblico. Oltre agli insegnamenti che vengono fatti a tutta la chiesa, o a gruppi della chiesa, ci sono tanti esempi di credenti che insegnano in un modo informale. Per esempio, uno può insegnare la Bibbia informalmente ad un gruppo di amici, così come un credente più maturo può insegnare ad un credente più giovane nella fede a tu per tu. Quando evangelizziamo, stiamo insegnando le verità di Dio a qualcuno. Ci sono tanti modi attraverso i quali uno può farsi maestro.
Allora perché Giacomo, guidato dallo Spirito Santo, ritiene necessario avvertirci di non avere fretta di essere maestri? Che cos’è che potrebbe attirare una persona a voler insegnare?
Insegnare può essere un modo per auto-stimarsi e per farsi stimare dagli altri importante. Insegnando, uno può cercare onore, può cercare di soddisfare il suo orgoglio.
Solitamente, chi insegna conosce di più dell’argomento che sta spiegando di quanto lo conoscono coloro che lo ascoltano. Quindi, insegnare può essere un modo per farsi considerare dagli altri come qualcuno che è molto istruito sull’argomento che insegna e, in questo modo, quell’insegnamte può sentirsi importante.
Vediamo questo peccato descritto da Gesù quando parlò dei rabbi, ovvero dei maestri dei Giudei, che amavano l’onore che ricevevano dagli altri a causa del loro ruolo.
Ci sono le persone che amano avere qualcosa da dire. Per una persona così, insegnare è un modo per soddisfare il suo desiderio di parlare. Questo è assolutamente un motivo sbagliato per voler insegnare.
Quindi, Giacomo ci sta avvertendo contro il pericolo di insegnare per motivi sbagliati. Ogni volta che abbiamo la possibilità di parlare delle cose di Dio, ovvero, di insegnare, dovremmo esaminare la nostra motivazione.
Vediamo un esempio di alcuni che insegnavano per motivi sbagliati in 1Timoteo 1:
“6 Alcuni hanno deviato da queste cose e si sono abbandonati a discorsi senza senso. 7 Vogliono essere dottori della legge ma in realtà non sanno né quello che dicono né quello che affermano con certezza.” (1 Timoteo 1:6-7)
Ora ritorniamo a Giacomo 3:1. Giacomo ci avverte:
“non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio”
Il giudizio per chi insegna sarà più severo, e quindi, la condanna per chi insegna cose sbagliate sarà una condanna severa.
Dobbiamo essere cauti prima di metterci in una posizione di insegnare ad altri proprio perché le nostre parole possono condannarci se sbagliamo. Troviamo questo stesso principio in Giacomo 1:19 “ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira.” Dobbiamo essere pronti ad ascoltare la Parola di Dio, e lenti ad annunciarla. Dobbiamo essere lenti nel senso che, prima di parlare, dobbiamo stare molto attenti a dire le cose in modo giusto e vero, fedele a quello che dichiara la Bibbia e dobbiamo avere motivazioni pure.
la soluzione
Visto che è così pericoloso insegnare in modo sbagliato, o con motivazione sbagliata, qual è la soluzione? Dovremmo tutti evitare di diventare insegnanti?
No, la soluzione non sta nel tacere, sta piuttosto nell’essere attenti a parlare correttamente delle verità di Dio, e con cuore umile. È importante prendere seriamente il ruolo di insegnante, sia che possa essere un insegnamento a tu per tu, sia che possa essere un insegnamento davanti a più persone.
Chiaramente, voler insegnare ad un altro con lo scopo di sentirsi importante è sempre sbagliato. Però, è anche sbagliato insegnare senza essere ben preparato. È sbagliato voler dire il proprio parere, anziché riportare fedelmente le verità di Dio.
Quindi, è importante che chi insegna, sia ogni tanto, sia molto regolarmente, preghi ogni volta prima di parlare delle cose di Dio: Oh Signore, guidami a non dire nulla di mio, soltanto delle Tue verità, e in modo chiaro e fedele alla Bibbia.
Però, non basta solamente pregare. Dobbiamo anche impegnarci a conoscere sempre di più la Parola di Dio, per poter dire solamente quello che La rispecchia fedelmente, e dobbiamo impegnarci anche a prepararci in modo di insegnare in modo fedele alla Parola.
la responsabilità di chi insegna
La Bibbia ci insegna ripetutamente la grande responsabilità di coloro che insegnano. Per esempio, in Ezechiele 33, il profeta, che è un tipo di maestro, viene paragonato ad una sentinella, che sarà ritenuta colpevole se non avvertirà le persone del giudizio che sta per arrivare.
In Atti 20, quando Paolo parla con gli anziani di Efeso, dichiara che non era responsabile per il loro sangue, perché aveva annunciato a loro tutto il consiglio di Dio. In altre parole, se egli avesse mancato di dire qualcosa, sarebbe stato ritenuto colpevole di quella grave mancanza.
In Ebrei 13:17, leggiamo che i conduttori spirituali dovranno rendere conto a Dio per la cura dei credenti che sono stati loro assegnati da Dio, che consiste principalmente nell’insegnare loro le verità di Dio. E quindi, saranno giudicati principalmente per quanto riguarda il loro insegnamento.
In 2 Pietro e in Giuda leggiamo del terribile giudizio di Dio contro i falsi insegnanti. Come è un grave peccato insegnare cose sbagliate o in modo sbagliato, così è altrettanto molto grave insegnare un messaggio parziale e non equilibrato.
Insegnare con il cuore giusto e con la motivazione giusta vuol dire insegnare con un chiaro senso della responsabilità di insegnare le cose di Dio. Prego che possiamo tutti avere sempre più il peso della responsabilità di annunciare le verità di Dio.
Un famoso predicatore di qualche secolo fa’, John Knox, capiva il peso di questo ruolo. La prima volta che salì sul pulpito per predicare, pianse talmente tanto pensando alla grande responsabilità che aveva, che dovettero farlo scendere, e Knox quella volta non potè insegnare. Oh fratelli, non abbiate fretta di diventare maestri.
la lingua può condannarci
Il motivo per cui non dobbiamo avere fretta di diventare maestri è perché la nostra lingua può condannarci. Chi è maestro sarà giudicato più severamente. Insegnare, in qualsiasi ruolo, sia dal pulpito, sia parlando di Dio con amici, oltre ad essere un privilegio è anche una responsabilità molto grande. Per questo, Paolo dichiara a Timoteo:
“Sfòrzati di presentarti davanti a Dio come un uomo fidato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che dispensi rettamente la parola della verità.” (2 Timoteo 2:15)
È una grande vergogna davanti a Dio insegnare qualcosa di sbagliato. Ecco perché Paolo esorta Timoteo a sforzarsi, ovvero, a dedicarsi con grande impegno a conoscere bene la Bibbia, in modo da poterLa dividere rettamente, ovvero, in modo da poterLa insegnare in modo giusto. È facile insegnare in modo sbagliato.
In 1Timoteo, Paolo dichiara:
“6 Esponendo queste cose ai fratelli, tu sarai un buon servitore di Cristo Gesù, nutrito con le parole della fede e della buona dottrina che hai imparata. 7 Ma rifiuta le favole profane e da vecchie; …Applicati, finché io venga, alla lettura, all’esortazione, all’insegnamento. …15 Occupati di queste cose e dèdicati interamente ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti. 16 Bada a te stesso e all’insegnamento
Oh fratelli, insegnare è una responsabilità molto, molto importante, da prendere con grande serietà.
Chi è un maestro sarà giudicato più severamente. Questo è vero sia per chi non è un vero credente, sia per chi è un credente. Se uno è un falso insegnante, sarà giudicato nel giudizio dei non credenti e sarà giudicato più severamente, perché oltre ai suoi altri peccati, avrà anche trascinato altre persone più lontano dalla verità.
Similmente, ogni credente che insegna sarà giudicato per il suo insegnamento nel giudizio dei credenti. Paolo descrive quel giudizio in 1Corinzi 4. Ogni insegnante, che amministra le verità di Dio, dovrà rendere conto a Dio per il suo insegnamento. Vi leggo:
1 Così, ognuno ci consideri servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. 2 Del resto, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele. 3 A me poi pochissimo importa di essere giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, non mi giudico neppure da me stesso. 4 Infatti non ho coscienza di alcuna colpa; non per questo però sono giustificato; colui che mi giudica è il Signore. 5 Perciò non giudicate nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce quello che è nascosto nelle tenebre e manifesterà i pensieri dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio. (1 Corinzi 4:1-5)
In questo brano, Paolo ci insegna che quello che veramente importa non è essere approvato dagli uomini, ma essere approvato da Dio, essere trovato fedele agli occhi Suoi, perché saremo giudicati da Lui.
Quindi insegnare la Parola di Dio è un impegno pericoloso, se uno non è chiamato da Dio e non si impegna con cura. È molto grave parlare delle cose di Dio in modo sbagliato o con errori. La soluzione non è di smettere di parlare delle cose di Dio, piuttosto, la soluzione è di impegnarci tanto in modo da parlarne in modo corretto.
Giacomo 3:2 poiché manchiamo tutti in molte cose. Ogni credenti continua a peccare in varie cose. Chiaramente pecchiamo molto con le nostre parole. Perciò non dobbiamo avere fretta di essere maestri.
Proverbi 20:9 Chi può dire: «Ho purificato il mio cuore, sono puro dal mio peccato?»
Nessuno di noi può dire di aver purificato il suo cuore al punto di non cadere più nel peccato. Nessun credente è perfetto. Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio.
1Giovanni 1:8 Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi.
Continuiamo a peccare, ed è tanto facile peccare con le nostre parole. Le nostre parole ci condannano se non le teniamo sotto controllo.
allora, il senso della frase
Mettendo tutto questo insieme, la frase: “non siate in molti ad essere maestri” significa che, prima di aver fretta di insegnare gli altri, dobbiamo renderci conto di quanto la lingua è pericolosa e di quanto le nostre parole possono condannarci se non siamo attenti a dire solamente le cose giuste, e particolarmente se insegniamo le verità di Dio in modo sbagliato.
Poi, dobbiamo essere sicuri di avere una vera chiamata da Dio ad insegnare. Chiaramente, ogni padre ha questa responsabilità con i suoi figli. Per quanto riguarda avere la chiamata di insegnare agli altri, come tutti gli altri doni spirituali, non lo devi riconoscere da solo, ma dovrebbe essere la chiesa a riconoscere questo in te.
Perciò ognuno dovrebbe considerare il ruolo di insegnante come una responsabilità da prendere solamente se c’è una chiara guida di Dio, confermata dalla chiesa, e poi avendo sempre un grande impegno di conoscere ed insegnare correttamente la Parola di Dio. Il dono dell’insegnamento, quando viene vissuto così, diventa un grande privilegio e può portare molta gloria a Dio, ed edificare gli altri.
Conclusione
Allora, oggi abbiamo iniziato a considerare come usiamo la nostra lingua. Abbiamo visto che la lingua può essere usata per glorificare Dio, ma la lingua può anche condannarci se la usiamo male.
Specificatamente, in questo sermone, abbiamo considerato il pericolo di insegnare male, o di insegnare con motivi sbagliati.
È molto facile avere piacere di insegnare per motivi sbagliati. Insegnare può essere un modo per cercare gloria per sé. Può essere un modo per cercare di soddisfare il proprio orgoglio. Quindi, nessuno dovrebbe avere fretta di insegnare.
Per capire se Dio ti ha chiamato ad insegnare, è importante non valutare te stesso, ma lascia che sia la chiesa, soprattutto coloro che sono più maturi, a riconoscere il dono dell’insegnamento in te.
Poi, visto che insegnare è una responsabilità molto grande, chi ha questa responsabilità dovrebbe sempre prenderla con la massima serietà. Perciò, dovrebbe avere un grande impegno di conoscere bene la Parola di Dio, e poi di prepararsi bene per ogni insegnamento che fa.
Quando uno vive così, pur essendo una grande responsabilità, insegnare diventa un immenso privilegio.
Infatti solitamente, nel piano di Dio, la crescita della chiesa, sia di maturità sia di numero, dipende molto dalla presenza di maestri preparati e fedeli.
Perciò, prego che Dio ci darà più maestri, più persone chiamate da Dio ad insegnare. Abbiamo bisogno sia di persone che insegnano a tu per tu, sia di quelle che possono evangelizzare, sia di uomini che possono insegnare a tutta la chiesa.
Prego che Dio ci darà queste persone, e che esse svolgeranno questo impegno con grande serietà ed umiltà, per la gloria di Dio.
Che possiamo usare le nostre lingue per la gloria di Dio!