La potenza di Dio può trasformare il cuore di una persona totalmente. Dio salva peccatori, e li trasforma in figli di Dio, operando in noi per farli essere conformati a Gesù Cristo. Dio usa la Parola di Dio per cambiarci. Ecco perché studiamo la Parola, perché è lo strumento principale che Dio usa per conformarci.
Oggi, vogliamo iniziare lo studio di una delle Epistole che Dio guidò l’Apostolo Paolo a scrivere. Quest’Epistola può essere chiamata l’Epistola della gioia. È l’Epistola ai Filippesi. Troviamo la parola gioia o gioire ben 14 volte in essa.
Questa lettera fu scritta da Paolo circa nel 61 o 62 d.C., quando Paolo si trovava in prigione a Roma per la prima volta. In quello stesso periodo, come prigioniero a Roma, Paolo scrisse anche ai Colossesi e a Filemone. Queste tre lettere hanno molto in comune.
Per capire meglio quest’Epistola, consideriamo qualche aspetto della città di Filippi, poi considereremo l’inizio della chiesa dei Filippesi, e infine, qualcosa della vita di Paolo.
La città di Filippi
La città di Filippi prese il suo nome da Filippo II, re di Macedonia e padre di Alessandro Magno, nel quarto secolo a.C. Nel nel secondo secolo a.C. diventò parte della provincia romana di Macedonia.
Nel 42 a.C., ci fu una battaglia importante vicino Filippi, in cui l’esercito di Antonio e Ottaviano sconfisse l’esercito di Bruto e Cassio. Questo portò a termine la Repubblica Romana e segnò l’inizio dell'Impero Romano. Come risultato di quella battaglia, Filippi divenne una colonia Romana, uno stato legale che dava alla città dei grandi vantaggi. Era una piccola Roma, in quello che oggi fa parte della Grecia. Tanti soldati romani andavano in pensione a Filippi, come pure altri Romani, in modo che tanti dei suoi cittadini erano romani. Essendo colonia, era autonoma dal governo provinciale, e rispondeva direttamente a Roma, i suoi cittadini erano cittadini romani, e soggetti alla legge romana, ed erano essenti da certe tasse. A Filippi, si parlava latino come lingua ufficiale. C’era una forte culto dell'imperatore, che fra altro, conduceva una dura persecuzione dei primi credenti, poiché questi si rifiutavano di adorare l’Imperatore.
I cittadini di Filippi erano molto fieri di essere cittadini romani e ciò ci aiuta a capire perché Paolo parla del fatto che come credenti siamo cittadini del cielo. Vi leggo Filippesi 3:20.
“La nostra cittadinanza infatti è nei cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesù Cristo,” (Filippesi 3:20 LND)
Questo parallelo era molto appropriato per queste persone che sapevano di essere cittadini di una città distante, cioè, Roma, e consideravano quella cittadinanza molto importante. Chi è salvato, pur vivendo in questo mondo, è cittadino del cielo. Quindi, Filippi era una città romana.
La chiesa a Filippi
Per quanto riguarda la chiesa di Filippi, fu fondata da Paolo durante il suo secondo viaggio missionario, cioè, nel periodo da circa 51 al 54 d.C., durante il quale Sila e Timoteo accompagnavano Paolo.
Leggiamo dell’inizio di questa chiesa in Atti 16:12-40. Seguite mentre lo leggo. Sta parlando del viaggio di Paolo, con Sila e Timoteo. Notate le grande difficoltà che c’erano, già dall’inizio di questa chiesa.
“12 e di là a Filippi, che è la prima città di quella parte della Macedonia e una colonia romana; e restammo in quella città diversi giorni. 13 Il giorno di sabato andammo fuori città lungo il fiume, dove era il luogo ordinario della preghiera; e, postici a sedere, parlavamo alle donne che erano là radunate. 14 E una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatira, che adorava Dio, stava ad ascoltare. E il Signore aprì il suo cuore per dare ascolto alle cose dette da Paolo. 15 Dopo essere stata battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: "Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate e rimanete in casa mia". E ci costrinse ad accettare. 16 Ora, mentre andavamo al luogo della preghiera, ci venne incontro una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione e che, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. 17 Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava, dicendo: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza". 18 Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: "Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei". E lo spirito uscì in quell’istante. 19 Ora i padroni di lei, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza del mercato davanti ai magistrati; 20 e, presentatili ai pretori, dissero: "Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città, 21 e predicano usanze, che a noi che siamo Romani, non è lecito di accettare o di osservare". 22 Allora la folla insorse tutta insieme contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero frustati. 23 E, dopo averli battuti con molti colpi, li gettarono in prigione, comandando al carceriere di tenerli al sicuro. 24 Questi, ricevuto un tale ordine, li gettò nella parte più interna della prigione e fissò i loro piedi ai ceppi. 25 Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio; e i prigionieri li udivano. 26 Improvvisamente si fece un gran terremoto tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero. 27 Il carceriere, destatosi e viste le porte della prigione spalancate, trasse fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. 28 Ma Paolo gridò ad alta voce: "Non farti alcun male, perché noi siamo tutti qui". 29 E, chiesto un lume, egli corse dentro, e tutto tremante si gettò ai piedi di Paolo e Sila; 30 poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per essere salvato?". 31 Ed essi dissero: "Credi nel Signore Gesù Cristo, e sarai salvato tu e la casa tua". 32 Poi essi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua. 33 Ed egli li prese in quella stessa ora della notte e lavò loro le piaghe. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati. 34 Condottili quindi in casa sua, apparecchiò loro la tavola e si rallegrava con tutta la sua famiglia di aver creduto in Dio. 35 Fattosi giorno i pretori mandarono i littori a dire al carceriere: "Lascia liberi quegli uomini". 36 E il carceriere riferì a Paolo queste parole: "I pretori hanno mandato a dire che siate lasciati liberi; quindi uscite e andate in pace". 37 Ma Paolo disse loro: "Dopo averci pubblicamente battuti senza essere stati condannati in giudizio, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano loro stessi a condurci fuori". 38 I littori riferirono queste parole ai pretori; ed essi, quando udirono che erano cittadini romani, ebbero paura. 39 Or essi vennero e li pregarono di scusarli e, condottili fuori, chiesero loro di lasciare la città. 40 Allora essi, usciti di prigione, entrarono in casa di Lidia e, visti i fratelli, li consolarono; poi partirono.” (Atti 16:12-40 LND)
Dal questo racconto, presumiamo che non c’era una sinagoga dei giudei a Filippi, in quanto, quando c’era una sinagoga, Paolo ci andava per primo. Invece, c’era solo questo gruppo di donne che pregavano al vero Dio.
Quindi, possiamo capire che la grande maggioranza dei credenti che Dio salvò a Filippi erano Gentili, ovvero, non giudei, anche se quelle prime donne erano timorate di Dio. Evidentemente, Paolo e Sila erano là per un certo tempo, e così, Dio ha salvato altre persone.
Abbiamo letto di come Paolo aveva scacciato un demone dalla serva, e per questo, i padroni di lei portarono Paolo e Sila nella piazza, accusandoli falsamente. Così, furono messi in prigione, e Dio liberò loro miracolosamente. Dio è pienamente in controllo in ogni nostra situazione. Se una certa prova non è il piano di Dio per noi, Dio ci libererà da quella prova. Dio è in controllo. Se una prova è la prova giusta da Dio, allora, avremo quella prova. Possiamo confidare pienamente in Dio, perché Dio è in controllo.
Voglio notare un dettaglio quando i padroni di quella serva trascinarono Paolo e Sila nella piazza. Notate quello che dissero, e che parlano di sé come romani: Leggo vv.20-22
“20 e, presentatili ai pretori, dissero: "Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città, 21 e predicano usanze, che a noi che siamo Romani, non è lecito di accettare o di osservare".” (Atti 16:20,21 LND)
Notate che gli accusatori si identificavano come: “noi Romani”, e parlavano di Paolo e Sila come “questi uomini, che sono Giudei”. Circa un anno prima di questi eventi, l’Imperatore a Roma aveva preso una posizione dura contro i Giudei, ed aveva cacciato molti Giudei da Roma. Perciò, nell’impero romano, vi era un clima ostile nei confronti dei Giudei, evidentemente anche in questa città romana ed è forse per questo che pochi Giudei vi abitavano.
Come abbiamo letto in Atti, Dio permise che Paolo e Sila fossero battute con le verghe, e messi in carcere. Però, visto che Dio aveva il piano di salvare il carceriere, e la sua famiglia, mandò un terremoto miracoloso. Il carceriere e la sua famiglia furono salvati e battezzati. Il giorno dopo, Paolo e Sila lasciarono Filippi, ma, da quello che comprendiamo, lasciarono Luca là per continuare a curare questi giovani credenti.
Il Signore Gesù cura la sua chiesa. La cura in tanti modi, quasi sempre tramite uomini che Egli ha stabilito. Quanto è importante per noi di accogliere la cura che Dio ci dà.
Quindi, la chiesa dei Filippesi ebbe il turbolente inizio che permise loro di conoscere di più la potenza di Dio.
Un altro fatto importante da capire di questa chiesa è che più di qualsiasi altra chiesa, da quello che sappiamo, questa chiesa sosteneva l’Apostolo Paolo economicamente più volte.
Subito dopo che Paolo e Sila lasciarono la giovane chiesa di Filippi, che era nella Macedonia, andarono a Tessalonica, che era la prossima grande città. Ben due volte, la giovane chiesa dei Filippesi inviò denaro a Paolo per aiutarlo nel suo ministero e in seguito, quando Paolo andò a Corinto, di nuovo i giovani credenti di Filippi gli mandarono soldi. Leggiamo di questo in Filippesi 4:15,16
“15 Or sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione dell’evangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di alcuna cosa, per quanto al dare e al ricevere, se non voi soli 16 poiché anche a Tessalonica mi avete mandato, non solo una volta ma due, di che provvedere al mio bisogno.” (Filippesi 4:15-16 LND)
I Filippesi mandarono sostegno anche ai credenti a Gerusalemme, quando quest’ultimi si trovarono in grande bisogno economico. Leggo di questo in 2Corinzi 8:1-4, dove i Filippesi vengono chiamati parte delle chiese della Macedonia.
“1 Ora, fratelli, vi facciamo conoscere la grazia di Dio, che è stata data alle chiese della Macedonia, 2 e cioè, che in mezzo a molte prove di afflizione, l’abbondanza della loro gioia e la loro estrema povertà hanno abbondato nelle ricchezze della loro liberalità. 3 Poiché io rendo testimonianza che essi hanno dato volentieri, secondo le loro possibilità e anche al di là dei loro mezzi, 4 pregandoci con molta insistenza di accettare il dono e di partecipare a questa sovvenzione per i santi.” (2Corinzi 8:1-4 LND)
Sappiamo di due altre visite da parte di Paolo a Filippi durante i suoi viaggi. Leggiamo della prima visita in 2Corinzi 8:1-5, visita che ebbe luogo all'inizio del suo terzo viaggio missionario. Poi, visitò Filippi ancora verso la fine di questo terzo viaggio missionario. Leggiamo di quella visita in Atti 20:6. (Per una cronologia più approfondita del ministero di Paolo, e specificamente con i Filippesi, vedi la spiegazione in fondo di questo sermone.)
Tutto questo ci fa capire che Paolo aveva un rapporto molto stretto con questa chiesa, e loro mostravano molto frutto della salvezza. Mentre i Galati e anche i credenti a Corinto erano pieni di problemi, i credenti a Filippi camminavano molto bene. Così Paolo poteva scrivere a loro con tanta gioia.
Che cosa si potrebbe dire di noi, come chiesa? Che cosa si potrebbe dire di ognuno di noi, individualmente?
È utile tenere presente tutto questo mentre studiamo questa lettera. Paolo stava scrivendo alla chiesa dalla quale aveva ricevuto molto amore e cura. La chiesa dei Filippesi camminava molto bene, e più di qualsiasi altra chiesa, si era impegnata a provvedere economicamente per i bisogni di Paolo. Il rapporto fra loro e lui era molto stretto e positivo.
Questa lettera contiene meno insegnamento dottrinale di varie altre lettere, probabilmente perché la chiesa era più stabile e ne aveva meno di errori dottrinali. Contiene molto insegnamento pratico che riguarda la vita cristiana. Un brano dottrinale di grande importanza è Filippesi 2:5-11, che ci insegna molto sulla divinità e l’incarnazione di Gesù Cristo, e della sua opera sulla croce per provvederci il perdono e la salvezza. In Filippesi, un tema che si ripete più volte è la gioia. Nonostante che Paolo si trova in prigione, proprio perché predicava l’evangelo, egli parlava molto della gioia. (Filippesi 1:4,18,25,26; 2:2,16-18, 28; 3:1,3; 4:1,4,10). La gioia dovrebbe essere una caratterista fondamentale della nostra vita in Cristo.
Andiamo avanti a considerare l’introduzione di questa lettera. Visto che quest’Epistola, come il resto della Bibbia, è ispirata da Dio, gli insegnamenti qui sono anche per noi, e ci servono, per conoscere più Cristo e per sapere come vivere la vita cristiana.
inizio della lettera: Saluti vv.1,2
Leggo il primi due versetti.
“1 Paolo e Timoteo, servi di Gesù Cristo, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: 2 grazia a voi e pace a da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.” (Filippesi 1:1-2 LND)
Come era normale nel tempo del Nuovo Testamento, Paolo inizia questa lettera con il suo nome, con poi il nome dei destinatari, e poi un saluto, che è una preghiera per loro.
Ricordate che prima della sua conversione, il nome di Paolo era Saulo, un nome ebraico. Saulo, prima della salvezza, era un giudeo molto zelante, infatti era fariseo. Saulo odiava la via di Gesù Cristo, e perciò, si dedicava a cercare di ostacolare questo movimento, non capendo che era da Dio. In quel tempo, Saulo era il nemico più grande dei credenti. Come fariseo, disprezzava e evitava i Gentili. Dobbiamo sempre stare in guardia noi a non avere questo orgoglio.
Mentre Saulo stava andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, Gesù Cristo gli apparse lungo la via. Saulo riconobbe che Gesù è il Signore, e fu salvato e mandato a predicare l’evangelo di Gesù Cristo, a tutti, Giudei e Gentili, e soprattutto ai Gentili, cioè, ai non Giudei, chiamati anche Greci. Perciò, quando iniziò questo suo ministero ai gentili, Saulo cambiò il suo nome a Paolo, un nome Greco e Romano, che era più adatto per il mondo in cui egli predicava Cristo.
Consideriamo alcuni aspetti della vita di Paolo che ci aiuteranno a capire meglio quello che egli scrive. Paolo è stato divinamente preparato per il suo ministero, sia con l’istruzione che aveva ricevuto, e con le capacità che Dio gli aveva dato.
Dio prepara ognuno di noi per l’opera che ha per noi. Dobbiamo noi mettere al servizio degli altri i doni spirituali che abbiamo ricevuto, insieme alle nostre capacità.
Paolo non ha cambiato religione
Quando consideriamo la conversione di Paolo, è importante capire che non era un cambiamento di religione.
Tante persone cambiano religione. Si può seguire una religione o un’altra. Ma quello è la scelta della persona. Non è la salvezza.
Quando Dio salva una persona, quella persona non cambia religione. Piuttosto, DIO perdona i peccati di quella persona, e Dio dà a quella persona un nuovo cuore. Dio fa nascere quella persona una nuova creatura in Cristo, come leggiamo in 2Corinzi 5:17.
“Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove.” (2Corinzi 5:17 LND).
Quando Dio ha salvato Paolo, Paolo non ha cambiato religione, piuttosto, Dio diede a Paolo un nuovo cuore. Questa è l’opera di Dio.
È importante notare qualcosa di straordinario. Prima della salvezza, Paolo odiava i cristiani, e disprezzava tanto i gentili. Dopo che Dio ha trasformato il suo cuore, Paolo trovava immensa gioia quando Dio salvava qualcuno in Gesù Cristo, e trova grande gioia nella salvezza di gentili. La trasformazione che Dio può rendere in un cuore è immensa.
Infatti, Paolo, che una volta era il giudei più orgoglioso del fatto di essere giudei, ha visto il valore di Cristo così tanto che per lui, quello che una volta era il suo vanto e la sua gioia, non aveva alcun valore per lui. Leggo quello che Paolo dice del fatto di essere Giudeo e fariseo, in Filippesi 3:1-7. Notate che lui era fiero di Cristo, non più del fatto di essere un giudeo.
“1 Per il resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore; per me certo non è gravoso scrivervi le stesse cose, e per voi è una salvaguardia. 2 Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare. 3 I veri circoncisi infatti siamo noi che serviamo Dio nello Spirito e ci gloriamo in Cristo Gesù senza confidarci nella carne, 4 benché io avessi di che confidare anche nella carne; se qualcuno pensa di avere di che confidare, io ne ho molto di più: 5 sono stato circonciso l’ottavo giorno, sono della nazione d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo di Ebrei quanto alla legge, fariseo, 6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile, 7 Ma le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo.” (Filippesi 3:1-7 LND)
Quindi, mentre prima Paolo era un giudeo dei giudei, ora la sua identità era tutto in Cristo. Quanto grande è la trasformazione che Dio opera quando salva una persona. Noi dobbiamo vedere Cristo così, perché Cristo è l’unico vero tesoro.
La preparazione di Paolo
In realtà, tutta la vita di Paolo prima della sua salvezza è stata guidata da Dio, in modo da preparare Paolo per il suo ministero. Per esempio, ascoltate mentre vi leggo la testimonianza di Paolo a Gerusalemme, davanti di giudei della città, in Atti 22:1-5, quando spiega quanto era un giudeo estremamente osservante. Notate come era cresciuto.
“1 "Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa". 2 Nell’udire che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancor più silenzio. Poi disse: 3 "In verità io sono un Giudeo, nato in Tarso di Cilicia e allevato in questa città ai piedi di Gamaliele, educato nella rigorosa osservanza della legge dei padri, pieno di zelo di Dio, come oggi lo siete voi tutti; 4 io ho perseguitato fino alla morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e donne, 5 come mi sono testimoni il sommo sacerdote e tutto il sinedrio, degli anziani, dai quali avendo anche ricevuto lettere per i fratelli, mi recavo a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che erano là, perché fossero puniti.” (Atti 22:1-5 LND)
Paolo è stato educato sotto Gamaliele, il più famoso dottore dei giudei di allora. Paolo ebbe il migliore insegnamento possibile nella religione giudaica.. Nessuno conosceva i giudei e le loro tradizioni, e le Scritture, come Paolo. Egli aveva avuto molto più ammaestramento nel giudaismo di tutti gli altri apostoli. Dio si serviva di Paolo per difendere l’evangelo dagli attacchi dei giudei che cercavano di sostenere che la salvezza non fosse solamente per grazia, ma che i vari riti giudaiche erano anche necessari. Era Paolo a difendere la fede.
Quando Pietro, in visita ad Antiochia, fu influenzato da alcuni credenti giudei, fu Paolo a riprendere Pietro davanti a tutti, così proteggendo la purezza dell’insegnamento della salvezza. Si può leggere di quel avvenimento in Galati 2.
In Colossesi 2, si può leggere di come Paolo difende la fede contro l’insegnamento dei giudei che cercavano di spingere i credenti a seguire le pratiche giudaiche.
Oltre ad essere giudeo dei giudei, Paolo era anche molto ben istruito nella cultura greca. Era nato a Tarso di Cilicia, che era una delle tre città più erudita e con più cultura greca del mondo, insieme ad Alessandria e Atene.
Vediamo un esempio della cultura greca di Paolo in come più volte, egli cita i poeti e i filosofi greci. Cioè, conosceva sia le Scritture che la cultura greca. Atti 17:28; Tito 1:12.
Come lingua, conosceva almeno il greco e l’ebraico. (Atti 21:37-40)
Oltre all'istruzione che Paolo aveva ricevuto, era un cittadino romano. Si poteva comprare la cittadinanza romana a grande costo, ma Paolo era nato cittadino romano. Dio si è servito di questo notevolmente nella vita di Paolo, anche per farlo arrivare a Roma, avendo fatto appello a Cesare. (Atti 16:37; 22:25-28; 23:27)
Chiaramente, l’aspetto più importante della preparazione di Paolo al ministero fu che era un Apostolo. Questo vuol dire che aveva visto Gesù direttamente dopo la risurrezione, e fu stato chiamato al suo ministero direttamente da Gesù Cristo. Inoltre, come Apostolo, aveva ricevuto tutto il suo insegnamento direttamente da Gesù Cristo.
Più volte, nelle sue Epistole, Paolo menzionava che era un apostolo. Questo, più di qualsiasi altra cosa, lo qualificava per il suo ministero.
(Atti 20:24) (Romani 1:1) (1 Corinzi 11:23) (Galati 1:1) (Galati 1:11-12) (Efesini 3:2-4)
E anche oggi, anche se non ci sono più apostoli, e non ci sono successori agli apostoli, comunque, Dio continua a chiamare uomini al ministero. Ognuno di noi è chiamato a vivere per Dio, e Dio ha preparato ognuno di noi per il ministero che ci ha dato.
Mentre consideriamo l’Epistola ai Filippesi, e tutto il resto della Bibbia, ricordate che l’insegnamento di Paolo viene da Gesù Cristo.
Avendo considerato alcuni degli aspetti della vita di Paolo, vorrei sottolineare qualcosa di importante. Dio si è servito di tutte le capacità e la preparazione di Paolo. Certamente, quando Paolo è stato salvato, ha ricevuto tanti doni spirituali, che ha usato per il progresso dell’evangelo. Ma Dio si è anche servito delle capacità e delle esperienze che aveva dato a Paolo prima che lo avesse salvato. Dio ha gestito tutta la vita di Paolo, anche gli anni prima della sua salvezza, per prepararlo per il ministero che aveva preparato per lui.
Dio guida anche le nostre vite, già prima di salvarci, per prepararci a quello che Egli ha in serbo per noi. Tutte le nostre capacità, tutta la nostra intelligenza, tutte le nostre esperienze, tutto viene da Dio. Quindi, non dovremmo mai vantarci, come leggiamo in 1Corinzi 4:7.
“Che cosa infatti ti rende diverso? Che cosa hai tu che non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti glori come se non l’avessi ricevuto?” (1Corinzi 4:7 LND)
Tutto quello che abbiamo di bene, le capacità naturali, la nostra intelligenza, le nostre forze, e anche i doni spirituali che Dio ci dà, vengono da Dio. Dobbiamo gloriarci solo in Dio, e mai in noi stessi.
Dovremmo usare tutto quello che siamo e che abbiamo per la gloria di Dio, perché tutto viene da Dio.
Quando viviamo così, quando ci dedichiamo a vivere pienamente per la gloria di Dio, Dio si servirà di noi, per portare frutto che durerà per l’eternità. Dio si servirà di noi più di quanto avremmo potuto immaginare.
Dio può trasformare una persona, e servirsi di quella persona per portare frutto che durerà per l’eternità.
Pensate a Paolo: prima della sua salvezza, quando si chiamava Saulo, era un giudeo zelante, che odiava i cristiani, e si sentiva superiore ai gentili. Eppure, la potenza di Dio era tale da trasformare il suo cuore, al punto che poteva scrivere quest’Epistola ad una chiesa di cristiani, maggiormente gentili. Paolo aveva grande amore per loro, e aveva grande gioia a causa loro. Questo è un miracolo, un miracolo che Dio compia anche oggi. Prego che resteremo meravigliati alla grande potenza di Dio di trasformare una vita.
Prego che ognuno di noi avrà grande gioia, anche in mezzo alle prove. Pensate a Paolo: ha scritto quest’Epistola mentre era un prigioniere a Roma. Aveva subito tante ingiustizie, e tante sofferenze. Eppure, Paolo aveva grande, immensa gioia, perché Paolo guardava a Cristo. Guardiamo anche noi a Cristo, e anche noi possiamo avere gioia.
Grazie a Dio che Egli ci ha preparato per le buone opere che Egli ha per noi. Viviamo per la gloria di Dio.
Conclusione
Sono molto contento di iniziare a considerare insieme questa ricca Epistola. Prego che ci aiuterà a vedere più di Cristo, e a vivere sempre più vicini a Lui. Grazie a Dio per la sua Parola.
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Una cronologia
Vorrei cercare di mettere tutto questo in ordine più chiaramente. Questo è un probabile sequenze degli avvenimenti del ministero di Paolo, specificamente con i Filippesi.
Probabilmente, Paolo fu salvato fra 33-36 d.C. Per tre anni, visse a Damasco e nel deserto intorno a Damasco. Poi andò a Gerusalemme, ma a causa dell’opposizione da parte dei Giudei, si portò a Tarsus, dove era cresciuta. Barnaba, che aveva aiutato Paolo a Gerusalemme, lo invitò a a Antiochia per aiutare ad insegnare nella chiesa. Paolo si stabilì ad Antiochia per circa un anno, insegnando nella chiesa.
Paolo e Barnaba fecero il primo viaggio missionario circa dal 46 al 48 d.C. ovvero, quasi 10 o 12 anni dopo la conversione di Paolo. Questo viaggio duravano circa 3 anni, e fondarono varie chiese.
Paolo fece un secondo viaggio per fondare chiese, e per edificare quelle già fondate, questa volta insieme a Sila, da circa 50 al 53 circa, e quindi, quel viaggio durava circa 3 o 4 anni.
Fece quindi un terzo viaggio circa dal 54 al 58.
Alla fino di quest'ultimo viaggio, andò a Gerusalemme e là fu arrestato, e tenuto in carcere a Cesarea per due anni.
Era circa nell’anno 60 che fu portato a Roma, dove fu tenuto sotto guardia per due anni. Il libro degli Atti finisce a quel punto.
La Bibbia non lo dice esplicitamente ma lo si può intuire da vari brani che Paolo fu liberato, e poté svolgere ancora qualche altro anno di ministero, prima di essere di nuovo arrestato e poi messo a morte a Roma.
Allora, calcolando più o meno quando Paolo fece ogni viaggio, possiamo capire che egli venne per la prima volta a Filippi circa nel 50 d.C. circa e la chiesa li fu stabilita durante quella prima visita. In seguito egli vi tornò verso l’anno 53, e ancora nell'anno 57.
Dal circa 58 al 62 circa, Paolo si trovò in prigione, prima a Cesarea, poi a Roma. Verso la fine del tempo che trascorse a Roma, cioè, verso il 62 d.C., che cioè sarebbe stato circa 4 o 5 anni dopo l’ultima sua visita a Filippi, mentre Paolo si trovava in prigione a Roma, a motivo del evangelo, la chiesa di Filippi gli inviò un gruppo di delegati, per provvedergli sostengo economico e per curarlo.
“Però ho ritenuto necessario mandarvi Epafròdito, mio fratello, mio compagno di lavoro e di lotta, inviatomi da voi per provvedere alle mie necessità;” (Filippesi 2:25)
Epafrodito era fra questi uomini. Leggiamo del sostegno economico in 4:10.
“Or mi sono grandemente rallegrato nel Signore, perché finalmente le vostre cure per me si sono ravvivate; in realtà già ci pensavate, ma ve ne mancava l’opportunità.” (Filippesi 4:10)
In realtà, c’era molto contatto fra la chiesa dei Filippesi e Paolo durante questo tempo mentre egli era a Roma. Seguiamo l’ordine di come sono andate le cose.
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Un credente che era a Roma viaggia a Filippi per informare la chiesa che Paolo è in prigione.
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I credenti di Filippi raccolgono un' offerta per aiutare Paolo, e la mandano a Paolo a Roma per mezzo di Epafrodito.
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Epafrodito si ammala gravemente mentre è a Roma con Paolo. Qualcuno da Roma va a Filippi per dare la notizia della sua malattia alla chiesa.
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Qualcuno da Filippi viene a Roma e dice a Paolo e a Epafrodito che la chiesa è molto preoccupata per la salute di Epafrodito.
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A questo punto, Paolo decide di far tornare Epafrodito a casa, per tranquillizzarli. Paolo scrive la lettera ai Filippesi da inviare alla chiesa dei Filippesi, per mezzo di Epafrodito.