Quando l'apostolo Paolo considerava la sua vita, per lui, c'erano solo due opzioni, entrambe ottime opzioni.
Nel nostro studio in Filippesi, siamo in capitolo 1, e nell'ultimo sermone abbiamo iniziato a considerare i versetti da 19 al 26. In quel sermone, abbiamo visto che Paolo viveva tenendo sempre in mente il fatto che doveva apparire davanti a Gesù Cristo nel giudizio, e perciò, Paolo viveva costantemente in modo da non essere svergognato in cosa alcuna al suo incontro con Gesù Cristo. Paolo sapeva che doveva rendere conto a Gesù per ogni decisione della sua vita, per ogni parola che avrebbe detto, per ogni azione, per tutto quello che ha fatto, e tutto quel che non ha fatto che avrebbe dovuto fare. Paolo teneva sempre in mente che doveva apparire davanti a Gesù Cristo. Più di qualsiasi cosa, Paolo voleva sentire Gesù dichiarare: ben fatto, servo fedele e buono, entra nella gioia del tuo Signore. Paolo sapeva che nulla nella vita vale quanto vale entrare nella gioia di Gesù Cristo per tutta l’eternità. E perciò, Paolo viveva per non essere svergognato in cosa alcuna.
In quel sermone, abbiamo iniziato a considerare che il desiderio più grande di Paolo era che Cristo fosse magnificato nel suo corpo, o per vita o per morte. Vogliamo considerare questo oggi, e considerare il cuore di Paolo per la gloria di Dio, e per il bene di questi credenti. Quindi, trovate con me Filippesi 1, e seguite mentre leggo dal 19-26.
“19 So infatti che questo riuscirà a mia salvezza, mediante la vostra preghiera e l’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, 20 secondo la mia fervida attesa e speranza, che non sarò svergognato in cosa alcuna, ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà magnificato nel mio corpo, o per vita o per morte. 21 Per me infatti il vivere è Cristo, e il morire guadagno. 22 Ma se il vivere nella carne è per me un lavoro fruttuoso, allora non saprei proprio cosa scegliere, 23 perché sono stretto da due lati: avendo il desiderio di partire da questa tenda e di essere con Cristo, il che mi sarebbe di gran lunga migliore, 24 ma il rimanere nella carne è più necessario per voi. 25 Questo so sicuramente, che rimarrò e dimorerò presso di voi tutti per il vostro avanzamento e per la gioia della vostra fede, 26 affinché il vostro vanto per me abbondi in Cristo Gesù, per la mia presenza di nuovo tra voi.” (Filippesi 1:19-26 LND)
Quello che vogliamo notare è che per Paolo, esistevano solamente due scelte. Per Paolo, il vivere è Cristo, ovvero, per Paolo, essere in vita vuol dire vivere totalmente e assolutamente per Gesù Cristo in tutto e sempre. L'altra scelta è di morire, ovvero lasciare questo corpo per stare con Cristo. Quindi, per Paolo l'unica vita concepibile era una vita vissuta totalmente per Gesù Cristo. Abbiamo visto nell’ultimo sermone che Paolo teneva sempre in mente che davanti a sé, c'era il giudizio, in cui doveva rendere conto della sua vita a Gesù Cristo, il suo Signore e Salvatore. E perciò, Paolo viveva in tale modo da non essere svergognato di cosa alcuna quando si sarebbe apparso davanti a Gesù Cristo. Non solo, ma è molto chiaro da tutto quello che Paolo ha scritto da come ha vissuto che per lui, il fatto di vivere totalmente per Gesù Cristo non era un dovere che faceva malvolentieri, piuttosto, era la fonte di gioia di Paolo!
Ricordate che abbiamo considerato il fatto che il modo per non essere svergognato davanti al Cristo è di avere una vita che è un lavoro fruttuoso, ovvero, vivere in tal modo da portare molto frutto.
Quello che vorrei fare oggi è di considerare il confronto fra vivere e morire.
Consideriamo anche il cuore di Paolo, e quanto amava le persone, e quanto Paolo è un esempio per noi da imitare.
Il morire è guadagno
Nel versetto 21, Paolo aveva detto che per lui, il vivere è Cristo, ma il morire guadagno. Non è normale nel mondo parlare del morire come guadagno. In che senso Paolo considerava il morire guadagno? Leggo di nuovo il versetto 23.
“23 perché sono stretto da due lati: avendo il desiderio di partire da questa tenda e di essere con Cristo, il che mi sarebbe di gran lunga migliore,” (Filippesi 1:23)
Consideriamo questo attentamente, perché la morte è una realtà per ogni persona, e perciò, è estremamente importante che abbiamo un concetto vero della morte.
Ricordate che quando Dio ha creato il mondo, e ha dichiarato che tutto era buono, non esisteva la morte. In sé, la morte non è una buona cosa. In sé, la morte e il risultato del peccato. Se non ci fosse il peccato, non ci sarebbe la morte. Ma con il peccato di Adamo, la morte è entrata nel mondo, e quindi, fa parte della vita di ogni persona. Si può ignorarla, si può negarla, si può cercare di minimizzarla, ma la morte è una realtà, che ci separa da tutto quello che esiste nel mondo.
Nessuno può scappare dalla morte fisica. La persona più ricca, la persona più potente, la persona più furba o intelligente, nessuno è capace a scappare dalla morte fisica.
È anche importante ricordare che la morte ferma tutto quello che l’uomo stava facendo. Tutto quello che si può fare o edificare o costruire o compiere sulla terra viene fermato al momento della morte. Tutto quello che uno ha di valore terreno viene perso con la morte.
Al momento della morte, si lascia tutte le persone care che si ha sulla terra. Allora, alla luce di questo, come può Paolo dire che per lui morire è guadagno? In che senso può la morte essere un guadagno?
La chiave sta nel capire cosa succede alla morte, per un figlio di Dio.
Notate che mentre nel versetto 21 Paolo parlava di morire, qui nel versetto 23 Paolo descrive la morte con un’altro termine. Notiamo come descrive la morte.
Qua nel versetto 23 Paolo parla di “partire da questa tenda e di essere con Cristo”. Cosa vuol dire che morire è “partire da questa tenda”.
In greco, non c'è la frase “da questa tenda”. Paolo dice semplicemente: “avendo il desiderio di partire e di essere con Cristo”. Però, anche se non c’è la parola tenda, il concetto è giusto, perché Paolo parla della stessa cosa in 2 Corinzi 5:1-8, dove usa la parola tenda. Ve lo leggo.
“1 Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra abitazione terrena, viene disfatta, noi abbiamo da parte di Dio un edificio, un’abitazione non fatta da mano d’uomo eterna nei cieli. 2 Poiché in questa tenda noi gemiamo, desiderando di essere rivestiti della nostra abitazione celeste 3 se pure saremo trovati vestiti e non nudi. 4 Noi infatti che siamo in questa tenda gemiamo, essendo aggravati, e perciò non desideriamo già di essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita. 5 Or colui che ci ha formati proprio per questo è Dio, il quale ci ha anche dato la caparra dello Spirito. 6 Noi dunque abbiamo sempre fiducia e sappiamo che mentre dimoriamo nel corpo, siamo lontani dal Signore. 7 Camminiamo infatti per fede, e non per visione. 8 Ma siamo fiduciosi e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore.” (2 Corinzi 5:1-8 LND)
Notate che in quel brano che Paolo parla della nostra tenda che è la nostra abitazione terrena, mentre parla del nostro corpo nel versetto 8. Leggo ancora 2 Corinzi 5:8.
“8 Ma siamo fiduciosi e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore.” (2 Corinzi 5:8 LND)
Quindi, qui in 2 Corinzi Paolo parla del corpo umano come una tenda, e dice che è meglio partire dal corpo ed abitare con il Signore. Perciò, anche se in Filippesi 1:23 non troviamo la parola tenda nel greco, il senso è lo stesso. Paolo sta parlando di partire, e da quello che scrive in 2 Corinzi, sappiamo che sta parlando di partire dal corpo. E lì in 2 Corinzi descrive il corpo come una tenda. Quindi, consideriamo questo concetto che il corpo è come una tenda.
Il Corpo è una tenda
Una tenda è una dimora temporanea. Cioè, è un posto dove tu vivi ma solo per un tempo limitato. Quindi, non è la vera casa, anche se vivi là per un certo periodo, si deve lasciare.
Cosa cambia quando sai che un posto è solo temporaneo?
Quando tu sai che un posto è solo temporaneo, lo vedi in modo tutto diverso. I problemi non sono un peso, come sarebbero se fosse la casa permanente.
Noi abbiamo fatto campeggio, dormendo in una tenda, per tanti anni. Siamo stati sotto la pioggia, più volte la nostra tenda è stata inondata d'acqua, più di una volta è stato portato via da un forte vento. Però, non ci ha mai aggravato più di tanto, perché sapevamo che era una situazione temporanea.
Quando sai che un posto è temporaneo, e che poi vai al posto che sarà permanente, non ti attacchi al posto temporaneo.
Cioè, quando tu stai in un posto, e sai che è solo temporaneo, e tieni questo in mente, cambia come vivi quella situazione.
Un piccolo paragone può aiutarci a capire questo. Se tu hai una macchina, e tu sai che stai per mandarla alla rottamazione, perché la settimana prossima ti arriva una nuova macchina, non ti importa se quella macchina viene graffiata. Non ti importa se ci sono vari problemi. Tu sai che stai per lasciare quella macchina. Similmente, quando sei in una tenda, e sai che stai per tornare alla tua vera casa, e non vivrai mai più in quella tenda, non ti pesano problemi con quella tenda. Tu sai che ben presto si troverai in condizioni infinitamente migliore.
Paolo descrive la morte come partire, partire da questa tenda, questa abitazione temporanea.
Quanto è importante capire che lasceremo questa tenda, e che Dio ha una dimora celeste per noi, nella presenza di Gesù Cristo. Là, non ci saranno problemi, non si saranno dolori, non ci saranno tentazioni, saremo nella presenza di Dio Padre e di Cristo Gesù, e sarà una realtà meravigliosa!
Quindi, Paolo descrive la morte fisica come partire, e il suo senso e partire dal corpo, è importante capire che usando questi termini, Paolo ci sta aiutando a capire che la morte non è la fine della nostra esistenza! Piuttosto, la morte è solamente il lasciare la nostra tenda terrena per andare a vivere per sempre nella presenza di Gesù Cristo. Infatti, Paolo dice che ha il desiderio di partire da questa tenda e di essere con Cristo.
Quanto è importante ricordare che la morte non è la fine, è solo il momento in cui lasciamo il corpo per essere con Cristo! La morte non è la fine. La morte è l'inizio dell'eternità con Gesù Cristo!
Allora Paolo dichiara che è di gran lunga migliore partire da qui per essere con Cristo. Certo, la vita comprende tanti dolori, però la vita comprende anche tante cose bellissime. L'apostolo Paolo aveva tantissima gioia. Però, le gioie di questa vita non sono paragonabili a essere con Cristo. In 2 Corinzi 5 abbiamo letto che dice che gemiamo, desiderando di essere rivestiti della nostra abitazione celeste. Dice anche che è molto più caro partire dal corpo ed abitare con il Signore. Non c'è niente paragonabile a vivere con il Signore! La nostra gioia nella presenza di Gesù Cristo sarà assoluta, sarà costante, e sarà eterna.
Quindi, quando consideriamo quello che è la morte fisica per un credente, è importante capire che la morte fisica vuol dire che la persona continua ad essere pienamente cosciente, e passa dal vivere nel suo corpo terreno a vivere nella presenza di Gesù Cristo. Non è la fine della vera vita, è un cambiamento di dove si vive la vera vita. La persona continua a vivere, ma non più in questo corpo mortale. Che immensa e indescrivibile gioia, l’essere nella presenza di Gesù Cristo stesso. Questo è quello che aspetta ogni credente al momento della morte fisica.
il Cuore di Paolo
Quello che mi colpisce veramente è che nonostante che Paolo dichiara che è molto meglio partire dal corpo per essere con Cristo, comunque dichiara che non sa proprio cosa scegliere. Cioè, per Paolo, sarebbe molto meglio partire per essere con Cristo. Eppure, Paolo e molto attirato a restare ancora nel corpo. Come può essere questo? Se Paolo sa benissimo che sarebbe meglio per lui di partire per essere con Cristo, perché vuole stare nel corpo?
Qui, vediamo il cuore di Paolo, che rispecchia il cuore di Gesù Cristo. Per Paolo, personalmente sarebbe meglio partire ed essere con Cristo. Ma Paolo non vuole quello che è meglio per lui. Paolo vuole quello che è meglio per loro. Paolo era spinto dal suo amore per gli altri, non a cercare il proprio bene, ma piuttosto a cercare il bene degli altri, e la gloria di Dio.
Nel versetto 22 Paolo aveva spiegato che vivere nella carne, ovvero restare in vita sulla terra per continuare il suo ministero, era un lavoro fruttuoso. Cioè, Paolo sapeva che restando qui poteva portare più frutto nella vita di altri credenti, aiutando loro a essere più fortificati nella loro fede. E Paolo voleva aiutare gli altri. Paolo voleva spendersi per portare frutto negli altri.
Per esempio, in Colossesi 1:24 Paolo dichiara:
“Ora mi rallegro nelle mie sofferenze per voi, e compio nella mia carne ciò che manca alle afflizioni di Cristo per il suo corpo, che è la chiesa,” (Colossesi 1:24 LND)
Paolo si rallegrava, ovvero trovava gioia soffrendo per loro, sapendo che serviva per fortificare loro nella loro fede. Questo è il cuore di Paolo, e questo è il cuore che vediamo in Gesù Cristo. Gesù Cristo è venuto per soffrire per poter offrire la salvezza a uomini peccatori. Cristo ha lasciato quello che era bello e glorioso, per diventare un uomo umile, per soffrire per i peccati di altri.
Gesù Cristo sacrificando se stesso per la salvezza di altri. L'apostolo Paolo, seguendo l'esempio di Gesù Cristo, sacrificava se stesso per i beni degli altri. Questo è il vero amore cristiano. Più avanti nell'epistola ai Filippesi Paolo parla di quanto è importante non vivere per noi stessi, ma per il bene degli altri. Lo studieremo più a fondo in avanti, ma per ora, solo leggo Filippesi 2:1-5.
“1 Se dunque vi è qualche consolazione in Cristo, se qualche conforto d’amore, se qualche comunione di Spirito, se qualche tenerezza e compassione, 2 rendete perfetta la mia gioia, avendo uno stesso modo di pensare, uno stesso amore, un solo accordo e una sola mente 3 non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso. 4 Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Perciò, abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù,” (Filippesi 2:1-5 LND)
In questi versetti, Paolo sta esortando noi che siamo credenti a vivere in modo che non viviamo per noi stessi, cercando il bene per noi stessi, ma che cerchiamo quello che porta bene agli altri. Paolo dichiara che questo è stato il cuore in Cristo Gesù. Quindi Paolo ci dà l'esempio di Gesù Cristo per dire che la vera vita cristiana è di vivere per il bene degli altri. Nel nostro brano di oggi, vediamo proprio quel cuore in Paolo, quando pur riconoscendo che per lui sarebbe molto meglio partire per essere con Cristo, vorrebbe restare per portare frutto delle loro vite.
Infatti, Filippesi 1:24 ci rivela il cuore di Paolo. La motivazione di Paolo di voler restare in vita, pur sapendo che era meglio per lui l’andare con il Signore, era per essere un beneficio per loro. Paolo aveva un profondo amore per questi credenti, e anche per altri, e perciò, Paolo era pronto a scegliere quello che sarebbe meglio per loro anziché quello che sarebbe stato meglio per lui. Paolo era motivato dall'amore, come Gesù Cristo era motivato dall'amore.
Infatti, avendo valutato la situazione, e avendo capito la sua chiamata di essere un’apostolo, Paolo dichiara a questi credenti nel versetto 25:
“25 Questo so sicuramente, che rimarrò e dimorerò presso di voi tutti per il vostro avanzamento e per la gioia della vostra fede,” (Filippesi 1:25 LND)
Paolo voleva rimanere con loro, e dimorare con loro. Paolo voleva restare in vita, non per qualche beneficio terreno, ma per essere un aiuto spirituale per questi credenti. Lui voleva restare con loro, voleva essere insieme ai credenti che lui poteva aiutare. Infatti, in quel versetto lui dichiara che il motivo per cui voleva restare e dimorare presso di loro era per il loro avanzamento e per la gioia della loro fede.
Consideriamo questo.
Nonostante che Paolo sapeva che per lui sarebbe stato meglio lasciare il corpo per essere con Cristo, Paolo voleva restare in vita per l'avanzamento della loro fede. Potremo anche tradurre la parola avanzamento come il progresso della loro fede. Paolo voleva aiutare loro a crescere nella fede. Voleva aiutare loro ad avere una fede più solida, più fondata, più stabile. Voleva che potessero vedere sempre più di Gesù Cristo. Voleva che potessero essere sempre più stabili, per non subire danni dai falsi insegnanti, e per non essere scossi nelle prove. Paolo era disposto a sacrificare quello che sarebbe stato meglio per lui, per il bene di loro. Questo è il vero amore cristiano.
In più, Paolo voleva restare per la gioia della loro fede. La vera fede in Cristo produce gioia. Vera fede vuol dire sapere che Gesù è in controllo, e questo ci dà gioia in mezzo alle prove. E Paolo voleva che loro avessero più gioia. Vediamo lo stesso cuore in Gesù Cristo, che due volte spiega che il suo insegnamento serve affinché loro possano vivere in modo da avere una gioia completa. Gesù voleva che avessimo una gioia completa, e Paolo voleva che loro avessero la gioia nella loro fede, la stessa gioia che Gesù voleva per noi.
Quando ami veramente qualcuno, tu vorrai che quella persona possa avere la sua gioia in Gesù Cristo. Tu desidererai il suo vero bene, che non è un bene terreno, ma piuttosto è il bene di essere fortificato nella sua fede, cioè, l'avanzamento della sua fede, e vuoi che abbia gioia nella sua fede. Questo è il vero amore, e questo è l'amore che Paolo aveva per questi credenti. Paolo preferiva sacrificare quello che sarebbe stato meglio per lui, per aiutare questi credenti a crescere e ad essere fortificati.
Scopo di Paolo
E lo scopo finale di tutto quello è quello che Paolo dichiara nel versetto 26. Ve lo leggo.
“26 affinché il vostro vanto per me abbondi in Cristo Gesù, per la mia presenza di nuovo tra voi.” (Filippesi 1:26 LND)
Nel mondo, gli uomini si vantano di tante cose. Quando siamo pieni di orgoglio, anche noi ci vantiamo di tante cose. Questo è peccato, perché lo scopo in questi casi è di innalzare noi stessi. Però, possiamo vantarci in modo che onora Dio e dimostra l'opera di Dio in noi. Infatti, troviamo molto spesso la parola vanto o vantarsi nelle epistole. In questo versetto, Paolo sta dichiarando che se lui rimane in vita per curare loro, aiutando loro ad avanzare nella loro fede per avere più gioia nella fede, loro possono avere un grande vanto per lui in Cristo Gesù, ringraziando Cristo per come avrebbe usato Paolo per crescere loro.
E questo è il punto. Quando Dio opera in noi, quando Dio provvede buon insegnamento o persone che ci incoraggiano o ci stimolano o persone che ci aiutano a vedere più del nostro peccato in modo che possiamo crescere, possiamo vantarci di queste cose. In 2 Corinzi 1:14, Paolo dichiara che i credenti sono il suo vanto nel giorno di Cristo, come lui sarà il loro, leggo quel versetto.
“13 Perché non vi scriviamo altre cose se non quelle che potete leggere o comprendere; e io spero che le comprenderete fino in fondo; 14 come in parte ci avete già compreso, che noi siamo il vostro vanto, così anche voi sarete il nostro nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo,” (2 Corinzi 1:13-14 LND)
Questo è un vanto sano, che onora Dio. Poi, in 2 Corinzi 9:1-3, Paolo parla di gloriare, o vantarsi, di loro parlando alle chiese della Macedonia. Anche questo è un buon vanto, ed è un vanto di come quei credenti che camminavano bene erano di esempio. Leggo quei versetti, in cui troviamo sia il verbo per vantarsi tradotto come gloriare, sia il sostantivo, tradotto come vanto.
“1 Riguardo poi alla sovvenzione a favore dei santi, mi è superfluo scrivervi, 2 poiché conosco la prontezza dell’animo vostro, per la quale mi glorio di voi presso i Macedoni, dicendo che l’Acaia è pronta fin dall’anno scorso; e lo zelo da parte vostra ne ha stimolati molti. 3 Or ho mandato questi fratelli, perché il nostro vanto per voi non risulti vano a questo riguardo affinché, come dicevo, siate pronti,” (2 Corinzi 9:1-3 LND)
Il punto di tutto questo è che possiamo vantarci delle cose giuste, che non innalzano noi, ma innalzano l'opera di Dio in altri. Paolo voleva restare in vita per edificare quei credenti, portando frutto in loro, affinché potessero abbondare nelle loro vanto per lui, per quello che Cristo avrebbe compiuto tramite lui.
Quello di cui noi ci vantiamo
Leggendo questo, mi fa pensare alla domanda: di che cosa noi ci vantiamo? Tu vuoi vederti bene? Ti interessa come gli altri vedono te? Oppure, ti interessano come vedono Cristo in te? Ti preoccupi di cosa devi dire? Oppure, ti vedi bravo a dire? È importante per noi di domandarci: cerchiamo, veramente, la gloria di Cristo, oppure, la nostra? Paolo viveva per la gloria di Cristo, e perciò, trovava grande gioia nella crescita di altri credenti. Questa è come vivere la vita cristiana con la gioia della salvezza.
Oggi, abbiamo visto più del cuore di Paolo. Paolo era pronto a sacrificare quello che sarebbe stato meglio per lui, per quello che sarebbe meglio per gli altri. Prego che ognuno di noi possa crescere nel vivere per il vero bene degli altri. Questa è il senso di imitare Cristo.
Quanto è importante che ricordiamo che la nostra vera casa non è qua. Questo mondo, i nostri corpi, sono un dimora temporanea. Dio ci ha preparato una abitazione celeste. Non aggrapparti a questo mondo. Vivi qua come preparazione per l’eternità.
Tenete sempre in mente che è molto, molto meglio partire dal corpo per andare e stare con Cristo. Grazie a Dio, ci sono ricchissime benedizioni qua. Però, non sono paragonabili a quello che ci aspetta nella presenza di Cristo. Guardiamo in avanti, vivendo in modo di non essere svergognati in cosa alcuna.
Usiamo il tempo che abbiamo ancora nella carne, per portare gloria a Dio. Viviamo per edificare gli uni gli altri, e per spargere l’evangelo ad altri. Viviamo una vita che conta.
Grazie a Dio, tutto questo è possibile per mezzo di Gesù Cristo.