Aiuto Biblico

Onorare i padroni e datori di lavoro

1 Timoteo 6:1-2

sermone di Marco deFelice, www.AiutoBiblico.org per domenica, gennaio 2018, – cmd si –
Descrizione: Come dobbiamo comportarci a lavoro? Dobbiamo onorare i nostri datori di lavoro.
parole chiavi: dipendente, lavoro, come comportarci a lavoro. Insegnamento e esortazione.

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Essere in Cristo non è una religione di cui far parte, è una vita, è appartenere realmente a Dio per mezzo di Gesù Cristo, e quindi, riguarda ogni campo della vita. Avere Cristo è avere il tesoro più grande della vita, il tesoro che veramente riempie il cuore. Perciò, quando guardiamo a Cristo, cambia il modo in cui viviamo in ogni campo della vita, e in ogni rapporto.

Come comportarci con i nostri datori di lavoro

Nel mondo in cui viviamo, ci sono coloro che hanno autorità su altri. Questa fa parte del piano di Dio. L’autorità data da Dio è sempre un’autorità limitata, ma è un'autorità. Vediamo questo nel matrimonio, vediamo questo nella famiglia, fra genitori e figli, vediamo questo nella Chiesa, vediamo questo nel mondo del lavoro, e lo vediamo anche nel rapporto dello Stato con i suoi cittadini.

Di solito, nei rapporti familiari si spera che ci sia amore tra i vari membri, così da rendere molto più facile accettare l'autorità. Anche nella Chiesa, se gli anziani sono veramente qualificati davanti a Dio, se amano i credenti, se si dedicano al bene dei credenti, la loro autorità sulla Chiesa sarà relativamente facile da accettare. Invece, nel mondo del lavoro, molto spesso il rapporto non è un rapporto dove c'è vero amore, non è un rapporto in cui coloro che hanno autorità vogliono curare bene quelli che sono sotto la loro autorità. Piuttosto, spesso i datori di lavoro o padroni possono essere persone che vogliono sfruttare i loro dipendenti. Quindi, in questi rapporti, è molto più difficile accettare l'autorità di chi è sopra di te. Perciò, è molto importante capire quello che Dio ci insegna in questi casi.

Continuando il nostro studio in 1Timoteo, ci troviamo all'inizio del capitolo 6. Qui, troviamo un insegnamento importante che spiega come dobbiamo comportarci nell'ambito del lavoro nei confronti di chi ha autorità su di noi. Questo brano spiega anche il motivo per cui dobbiamo comportarci così. Quindi, seguite mentre leggo 1Timoteo 6:1. In questo contesto parla di schiavi e padroni, il che era normale in quella società. Questi principi si applicano oggi anche a chi è un dipendente e al suo comportamento nei confronti del suo datore di lavoro. Leggo.

“1 Tutti coloro che sono sotto il giogo della schiavitù reputino i loro padroni degni di ogni onore, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina.” (1Timoteo 6:1)

La prima cosa da ricordare è che spesso, la vita di uno schiavo poteva essere molto difficile. Il padrone aveva un’autorità quasi totale sui suoi schiavi. Se uno schiavo aveva un buon padrone, poteva avere una vita anche discretamente bella. Ma quando uno schiavo aveva un padrone malvagio e cattivo, la vita di quello schiavo era estremamente difficile e dolorosa. Ricordate anche che solitamente uno schiavo viveva in casa con il suo padrone. Non aveva un giorno libero, non poteva staccare dopo otto ore e tornare a casa sua. Era in casa del padrone, e quindi, non aveva sollievo. Perciò, se il padrone era cattivo, era una vita estremamente difficile per lo schiavo.

Nonostante questo, la grazia di Dio era sufficiente per permettere ad uno schiavo, anche uno schiavo con un padrone cattivo, di ubbidire a questo comandamento e non trovarlo gravoso. Quindi, la grazia di Dio sarà sufficiente anche per ognuno di noi, in qualsiasi situazione in cui ci troviamo. E perciò, questi insegnamenti per gli schiavi valgono per noi che siamo dipendenti, e possiamo essere sicuri che la grazia di Dio ci sarà sufficiente.

Notate anche che questo comandamento è indirizzato a “tutti coloro che sono sotto il giogo della schiavitù”. In altre parole, questo insegnamento non è solo per schiavi con buoni padroni, è per tutti gli schiavi. E similmente, non è solo per chi ha un datore di lavoro buono, è per ogni dipendente. Quindi, questo insegnamento vale per ognuno di noi che lavora con qualcuno che ha autorità su di lui.

Capendo che questo comandamento è per tutti gli schiavi, e quindi tutti i dipendenti, il comandamento in questo versetto è che “reputino i loro padroni degni di ogni onore”. Reputare qualcuno degno di ogni onore vuol dire scegliere di onorare quella persona, NON perché la persona meriti l'onore, ma perché è una scelta tua di onorare quella persona, con ogni onore.

Nel caso dei padroni, non è perché un padrone sia bravo o onorevole. Piuttosto, lo schiavo, o oggi, il dipendente, deve SCEGLIERE di onorare il suo padrone, non perché il padrone meriti quell'onore, ma perché questo è il comandamento di Dio.

Quando si cerca di ubbidire a questo comandamento guardando a quello che il padrone o il datore merita, può essere estremamente pesante onorare quel padrone. Sembrerà un comandamento gravoso. Quando invece si ubbidisce a questo comandamento, non guardando a quello che merita il padrone, ma guardano a quello che merita Dio, e si ubbidisce a questo per onorare il nostro grande e meraviglioso Dio, allora, il comandamento diventa leggero.

Notate che il comandamento è di reputare i padroni degni di ogni onore. Quindi, questa è una presa di posizione forte. Dobbiamo fare questo di cuore. Bisogna onorare i padroni, che per noi, sarebbero i datori di lavoro, o chi ha autorità su di noi. Bisogna onorarli con ogni onore. Quindi, questo vuol dire onorarli con il modo di servire, onorarli nel modo di parlare con loro, onorarli nel modo di parlare di loro con altri.

È estremamente importante notare il motivo per cui bisogna reputare i padroni degni di ogni onore. Come dicevo, non è perché loro necessariamente meritino questo. Spesso, non meriteranno questo. Piuttosto, è per portare gloria a Dio. Cioè, è affinché il nome di Dio e la dottrina di Dio non siano bestemmiati.

Vi spiego questo. Se uno schiavo è un credente in Gesù Cristo, o nel nostro contesto un dipendente, si presume che il padrone o il datore di lavoro sappia che è credente, che sappia qualcosa della sua fede. Infatti, solitamente dovrebbe sapere questo, perché la nostra fede dovrebbe essere qualcosa di visibile. Se quello schiavo o quel dipendente non onora il suo padrone o il suo datore di lavoro, il suo padrone può facilmente dare la colpa di questa mancanza d'onore alla fede dello schiavo o del dipendente. Cioè, potrà pensare che sia il fatto che è un credente in Gesù Cristo che lo fa agire così, mancando nel dare onore.

Vedendo la cosa così, il nome di Dio viene bestemmiato, oppure, la dottrina di Dio viene bestemmiata. Secondo il padrone o il datore, è la fede dello schiavo, o del dipendente, che lo fa comportare così. Oppure, è la dottrina di Dio che quello schiavo o quel dipendente segue. Perciò, il padrone bestemmia il nome di Dio o la dottrina di Dio, pensando che questa sia la causa della mancanza di onore da parte dello schiavo o del dipendente.

Quanto è importante per noi capire che il nostro peccato può ostacolare gli altri nel vedere Dio, o peggio ancora, può portare gli altri a vedere Dio in una brutta luce, anziché vederLo nella Sua gloria. Quando noi pecchiamo, il nostro peccato mette Dio in una brutta luce.

In Romani 2, c'è un brano che descrive chi parla di Dio, ma la sua vita non rispecchia quello che predica. Vi leggo questo brano. Notate che vivere così porta gli altri a bestemmiare il nome di Dio. Ascoltate.

“21 Tu dunque che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi che non si deve rubare, rubi? 22 Tu che dici che non si deve commettere adulterio, commetti adulterio? Tu che hai in abominio gli idoli, ne derubi i templi? 23 Tu che ti glori nella legge, disonori Dio trasgredendo la legge? 24 Infatti: "Per causa vostra il nome di Dio è bestemmiato fra i gentili", come sta scritto.” (Romani 2:21-24 LND)

Quanto è importante che riconosciamo che il nostro comportamento influisce sul modo in cui gli altri vedono Dio. Perciò, quanto è importante che camminiamo in modo da onorare sempre Dio e da evitare che gli altri possano pensare male di Dio per colpa nostra. Se tu sei un dipendente, se hai qualcuno sopra di te, devi reputare quella persona degna di ogni onore. Non perché la persona in sé sia degna di questo, ma perché è la volontà di Dio. Questo protegge l’onore di Dio.

Nel versetto 2, troviamo un altro comandamento per i casi in cui il padrone di uno schiavo è un credente. Cioè, spiega come uno schiavo credente deve comportarsi con un padrone credente. Chiaramente, questo vale anche per come un dipendente credente deve comportarsi con un datore credente. Leggo il versetto 2, e poi consideriamo questo insegnamento importante.

“2 Quelli poi che hanno padroni credenti non li disprezzino perché sono fratelli, ma li servano ancora meglio, perché coloro che ricevono il beneficio del loro servizio sono credenti e carissimi. Insegna queste cose ed esorta a praticarle.” (1Timoteo 6:2)

Questo brano spiega quello che deve fare uno schiavo, o nel nostro contesto un dipendente, quando il suo padrone o datore di lavoro è un credente. Nella carne, lo schiavo o il dipendente potrebbe avere pensieri negativi. Potrebbe sembrargli ingiusto che lui debba ubbidire e servire un altro che è un figlio di Dio come lui. Non siamo tutti uguali? Siamo tutti salvati per grazia, come mai un credente deve servire un altro credente?

Certamente, per quanto riguarda la salvezza, siamo tutti uguali. Ogni credente è salvato per fede in Gesù Cristo, riconoscendosi peccatore, e riconoscendo Gesù Cristo come Signore e Salvatore.

Però, nel piano di Dio, ci sono diversi ruoli nella vita. E perciò, in questo versetto Paolo spiega come deve comportarsi uno schiavo oppure un dipendente che ha il padrone o datore di lavoro credente. Anziché credere che si potrebbe impegnarsi meno, il dipendente o schiavo deve piuttosto servirlo ancora meglio. Cioè, anziché disprezzare un datore di lavoro perché è credente, il dipendente credente dovrebbe servire quel superiore ancora meglio. Il motivo di questo è che sta promuovendo il bene di un fratello. Cioè, se io lavoro per un datore di lavoro credente, e mi impegno tantissimo nel mio lavoro, porto benefici ad un altro credente. Come credenti, dobbiamo impegnarci per il bene gli uni degli altri. Per esempio, in Filippesi 2:2-4 leggiamo:

“2 rendete perfetta la mia gioia, avendo uno stesso modo di pensare, uno stesso amore, un solo accordo e una sola mente, 3 non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso. 4 Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri.” (Filippesi 2:2-4)

Dobbiamo stimare gli altri credenti più di noi stessi, e dobbiamo cercare il loro interesse. Se un credente ha un altro credente come datore di lavoro, quel dipendente dovrebbe cercare l'interesse del suo capo. Dovrebbe riconoscere che è un fratello, amato da Cristo, dovrebbe amarlo, e impegnarsi per il suo bene. Questo è un modo di onorarlo, ed è quello che Dio ci comanda in Romani 12:10. Ve lo leggo.

“Nell’amore fraterno, amatevi teneramente gli uni gli altri; quanto all’onore fate a gara nel renderlo gli uni gli altri.” (Romani 12:10 LND).

Quindi, se abbiamo padroni o capi credenti, non dobbiamo vederli come padroni, ma come fratelli. E perciò dobbiamo lavorare per il loro bene.

Dobbiamo evitare di seguire la carne che non vorrebbe impegnarsi per il bene di un altro. Dobbiamo onorare sempre i nostri capi o padroni, ma ancora di più se sono credenti. Dobbiamo avere gioia se il nostro impegno può portare benefici ad un altro fratello.

Il motivo per cui dovremmo avere gioia, portando beneficio ad un fratello che è nostro capo o padrone, è perché dovremmo amarlo. Leggo ancora l’ultima parte di 1Timoteo 6:2 . Notate il cuore che dovremmo avere nei confronti di un datore di lavoro credente. Questo è il motivo per cui dobbiamo impegnarci ancora di più.

“...perché coloro che ricevono il beneficio del loro servizio sono credenti e carissimi...” (1Timoteo 6:2)

La parola greca tradotta come carissimi è la parola amati. È importante che abbiamo vero amore per gli altri credenti nella nostra vita. Questo diventa la motivazione per quello che facciamo.

Quindi, un credente dovrebbe onorare qualsiasi datore di lavoro abbia, per non portare obbrobrio sul nome di Dio. Se il capo è un credente, per amore cristiano, il dipendente credente dovrebbe onorarlo ancora di più.

Se il datore di lavoro pecca?

Faccio una parentesi qua. Cosa devi fare se il tuo datore è un credente, e pecca contro di te? Come devi fare se ti tratta in modo ingiusto? Devi solo subire? Prima di tutto, il suo comportamento, anche il suo peccato, non toglie la tua responsabilità davanti a Dio di onorarlo. Questa è la prima cosa da ricordare. Non onorarlo sarebbe un peccato.

Però, per quanto riguarda il suo peccato, si potrebbe applicare Matteo 18:15-17. Sarebbe importante non eccedere nell'applicare questo per ogni piccola cosa, ma se veramente il datore di lavoro porta avanti un comportamento peccaminoso, si potrebbe applicare quello che Matteo 18 insegna. Ve lo leggo.

“15 "Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello; 16 ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni. 17 Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano.” (Matteo 18:15-17 LND).

Il comandamento di onorare il padrone o il capo, ancora di più se è credente, non cancella questo insegnamento di Matteo. Perciò, se un datore di lavoro è credente, e veramente sta peccando contro un suo dipendente credente, quel credente può andare e parlare con lui del suo peccato. Se non dovesse ascoltare, potrebbe arrivare perfino ad un caso di disciplina di chiesa. Chiaramente, per il dipendente deve essere chiaro che il comportamento del datore sia veramente peccato. Potrebbe essere saggio chiedere consiglio prima di intraprendere questa via. Però, se è veramente così, si può applicare questo insegnamento.

Comunque, l'insegnamento nel nostro brano in 1Timoteo è focalizzato sul fatto che un credente dovrebbe reputare degno di ogni onore il suo padrone o il suo capo. Se questi è un credente, il dipendente dovrebbe farlo ancora di più, sapendo che i benefici sono per un altro credente.

Se noi viviamo così, avremo gioia in mezzo a situazioni difficili.

Possiamo cercare un altro lavoro

Vorrei fare un’altra parentesi qua. Se uno schiavo ha un padrone cattivo, o se un dipendente ha un datore di lavoro difficile, non è peccato per lo schiavo cercare di essere libero, e non è peccato per un dipendente cambiare lavoro.

In 1Corinzi 7:20-22, l’Apostolo Paolo dichiara:

“20 Ciascuno rimanga nella condizione nella quale è stato chiamato. 21 Sei tu stato chiamato quando eri schiavo? Non ti affliggere; se però puoi divenire libero, è meglio che lo fai. 22 Perché chi è chiamato nel Signore da schiavo è un affrancato del Signore; parimenti anche colui che è chiamato da libero, è schiavo di Cristo.” (1Corinzi 7:20-22 LND)

Dovremmo essere contenti nella condizione in cui ci troviamo. Però, se è possibile cambiare situazione quando la situazione è difficile, è buono cambiare. Se uno schiavo ha la possibilità di diventare libero, è buono farlo. Se un dipendente può trovare un lavoro migliore, che non lo porta a compromettersi spiritualmente, è buono cambiare.

Quindi, nel caso in cui un credente ha un datore difficile da sopportare, finché lavora là, dovrebbe onorare quel datore in ogni modo. Però, se si apre una porta per poter cambiare lavoro, sarebbe una buona cosa. È importante capire anche questo. Uno deve onorare il suo datore di lavoro o padrone finché lavora là, ma quell'onore non esclude che il dipendente possa cambiare lavoro. Facciamo tutto per non dare occasione agli altri di parlare male del nostro Dio e della dottrina di Dio. Viviamo per la gloria di Dio.

Insegna ed esorta a queste cose

Alla fine del versetto 2, Paolo interrompe gli insegnamenti che Timoteo deve dare alla chiesa, e fa un'esortazione a Timoteo, come uno che ha autorità di insegnare e guidare i credenti. Quest’esortazione vale per chiunque abbia la responsabilità di insegnare ai credenti. Pur essendo solo una frase alla fine di questo versetto, è un insegnamento molto importante per coloro che hanno la responsabilità di guidare la Chiesa. Leggo l'ultimo pezzo del versetto 2.

“...Insegna queste cose ed esorta a praticarle.” (1Timoteo 6:2).

Le verità di Dio devono essere conosciute e vissute. Perciò, serve sia insegnamento che esortazione. L'insegnamento serve per far conoscere le verità di Dio. Serve per rendere chiaro e comprensibile quello che Dio ci comanda nella Bibbia. Le esortazioni servono per spingere i credente a praticare quelle verità.

Per poter crescere in Cristo come credenti, non basta avere sempre più conoscenza della Bibbia. Piuttosto, la crescita arriva quando viviamo le verità della Bibbia. La Bibbia non serve per farci avere grande conoscenza, la Bibbia serve per trasformarci, in modo che assomigliamo sempre di più a Gesù Cristo.

In Giacomo 1:22, troviamo un comandamento che ci aiuta a capire questo. Ve lo leggo.

“E siate facitori della parola e non uditori soltanto, ingannando voi stessi.” (Giacomo 1:22 LND).

Se uno impara solo a conoscere la parola di Dio, ma non la mette in pratica, inganna se stesso. Cioè, quel tale pensa di crescere come credente, pensa di camminare bene, ma in realtà, non applicando quello che impara, si rende solamente più colpevole davanti a Dio. Si auto inganna, credendo di essere quello che non è. Pensa di crescere, di avvicinarsi a Dio, quando in realtà, si sta allontanando da Dio.

Perciò, chi insegna non deve solo trasmettere le verità in modo chiaro, ma deve anche esortare gli ascoltatori a vivere quelle verità.

Si può esortare durante l’insegnamento, e si può esortare anche in altri momenti. Certamente, l’insegnamento è fondamentale, per capire correttamente quello che Dio ci comanda. Però, serve anche l’esortazione, perché nella carne, spesso non mettiamo in pratica le verità di Dio che conosciamo.

Quanto è importante capire la dottrina della Bibbia, ovvero le verità che Dio ci dà nella Bibbia. Però, le verità di Dio non servono solo per riempire la testa, ma servono per cambiare il cuore, e il modo di vivere, il modo di pensare, il modo di parlare, e il modo di agire.

Perciò, voglio chiedere a ciascuno di voi: tu, metti in pratica le dottrine che impari? Tu stai cambiando modo di vedere la vita, modo di agire e reagire giorno per giorno? Tu assomigli più a Cristo adesso che tempo fa? Tu, stai crescendo non solo nella conoscenza della Bibbia, e delle dottrine, ma nel modo di comportarti e di pensare? La tua vita sta cambiando?

Se tu non stai cambiando, se non stai mettendo in pratica le verità di Dio, allora, tu sei un ascoltatore ma non un facitore. Questo ti rende colpevole davanti a Dio. Se questo rispecchia la tua vita, ti esorto a riconoscere il tuo peccato, effettivamente è il peccato di disprezzare la parola di Dio. Riconosci questo peccato, confessalo a Dio, e inizia a praticare le verità che Dio ti insegna.

Ricordate che a chi molto è stato dato, molto sarà chiesto. Più insegnamento riceviamo, più saremo responsabili di applicare quell'insegnamento. Non offendere Dio, ascoltando l’insegnamento settimana dopo settimana, ma non mettendo in pratica quello che impari.

E perciò, torno a parlare a chi insegna: in questo passo, Paolo esorta Timoteo, e quindi, chiunque insegna nella chiesa, a non insegnare soltanto, ma anche ad esortare.

Abbiamo visto in 1Timoteo 5 che insegnare bene richiede un grande impegno e anche fatica. Quanto è importante insegnare bene, in modo che le verità di Dio siano chiare. Poi, serve l’esortazione, per stimolare i credenti a mettere in pratica la Parola di Dio.

Ho una parola importante per chi insegna. Prima di tutto, chi insegna non deve solo insegnare, ma deve essere il primo a praticare quello che lui stesso insegna. Insegnare la Parola di Dio implica che uno comprende quello che insegna. Perciò, è pienamente responsabile di applicarlo nella propria vita. Dobbiamo vivere quello che insegniamo. Ascoltate quello che Paolo dichiara alla chiesa dei Filippesi, in Filippesi 4:9.

“Quelle cose che avete imparato, ricevuto e udito da me e veduto in me, fatele, e il Dio della pace sarà con voi.” (Filippesi 4:9 LND)

Quindi, se tu insegni, ricordati che non serve solo trasmettere le verità in modo chiaro, devi viverle TU, e poi, devi esortare gli altri a metterle in pratica.

Conclusione

Quindi, chiudendo questo brano, ricordiamo le verità principali. Chiunque ha un padrone o un datore di lavoro, deve reputare quel padrone degno di ogni onore. Ovvero, deve onorare il suo padrone o capo in ogni modo: nel modo di lavorare, nel modo di pensare, nel modo di parlare. Questo non dipende da quanto quel padrone merita, è per ubbidire a Dio.

Uno degli scopi è che quel padrone non bestemmi il nome di Dio e la Sua dottrina.

Se capita che un dipendente ha un datore di lavoro o un padrone credente, deve onorarlo ancora di più, perché i benefici vanno ad un altro credente, che è amato. Dovremmo impegnarci per promuovere il bene degli altri credenti. Se quel credente è il tuo datore di lavoro, questo vuol dire che farai del tuo meglio per lui.

Abbiamo visto che mentre è giusto onorare sempre un datore di lavoro, si può anche cercare di cambiare lavoro. Non è sbagliato cambiare lavoro.

Abbiamo visto che mentre dobbiamo assolutamente onorare i nostri capi, è anche vero che se peccano contro di noi, possiamo andare da loro, e parlare con loro del loro peccato. Lo scopo in questo è che si può avere una riconciliazione.

Infine, abbiamo visto un comandamento a Timoteo, che vale per chiunque insegna in chiesa. Serve non solo l’insegnamento, ma anche l’esortazione. Lo scopo del ministero non è solo quello di avere credenti con grande conoscenza, ma di avere credenti che vivono la verità di Dio, che sono trasformati dalle verità di Dio. Quindi, chi insegna, deve anche esortare.

Infatti, la misura del impatto di un ministero non è quanto i credenti che ascoltano l’insegnamento conoscono le verità di Dio, ma quanto vivono quelle verità, e quindi, quanto sono conformati all’immagine di Cristo.

Prego che ognuno di noi possa fidarsi di Dio, nei ruoli in cui si trova. Prego che per noi che abbiamo un datore di lavoro, che possiamo seguire quello che Dio ci comanda in questo brano, e che possiamo reputare i nostri datori degni di ogni onore. Prego che tramite noi, anziché essere bestemmiato, il nome di Dio sia riconosciuto e lodato.

Prego che vivremo in tale modo che sarà vero in noi quello che leggiamo in 1Pietro 2:12.

“Comportatevi bene fra i gentili affinché, là dove vi accusano di essere dei malfattori, a motivo delle vostre buone opere che avranno osservato in voi, possano glorificare Dio nel giorno della visitazione.” (1Pietro 2:12 LND)

Viviamo così, cari fratelli. Il Signore sta per ritornare.