La preghiera di Paolo (vv.2-3)
Oggi, siamo arrivati a 1 Tessalonicesi 1:2 e 3. In questo brano, impariamo qualche lezione importante sulla preghiera. Paolo aveva un grande motivo di ringraziare Dio per questi credenti. Vogliamo considerare la preghiera di Paolo, per imparare meglio come pregare. Però, vogliamo anche considerare per che cosa egli ringraziava Dio per questi credenti, per poter anche noi avere di più di queste qualità nella nostra vita.
Ringrazio Dio per la Bibbia, perché per mezzo di essa Dio ci insegna tutto ciò che ci serve per vivere una vita santa in questo mondo malvagio.
Ora, leggiamo 1 Tess. 1:2,3
2 Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti, nominandovi nelle nostre preghiere, 3 ricordandoci continuamente, davanti al nostro Dio e Padre, dell’opera della vostra fede, delle fatiche del vostro amore e della costanza della vostra speranza nel nostro Signore Gesù Cristo. (1 Tessalonicesi 1:2-3)
con ringraziamento
v.2 Noi ringraziamo sempre Dio per voi tutti
Avete notato che quando Paolo pregava Dio per quei credenti, egli offriva ringraziamenti per tutti loro? Non solo, egli ringraziava Dio per cose specifiche, non in modo generico. Infatti, le preghiere di Paolo erano piene di ringraziamenti.
Quante delle nostre preghiere contengono principalmente ringraziamenti? È così facile chiedere a Dio questo o quello, e abbiamo la libertà di portare ogni nostro bisogno a Dio. Però, è anche importante abbondare nel ringraziamento. Dio non vuole che Lo ringraziamo in senso vago. Abbiamo tanti motivi specifici per cui ringraziare Dio. Ascoltiamo per cosa Paolo ringraziava sempre Dio riguardo a questi credenti, e altri aspetti di come egli pregava, affinché possiamo imparare anche noi a pregare di più come Dio vuole.
Specificamente
v.2...nominandovi nelle nostre preghiere
Per prima cosa, voglio fare qualche commento su come Paolo pregava, e poi, vogliamo notare le qualità di questi credenti, ed esaminare noi stessi per vedere se queste qualità abbondano in noi.
La prima cosa che noto è che Paolo e gli altri non pregavano in modo vago, non dicevano: “O Signore, benedici tutti i tuoi figli nel mondo oggi”. No, Paolo e gli altri pregavano specificamente per i credenti delle varie chiese. In altre parole, per Paolo e gli altri servitori di Dio, ciascuno dei vari credenti era importante per loro. Egli li nominava nelle sue preghiere.
Un genitore che ha tanti figli ama tutti i suoi figli, però, ama ciascuno individualmente. Non prega solamente “per tutti i miei figli”, ma prega specificamente per ognuno di loro.
Dio non ha salvato un generico gruppo di persone, Dio ha salvato degli individui. Cristo è morto per ciascuno degli eletti. Sulla Croce, Gesù Cristo portava il nome di ogni persona eletta sul suo cuore.
Perciò, quando preghiamo, è importante pregare specificamente, nominando le persone nelle nostre preghiere. Paolo pregava così, guidato dallo Spirito Santo. Anche noi dovremmo pregare così.
Insieme con gli altri
v.2...nominandovi nelle nostre preghiere, ricordandoci continuamente, davanti al nostro Dio e Padre...
Io noto che Paolo e Sila e Timoteo pregavano insieme. Dice “nominandovi nelle nostre preghiere.” È importante pregare da soli, ma è anche importante pregare insieme. Ricordiamo l’esempio della prima chiesa, a Gerusalemme, in Atti 2:41,42
Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone. Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere.
I primi credenti erano perseveranti, fra l’altro, nel pregare insieme. Infatti, la vera preghiera, fatta come Dio ha insegnato, unisce il popolo di Dio insieme. Troviamo tanti esempi nella Bibbia, sia l’AT che il NT, di credenti che pregavano insieme. È importante per noi, come gruppo, come piccola chiesa, imparare a pregare insieme, affinché la volontà di Dio sia fatta in mezzo a noi. Questo vale sia quando siamo tutti insieme, sia quando ci troviamo in gruppi più piccoli per una serata insieme.
Per che cosa Paolo ringraziava Dio per loro
Ora, consideriamo per che cosa Paolo e gli altri potevano ringraziare continuamente Dio per quanto riguarda i credenti di Tessalonica. Ci serve sapere questo, perché troppo spesso, anziché ringraziare Dio per altri credenti, abbiamo la tendenza di vedere gli altri negativamente. Se no, pensiamo a ben altro che a ringraziare Dio per gli altri. Perciò, notiamo il contenuto della preghiera di Paolo.
Paolo elenca tre aspetti della vita dei Tessalonicesi che erano motivo di gioia e ringraziamento per Paolo e per gli altri. Queste sono qualità che dovremmo avere nella nostra vita.
1) l’opera della loro fede 2) le fatiche del loro amore 3) la costanza della loro speranza nel Signore Gesù Cristo.
Vorrei esaminare ciascuna di queste qualità, per poter esaminare noi stessi, per vedere se anche noi abbiamo questi attributi in noi.
1) L’opera della loro fede
Paolo ringraziava Dio per l’opera della loro fede. La vera fede produce buone opere.
È fondamentale sapere che la salvezza è per mezzo della fede, e non delle opere. Le religioni del mondo insegnano una salvezza che bisogna ottenere mediante le opere. Invece, la Bibbia insegna che la salvezza è solamente per mezzo della fede, senza le opere.
Però, la Bibbia insegna anche che la vera fede produce opere. Questo è il chiaro messaggio di Giacomo 2, dove impariamo che la vera fede diventa visibile con opere buone. Non poche opere, ma tante opere. Anzi, se una persona ha ricevuto la vera fede da Dio, la fede in Gesù Cristo che salva, quella persona avrà una vita piena di opera buone. Dio ci ha preparato delle opere buone, affinché le pratichiamo, come dichiara Efes. 2:10.
infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo. (Efesini 2:10 NRV)
L’opera della fede sono le opere che sono frutti della vera fede. Queste opere richiedono impegno e fatica.
La vera fede in Dio cambia il nostro modo da vivere. Chi dice di credere in Dio, ma poi, pensa, parla e agisce come prima, dimostra di non avere vera fede.
L’opera della fede è una vera opera, cioè, è una fatica, un vero impegno. Non si può vedere la fede in qualcuno, si può vedere solamente l’opera della fede. Timoteo aveva visitato le giovani chiese dei Tessalonicesi, e aveva visto chiari esempi di queste opere, che aveva raccontato a Paolo. Perciò, questo chiaro frutto della vera fede fu motivo per Paolo di ringraziare Dio continuamente per questi credenti.
Pensiamo a noi stessi:
Possiamo dire che la nostra fede produce questo frutto? La nostra fede produce buone opere, che dimostrano la realtà della nostra fede?
Certamente, dobbiamo sempre ricordare che la salvezza è per mezzo della FEDE, e non delle opere buone. Tutte le buone opere nel mondo non porteranno mai alla salvezza. Chi confida nelle proprie buone opere rimane sotto condanna.
Però chi ha vera fede in Gesù, avrà buone opere come frutto di quella fede. Se non ci sono le opere, non c’è evidenza che c’è vera fede. Perciò, dovremmo esaminarci, per vedere se la nostra vita dimostra buone opere, come vediamo nella vita dei Tessalonicesi.
esempi di buone opere:
Forse dovrei fermarmi un attimo per parlare delle buone opere. Cosa sono le buone opere?
In Matt. 25, Gesù parla del Giudizio finale. In questo verso, Egli spiega alcune delle opere buone che certe persone avevano fatto.
35 Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; 36 fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi". (Matteo 25:35-36)
Buone opere: possono essere qualunque impegno che porta gloria a Dio. Notiamo negli Atti, quando gli Apostoli avevano il potere di compiere miracoli, lo facevano sempre: nel nome di Gesù Cristo. Cioè, loro dichiaravano, molto chiaramente, che quello che facevano, lo facevano per mezzo e per la gloria di Gesù Cristo. Quindi, una condizione che determina se un’opera nostra è una buona opera o no, è se lo facciamo veramente secondo la volontà e per la gloria di Gesù Cristo.
Considerando ciò, le buone opere possono essere atti di pietà, per aiutare qualcuno nel bisogno. Ad esempio, aiutare una persona povera. Ma anche aiuti pratici. Aiutare una famiglia quando qualcuno è ammalato. Pulire la loro casa, uscire con i loro bambini. Possono essere opere di misericordia: visitare una persona sola.
Se pensiamo ai bisogni delle persone intorno a noi, il bisogno più grande è quello di ascoltare il vangelo. Chiaramente, tante persone non sanno di questo bisogno, ma resta il fatto che si tratta del loro bisogno più grande. Perciò, annunciare il vangelo è un’importantissima opera buona.
Ci sono modi pratici di promuovere l’opera di Dio. Per esempio, la Bibbia parla di sostenere coloro che vanno ad annunciare il vangelo. Possiamo comprare letteratura biblica da dare alle persone. La cosa importante è che sia fatta per fede e nel nome di Cristo, per la sua gloria.
In questo versetto, Paolo non parla specificamente di quali sono le loro opere della fede. Però, nei vv.6-10, parla di come questi credenti salvati da poco vivevano per la gloria di Dio, e di come vivevano una vita tale che tutti, non soltanto nella loro zona, ma nell’intera regione, avevano sentito della loro fede.
Sembra abbastanza chiaro da questo che una delle opere della loro fede era parlare pubblicamente di Cristo Gesù. Ciò rese molto conosciuta la loro fede in tutta la zona.
Nella società oggi, una delle qualità più comuni è l’egoismo. Quello che si fa, lo si fa per il proprio bene, o per il bene della propria famiglia. Non lo si fa per il bene degli altri né per la gloria di Dio. C’è una sfrenata corsa ad avere sempre di più per se stessi. Sembra che ognuno pensi a quello che può fare per godere di più la vita, per divertirsi di più, per avere più piaceri. Invece, Gesù, con il suo esempio, ci insegna a non vivere più per i nostri desideri, ma per la gloria di Dio. Perciò, anziché cercare il nostro piacere, cerchiamo di aiutare chi veramente ha bisogno. Cerchiamo di proclamare la buona notizia di Gesù Cristo. Perciò, vivere come i credenti di Tessalonica, in modo che anche l’opera della nostra fede sia ben visibile, rende la nostra fede visibile al mondo, e dà gloria a Dio.
Un’altra cosa: “Buone opere”: sono opere. Cioè, sono lavoro, costano. Noteremo meglio questo nel prossimo punto.
2) le fatiche del loro amore
La seconda cosa per cui Paolo ringraziava Dio erano le fatiche del loro amore.
Nella nostra società, quando si parla di Dio, si parla molto di amore. Viene detto che dobbiamo tutti amarci l’un l’altro. Ma dimentichiamo che il vero amore non è un sentimento! Il vero amore è un impegno. Il vero amore costa sempre, e costa caro.
I credenti di Tessalonica amavano veramente, non solo con i sentimenti, ma con il loro impegno. Perciò, Paolo poteva ringraziare Dio, non solo per l’amore in sé dei Tessalonicesi, ma anche per le fatiche del loro amore. In altre parole, l’amore dei Tessalonicesi, come qualunque vero amore, era un amore costoso, che richiedeva tante fatiche da parte loro.
L’amore vero è fatto di fatiche, e spesso porta alla stanchezza. Il vero amore è stancante. Amare così vuol dire rinunziare a sé stessi. Quel pomeriggio libero che ho, quando preferirei fare qualcosa per me stesso, vado a incoraggiare un fratello che è giù. Quando finalmente ho un po’ di soldi per poter comprare quel mobile nuovo, li dò a quella persona che ha perso il lavoro. Quando sono stanco, mi metto a studiare la Parola di Dio, in modo che sarò più capace di spiegarla a chi potrebbe dimostrare interesse. Il vero amore è fatto di tanti sforzi, piccoli, non riconosciuti da nessuno, e anche alcuni grandi, ben visibili.
Cristo Gesù si è affaticato per amarci? Siamo chiamati ad amare come Cristo ci ha amato e ci ama tuttora. Oppure, pensiamo anche all’amore di Paolo. Considerando l’opposizione dei Giudei, quanto costava a Paolo poter predicare il vangelo ai Tessalonicesi, per non parlare dei Filippesi e quelli di altre città? Gli è costato molto. Anche per noi, il vero amore ci costerà. Sarà una vera fatica. Ma così, il nostro amore sarà vero e porterà gloria a Dio.
Paolo, avendo sentito tramite Timoteo dei sacrifici che questi credenti facevano per aiutarsi l’un l’altro, ringraziava Dio per le fatiche del loro amore. Io prego che anche noi possiamo affaticarci per amarci l’un l’altro e le altre persone intorno a noi. Prego che il nostro amore sia sempre quello vero, di fatti e non solo di parole.
Applicazione: Fratelli, vivere in modo che anche noi possiamo ringraziare Dio per le fatiche del nostro amore vuol dire impegnarci anche quando non ci sentiamo di impegnarci. Amare così porta a dire “no” alla nostra carne, e alle nostre preferenze. Vuol dire fare quello che serve, anche quando non abbiamo voglia di farlo. Vuol dire seguire la guida dello Spirito Santo, non dalla nostra carne.
I credenti di Tessilonica vivevano così, e questo era un grande motivo per Paolo di poter ringraziare Dio per loro.
3) la costanza della loro speranza nel Signore Gesù Cristo.
In conclusione, Paolo e Sila e Timoteo ringraziavano Dio per la costanza della speranza che questi credenti avevano in Cristo.
Ogni persona spera in qualcosa. Ognuno di noi spera in qualcosa. Infatti, chi non spera più, non ha più motivo per vivere.
Quello in cui si spera diventa la motivazione per quello che si fa. È importante capire questo, perciò, lo ripeto. Quello in cui si spera diventa la motivazione per quello che si fa.
Perché un ragazzo si impegna molto nello studio? Perché ha la speranza che dei buoni voti lo aiuteranno a trovare il lavoro che desidera.
A un altro ragazzo non importano i buoni voti, ma anche lui si impegna. Perché? Perché i suoi genitori lo infastidiscono tanto se non studia, che studia sperando di avere più tranquillità in casa. In entrambi i casi, fanno quello che fanno perché sperano in qualcosa.
Un uomo lavora molto. Il lavoro non gli piace. Non è ben retribuito. Però, continua: perché? Perché crede di non avere altre possibilità di guadagnare, e crede che quei soldi possono bastare per vivere.
Un altro compra dei biglietti per la lotteria: perché spera che vincerà, e crede che la vincita sarebbe una cosa bella e molto utile. Altrimenti, perché spenderebbe i soldi? Infatti, il modo in cui spendiamo i nostri soldi dice molto sulle cose in cui speriamo.
Uno compra dei bei vestiti, perché crede che si sentirà meglio vestito alla moda.
Un altro organizza la sua vita per poter girare spesso nei giorni liberi, perché crede che girando, avrà una vita più soddisfatta.
Un atleta si impegna molto nell’allenamento, perché crede di poter vincere, e crede che la vittoria lo renderà soddisfatto nella vita. Questa è la sua speranza.
Questo modo di pensare vale anche per cose non materiali. Uno è prepotente con tutti, perché crede che vincere sugli altri porti felicità. Un altro si comporta con cattiveria nei litigi, perché crede di dover avere la meglio nel litigio per star bene. E così via.
Potremmo andare avanti, ma il punto è questo: ognuno crede in qualcosa, o in varie cose, e vive la propria vita in base a quello in cui spera.
In cosa speravano i credenti di Tessalonica? Speravano in Gesù Cristo. Non speravano in Lui solamente in modo intellettuale, né in modo astratto. Basavano la loro vita intorno alla loro fede in Cristo, intorno alla loro viva speranza che Gesù Cristo ritornerà per giudicare il mondo, e che ogni credente sarà salvato, e sarà giudicato per quanto riguarda la sua ricompensa eterna.
La loro speranza in Cristo li portava a cercare la loro gioia e la loro vita in Gesù Cristo. La vera speranza in Cristo non può convivere con la speranza in altre cose. L’atleta che fa allenamento una settimana sì e una settimana no, perché vuole anche impegnarsi in un altro campo, non ha una vera speranza né nell’uno né nell’altro. La vera speranza diventa la cosa centrale nella vita.
I credenti di Tessalonica avevano una vera speranza in Cristo. Paolo, sentendo della costanza della loro fede, ringraziava Dio per questa costanza. Essi speravano in Cristo nei momenti difficili e nei momenti belli.
È abbastanza facile avere speranza quando tutto va bene. Ma la speranza che vale è quella speranza che dura anche nei momenti difficili, anche quando la speranza sembra impossibile, e ci costa tanto. Era così per i credenti di Tessalonica, ma essi tennero gli occhi fissi sul Cristo, e perciò, rimasero costanti nella loro speranza in Cristo.
Perciò, vi chiedo: voi avete costanza nella speranza nel Signore Gesù Cristo? Sappiamo che Dio, nella sua saggezza, permette le prove e le difficoltà. A volte, sono prove dure. Dio permise alcune prove molto dure per i Tessalonicesi, ma essi continuarono a guardare a Cristo e a sperare in Lui. Oggi, Dio permette prove dure anche nelle nostre vite. La cosa importante per noi è continuare a tenere gli occhi fissi su Cristo Gesù, nonostante le prove che possono arrivare.
Se non siamo in guardia, le prove possono farci distogliere i nostri occhi da Cristo. Dobbiamo riconoscere che ci sono due tipi di prove. Certamente, ci sono le prove dure, e in quei momenti, dobbiamo lottare per non distogliere lo sguardo da Cristo. Però, quando ci sono poche prove, in quei momenti più facili della vita, c’è ancora la tentazione di non guardare a Cristo. In quei momenti, è facile diventare spiritualmente pigri, e così, scivolare man mano nel peccato. Dobbiamo sempre stare svegli, per tenere i nostri occhi fissi sul Cristo, e così avere costanza della speranza nel nostro Signore, Gesù Cristo.
Conclusione
Oggi, abbiamo visto come Paolo pregava per i credenti di Tessalonica. Non pregava in senso generale, dicendo: Dio, benedicili. Paolo, anzi, pregava continuamente per loro, chiamandoli per nome. Ognuno di essi era importante per lui.
Abbiamo notato che Paolo ringraziava Dio per loro. Troppo spesso le nostre preghiere sono ricche di richieste, e povere di ringraziamenti. O che possiamo impegnarci di più ad abbondare in ringraziamenti a Dio, per tutto, ma soprattutto per le benedizioni spirituali che abbiamo, e per il frutto spirituale nella vita degli altri! Queste sono le cose che importano e che durano.
Prego che possiamo esaminarci, per vedere se in noi ci sono le qualità che erano nei credenti di Tessalonica. Ricordiamo che questa chiesa era in un momento di forte persecuzione e opposizione. La loro fede aveva provocato grandi problemi e difficoltà per loro. Nonostante questo, essi avevano una fede che portava alle opere della fede, opere ben visibili ad altri. E noi? La nostra fede è una fede vivente, che produce opere della fede?
Poi, che tipo di amore abbiamo per gli altri credenti? È solo un amore a parole, oppure è come l’amore di Dio per noi: un amore costoso, che ci costa delle fatiche? Prego che possiamo tutti impegnarci con fatica del nostro amore, come i credenti di Tessalonica.
Infine, speriamo veramente in Cristo? Ricordiamoci che il mondo, e tutto ciò che è in esso, sarà distrutto, perciò, la saggezza consiste nel vivere per i tesori eterni. Prego che possiamo anche noi avere costanza nella nostra speranza in Cristo. Per questo, abbiamo bisogno di stare insieme, di parlare insieme delle cose di Dio, per incoraggiarci a proseguire sulla via in cui Dio ci ha messi.
Ringraziamo anche noi il Signore per la salvezza che abbiamo, per la Sua opera in noi.