Sapete che, in certi posti, per esempio nelle grandi città in Brasile e in India, nonché in vari posti dell' Africa, ci sono bambini che vivono per strada, senza genitori. È una vita terribile, pericolosa, violenta e con tanta sofferenza.
Immaginate un ragazzino di 10 anni che vive per strada in uno di questi posti, con una vita terribile, piena di tanta sofferenza e violenza. Un bel giorno questo ragazzino viene adottato da una famiglia italiana piena d' amore. Per poterlo adottare come figlio e portare a casa con loro, i nuovi genitori viaggiano fino a quel paese, addossandosi tante spese (legali, per gli avvocati, per il viaggio). La procedura è molto costosa e difficile ma, avendo grande amore per lui, superano tutte le difficoltà e riescono a portarlo a casa con grande gioia, facendolo diventare legalmente un loro figlio.
Ora, anziché vivere per strada, quel ragazzino ha una camera sua; ora, anziché andare a dormire pieno di paura per quello che potrebbe succedere durante la notte, va a letto circondato dall'amore dei suoi nuovi genitori. Ora, anziché conoscere la fame e le difficoltà, ogni suo bisogno viene soddisfatto. Quel ragazzino è ora tanto amato e curato.
Alla luce di questo, che senso avrebbe per lui tornare a vivere per strada nella sua nuova città? Che senso avrebbe tornare al vecchio stile di vita? Che senso potrebbe avere cercare di nuovo del cibo nei bidoni dell' immondizia? Sarebbe una cosa assurda.
Come sarebbe se egli tornasse a cercare persone come quelle facenti parte della vecchia compagnia che aveva quando viveva per strada, persone che erano una brutta influenza per lui? Sarebbe assurdo e anche indice di grande stoltezza.
Avendo ricevuto una nuova vita, l'unica scelta ragionevole è quella di vivere a pieno questa nuova vita. Solo così egli può davvero godere dei meravigliosi benefici della nuova vita che i suoi genitori gli hanno provveduto, il più grande essendo il loro amore per lui.
Questa storiella rispecchia, in piccola parte, la nostra situazione come credenti salvati da Dio.
Noi stiamo studiando la lettera che Paolo ha scritto agli Efesini. Finora, per ben tre capitoli, Paolo ha spiegato l'immensità della nuova vita che Dio ha dato a coloro che ha salvato. Abbiamo visto come la salvezza è un'opera con origine nell'eternità passata e che ha il suo frutto per tutta l'eternità futura. È un dono di infinito valore che durerà per tutta l'eternità. È una vita nuova ed è una vita eterna.
Dopo aver spiegato la nostra condizione passata, quello che Dio ha fatto per salvarci e dell'infinito amore che Egli ha per noi, amore che sorpassa la conoscenza, dal capitolo 4 in poi Paolo spiega come vivere in novità di vita. Tutto il resto di questa Epistola è una spiegazione di quella che è la via di chi è stato adottato come figlio di Dio, ovvero, come camminare in novità di vita.
Oggi vogliamo iniziare a considerare questo insegnamento affinché possiamo godere i meravigliosi benefici della nuova vita che abbiamo in Cristo Gesù, soprattutto dell'amore di Dio per noi in Cristo.
Il comandamento ed applicazioni dettagliate di esso
Iniziamo leggendo Efesini 4:1-3:
“1 Io dunque, il prigioniero per il Signore, vi esorto a camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, 2 con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri nell’amore, 3 studiandovi di conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace.” (Efesini 4:1-3)
In questi primi tre versetti vediamo espresso il comandamento di camminare in modo degno della nostra vocazione, alla luce della salvezza che abbiamo ricevuto e poi alcuni dettagli di cosa vuol dire compiere un cammino degno della nostra vocazione.
In questi versetti, Paolo, menzionando ancora il fatto che fosse il prigioniero per il Signore, ovvero, a causa del Vangelo, esorta questi credenti e tutti i lettori di questa epistola che sono credenti a camminare nel modo degno della vocazione a cui siamo stati chiamati.
Dunque
Notiamo per prima cosa che Paolo scrive la parola “dunque”. Quello che ci esorta è un “dunque”, cioè esso rappresenta il risultato, la conseguenza di quello che ha preceduto questo brano. È importante capire e sempre tenere in mente i “dunque” della Bibbia, soprattutto un dunque così importante.
Infatti, da questo punto in poi in questo libro, i capitoli 4, 5 e 6 contengono tanti comandamenti che, in realtà, sono tutti conseguenza di questo “dunque”, ovvero sono tutti basati sul quello che noi abbiamo ricevuto da Dio. I comandamenti di Dio sono fondati su quello che Dio ha fatto per noi.
Se ricordate, abbiamo appena visto, negli ultimi sermoni, la preghiera di Paolo affinché possiamo conoscere l'amore di Dio che sorpassa la conoscenza al fine di essere riempiti di tutta la pienezza di Dio. I doni di Dio nella nostra salvezza sono così immensi che ci riempiranno per tutta l'eternità.
Perciò potremmo leggere questo brano così: “dunque”, ovvero alla luce della verità che siamo stati salvati dalle tenebre alla luce, dalla morte eterna alla vita eterna, dall'essere figli d'ira ad essere figli di Dio, alla luce dell'immenso amore di Dio per noi, alla luce di tutto questo, Dio ci esorta a camminare in modo degno di questa vocazione a cui siamo stati chiamati. Che assurdo sarebbe vivere diversamente alla luce della grazia divina che abbiamo ricevuto in Cristo Gesù!
E quindi, alla luce di tutto quello che abbiamo ricevuto, Dio ci esorta, tramite Paolo, a camminare in modo degno della vocazione a cui siamo stati chiamati. Siamo stati chiamati alla vocazione di essere figli di Dio da Lui amati. Viviamo, ovvero camminiamo, in modo degno di questa vocazione, in modo consono a questa chiamata.
In realtà questo comandamento di camminare in modo degno della nostra vocazione è la base per tutto il resto di questa Epistola. Quasi tutto quello che Paolo scriverà dopo questo comandamento è un ampliamento di esso, una descrizione di cosa vuol dire in pratica camminare in modo degno della nostra vocazione.
Consideriamo quindi il significato delle parole “camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati.”
Esse vogliono dire di camminare, vivere, comportarci, in modo degno della nostra vocazione, in un modo cioè che rispecchia la nostra vocazione. E qual è la nostra vocazione? Siamo stati chiamati ad essere figli di Dio, siamo stati chiamati a passare l'eternità nella presenza di Dio nell'amore. Siamo stati chiamati dalle tenebre alla luce. Dobbiamo camminare in modo degno di chi è stato chiamato a vivere per sempre nella presenza di Dio tre volte santo, nell'amore.
Notate che “siamo stati chiamati”: Nessuno arriva alla salvezza avendo cercato per primo Dio per conto proprio. È Dio che ci ha chiamati a Sé. È sempre Dio che cerca per primo l'uomo peccatore. In Romani 3 leggiamo che nessuno cerca Dio, non naturalmente almeno. In Efesini 2 impariamo il motivo per cui nessuno cerca Dio, cioè perché, di natura, siamo morti, spiritualmente morti, nei nostri peccati. Un morto non cerca aiuto.
È stato Dio a chiamarci, ad attirarci a Sé. A tal proposito leggo le parole di Gesù Cristo in Giovanni 6:44:
“44 Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.” (Giovanni 6:44-45 LND).
Mentre consideriamo i comandamenti di Dio, non solo oggi ma per tutta la vita, tenete sempre in mente che abbiamo il privilegio di ubbidire ai comandamenti di Dio come figli di Dio, perché Dio ci ha chiamati dalle tenebre alla Sua luce eterna.
Allora, cosa vuol dire camminare in modo degno della nostra vocazione? Semplicemente vuol dire che il nostro cammino deve rispecchiare l'immensità del privilegio che abbiamo di essere figli di Dio, salvati dalla morte eterna, per stare per sempre nella presenza di Dio. Dobbiamo vivere in base alla salvezza che abbiamo ricevuto.
Giusto per fornire una blanda idea di ciò,, è come dire a uno che ha ricevuto l'immenso privilegio di fare parte di una missione in un laboratorio spaziale, di comportarsi in modo degno di quella vocazione. Pochissimi ricevono quel privilegio, chi lo riceve deve vivere in modo degno della sua vocazione. Chi riceve questo privilegio non vede le regole da seguire come pesanti e gravose, piuttosto anche esse fanno parte del privilegio di cui gode.
Il nostro privilegio è infinitamente migliore e perciò è assolutamente doveroso per noi camminare in modo degno della nostra vocazione!
Come ho detto prima, quasi tutto il resto di Efesini è una spiegazione più dettagliata di cosa vuol dire in pratica camminare in modo degno della nostra vocazione.
Perciò, mentre consideriamo i vari comandamenti che troviamo in questa Epistola, ricordiamo sempre che essi sono una spiegazione di come camminare in modo degno della nostra beata vocazione, che è il “dunque” alla luce di tutto quello che Dio ha fatto per salvarci.
Aspetti di un cammino degno
Passiamo ora ai vv. 2,3, in cui Paolo inizia a spiegare in dettaglio alcuni aspetti di come possiamo camminare in modo degno della nostra vocazione. Leggo da 1-3:.
“1 Io dunque, il prigioniero per il Signore, vi esorto a camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, 2 con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri nell’amore, 3 studiandovi di conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace.” (Efesini 4:1-3)
Qui troviamo elencati vari aspetti di un cammino degno della nostra vocazione, aspetti che permettono l'unità dello Spirito che è fondamentale in un cammino degno della nostra vocazione.
Con ogni umiltà e mansuetudine
La prima cosa che Paolo menziona è di camminare con ogni umiltà e mansuetudine.
Senza l'umiltà sarebbe impossibile avere un cammino degno. Inoltre l'umiltà è il primo passo necessario per poter iniziare ad avere unità nella Chiesa di Gesù Cristo.
L'essere umile non vuol dire vedersi male, non vuol dire credere di non poter fare nulla. Infatti, in Romani 12 leggiamo dell'importanza di avere un concetto sobrio di se stesso, in un brano che parla dei vari doni spirituali che abbiamo ricevuto. Quindi l'essere umile non è di negare le capacità e i doni che Dio ti ha dato. Piuttosto, essere umili significa riconoscere che tutto quello che abbiamo viene da Dio e poi consiste nel dare tutta la gloria a Lui ed è pure stimare gli altri più di se stessi. È anche dare preferenza alle esigenze degli altri anziché cercare la primizia per se stessi.
L'essere umile ti permette di sopportare facilmente gli sbagli degli altri perché sai bene che anche tu sbagli spesso.
Come in tutto, Gesù Cristo è l'esempio perfetto dell'umiltà. Quando era sulla terra, Gesù sapeva di essere il Signore e non esitava a parlare con l'autorità che era Sua. Però Gesù non cercava i propri diritti, piuttosto si adoperava per la gloria di Dio e per il bene del Suo prossimo. Gesù aveva le qualità che seguono in questi versetti, cioè la mansuetudine, la pazienza e la sopportazione. Tutte queste cose derivano dall'umiltà. Perciò un primo aspetto di un cammino degno della nostra vocazione è di camminare con ogni umiltà, seguendo l'esempio di Gesù Cristo.
Dobbiamo anche camminare con mansuetudine, una qualità che va insieme all'umiltà. La mansuetudine è l'opposto dell'ira ed è il contrario di quell'atteggiamento che ci porta ad irritarci facilmente. La mansuetudine rappresenta una prontezza nel sottomettersi senza lamento a qualunque situazione o difficoltà che la provvidenza di Dio offre, sapendo di non meritare la bontà di Dio e fidandosi nella Sua cura perfetta in tutto quello che si fa.
Qual è la chiave per essere veramente umili e mansueti? Essere tali non è un qualcosa che possiamo realizzare da noi stessi, piuttosto è il risultato del passare molto tempo nella presenza di Dio. Più tempo si passa riconoscendo veramente la gloria, la santità e la maestà di Dio, più si riconoscerà la bassezza di se stessi e più l'orgoglio verrà schiacciato. La persona umile è la persona che sta vicino a Dio.
Quindi, un aspetto di un cammino degno della nostra vocazione è di avere umiltà e mansuetudine.
Con pazienza
Un'altra qualità di un cammino degno della nostra vocazione è la pazienza. Attenzione però al fatto che la parola Greca qui usata non indica quello che pensiamo solitamente in italiano quando usiamo il termine pazienza. Infatti, nella vecchia versione Riveduta traducevano la parola greca da noi resa con il termine “pazienza” con longanimità, che rappresenta più il vero senso di questa parola.
La parola tradotta con “pazienza” vuol dire essere pieno di grande tolleranza e comprensione per chi ci fa del male. In altre parole, è quella qualità in cui uno subisce il male da un altro senza agitarsi e senza sentirsi ferito. Essa fa riferimento specifico a quei casi in cui qualcun altro ci fa del male.
Ascoltatemi: la nostra tendenza, quando qualcuno ci fa del male, è di reagire, se non esternamente, almeno nei nostri pensieri e nel nostro cuore. La pazienza descrive quel cuore che non reagisce così, che non pone peso all'offesa subita, ma piuttosto accetta il male senza agitarsi o turbarsi.
Noi dobbiamo essere pazienti gli uni con gli altri, perché Dio è tanto, ma tanto paziente con noi, Dio ha tanta longanimità nei nostri confronti. Questa cosa ci spiega perché è giusto che anche noi camminiamo così.
Sopportandoci gli uni gli altri nell'amore
Questa pazienza viene messa insieme al fatto di sopportarci gli uni gli altri nell'amore.
Nella Bibbia la parola “sopportare” vuol dire portare il peso delle offese e ferite subite dagli altri e di fare questo con amore.
Quanto diverso è questo senso di sopportare da quello che usiamo di solito in italiano! Solitamente noi parliamo di sopportare qualcuno quando dentro si potrebbe comunque bollire di frustrazione o anche di rabbia, basta che non lo si fa trasparire all'esterno. Quello che noi chiamiamo sopportare e a cui diamo questo significato NON è il sopportare biblico. Al contrario, il sopportare che fa parte di un cammino degno è di portare il peso degli altri con pace e tranquillità, continuando ad amare la persona che ci ha arrecato le offese e le ferite.
Com'è possibile vivere così? Come possiamo portare il peso delle ferite e, del male che gli altri fanno contro di noi con amore, senza agitarci dentro?
Una parte importante della risposta a questi quesiti sta nel ricordare sempre quanto Dio sopporta noi. Ricordatevi che nella preghiera “Padre nostro” Gesù ci insegna a pregare: “perdonaci i nostri debiti come anche noi perdoniamo i nostri debitori.” Noi perdoniamo perché dipendiamo dal perdono di Dio. Noi sopportiamo gli altri perché Dio sopporta noi.
Quando teniamo ben presente nella nostra mente quanto spesso noi pecchiamo nei confronti di Dio e quanto Dio nella Sua Santità avrebbe ogni diritto di distruggerci immediatamente ma, invece, Egli è paziente con noi e opera per farci riconoscere e abbandonare il nostro peccato continuando a curarci, quando noi meditiamo spesso su questa realtà, troveremo molto più facile agire con vera pazienza e sopportarci gli uni gli altri, non come un peso, ma con tanto amore. E, vivendo così, camminiamo in modo degno della nostra vocazione.
Studiandovi di conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace
Passiamo ora all'ultima parte del v.3, dove Paolo scrive:
“studiandovi di conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace.” (Efesini 4:3 LND).
Tramite Paolo, Dio ci comanda di studiarci di conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace. Una parte fondamentale di un cammino degno della nostra vocazione è quello di impegnarci a conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace, ovvero, di avere vera unità con altri credenti, cioè non una qualsiasi unità, ma l'unità dello Spirito.
Non dobbiamo vedere la nostra vita con Cristo principalmente come qualcosa di individuale. Non siamo tanti credenti separati, piuttosto siamo tutti membra dell' unico corpo di Cristo e siamo legati l'uno all'altro. Perciò è fondamentale mantenere l' unità dello Spirito nel corpo di Cristo.
Mille cose possono facilmente danneggiare l'unità dello Spirito. È inevitabile che faremo del male gli uni agli altri. Abbiamo tutti tante mancanze, siamo tutti diversi. Perciò, per avere l'unità dello Spirito, dobbiamo impegnarci.
Sì, dobbiamo impegnarci per mantenere questa unità. Infatti, la parola “studiandovi”, presente nella frase “studiandovi di conservare l'unità dello Spirito”, è una parola che vuol dire impegnarsi con diligenza, ovvero vuol significare darsi da fare, sforzarsi a compiere qualcosa. Essa descrive un impegno grande, fatto con urgenza e diligenza. Quindi si potrebbe anche tradurre questa parola con “sforzatevi”, oppure come “impegnatevi con diligenza”. Se volete aggiungere queste traduzioni sul margine delle vostre Bibbie, ciò potrebbe aiutarvi a ricordare meglio il senso di questa parola.
Pertanto dobbiamo impegnarci con diligenza per conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace. Dobbiamo scoprire le cose che ostacolano l'unità dello Spirito e lavorare per toglierle.
Una base fondamentale per poter avere l'unità dello Spirito è di essere umili e mansueti e di sopportarci gli uni gli altri nell'amore, perché, di natura, pecchiamo gli uni contro gli altri. Dobbiamo portare questi pesi con amore per poter avere unità. Solo così possiamo avere unità nello Spirito.
Che cos'è l'unità dello Spirito
È importante capire che cos'è l'unità dello Spirito.
E' opportuno ribadire che qui non stiamo parlando di un'unità qualsiasi, ma dell'unità dello Spirito, cioè quell'unità fondata su di una completa sottomissione allo Spirito Santo.
Perciò, non è un'unità che, anche in minima parte, va contro lo Spirito. Per esempio, un'unità che comprende delle dottrine sbagliate, una posizione dottrinale che non si sottomette alla Bibbia, che non è ispirata dallo Spirito Santo, non sarebbe un'unità dello Spirito.
Un'unità in cui ognuno rispetta la posizione degli altri, ma queste posizioni non rispecchiano la volontà di Dio espressa nelle Scritture, non sarebbe un'unità dello Spirito, bensì un'unità umana.
L'unità dello Spirito è possibile quando siamo ripieni dello Spirito Santo, quando stiamo seguendo la Sua guida, quando stiamo seguendo le Sue verità così come Esse ci sono fedelmente mostrate nella Bibbia anziché i nostri ragionamenti riguardo a ciò che la Bibbia dice o non dice.
È importante capire questo. Quando un credente sta facendo cose di testa sua, pur dicendo di fare nel nome di Cristo, non sta seguendo la guida dello Spirito Santo anche se dice di seguirlo. E perciò, unirsi con una persona che agisce in tal modo vuol dire allontanarsi dallo Spirito Santo. Questa non è l'unità per cui dobbiamo impegnarci.
Similmente, se qualcuno promuove una dottrina che non è conforme a quanto affermato nella Bibbia, questi non sta seguendo lo Spirito Santo perché lo Spirito Santo ha ispirato la Bibbia. L'unità dello Spirito non è di essere uniti in una dottrina sbagliata.
Quindi, quando si sentono persone che dicono che tutti i credenti devono essere uniti, ma il significato che essi danno a quello stare uniti è di esserlo senza una base dottrinale conforme alla Bibbia e senza uno stile di vita conforme alla santità, quell'unità di cui essi parlano non è l'unità dello Spirito.
Quello che è l'unità dello Spirito Santo
Al contrario, l'unità dello Spirito è un'unità in cui i credenti si umiliano insieme davanti a Dio, davanti a quello che lo Spirito Santo ha mostrato nella Bibbia e seguono fedelmente il Suo insegnamento e la Sua guida. Su questa base, l'unità dello Spirito Santo si realizza quando non lasciamo che le differenze personali ci dividano. Si realizza quando non si cerca il proprio beneficio, ma si cerca, insieme agli altri, la gloria di Dio. Si realizza quando si preferisce il bene l'uno dell'altro.
Quanto è importante che ci impegniamo con diligenza a conservare l'unità dello Spirito nella pace, cioè avendo vera pace fra di noi. Questa è una parte essenziale del camminare in modo degno della nostra vocazione. È la pace di Dio, che crea pace fra di noi, che è il vincolo di questa vera unità.
Quando c'è l'unità dello Spirito
Cosa cosa succede quando c'è l'unità dello Spirito nella pace?
Il corpo di Cristo diventa un corpo che segue il Suo capo, diventa un corpo che compie grande cose per il Signore.
Essendo un corpo ben legato insieme, e Paolo ne parlerà diffusamente più avanti in questo capitolo, Esso cresce in modo solido. Sia i membri deboli che i membri forti vengono curati perché cresceranno insieme.
Quando c'è vera unità dello Spirito non serve sprecare energia e tempo cercando di raggiungere i propri traguardi. Invece ci sarà un traguardo unico e tutti si adopereranno insieme per conseguire quello.
Quando c'è vera unità dello Spirito, essa avviene sempre nella pace, cioè la pace di Dio regna in quest'unità. Diventa un' oasi di pace e di amore in un mondo di conflitto, egoismo e concorrenza.
Quando c'è l'unità dello Spirito, tutte le pecore seguono Gesù Cristo, anziché cercare ognuno la propria via. In quest'unità, perciò, il gregge fa ottimi progresso ed è una luce in un mondo di tenebre.
Quest'unità guiderà i rapporti fra i credenti.
Paolo avrà molto da dire ancora per quanto riguarda i rapporti fra i credenti. Una grandissima parte di un cammino degno della nostra vocazione, la vocazione di essere figli del Dio Eterno, è di camminare nell'unità dello Spirito, uniti insieme come figli di Dio.
Riassunto
Chiaramente abbiamo solamente iniziato questa parte dell'Epistola agli Efesini. Abbiamo molto da scoprire ancora in essa. Per ora vogliamo ricordare le verità principali che abbiamo visto oggi.
Paolo ci esorta a condurre un certo tipo di cammino, ma non è una esortazione senza base alcuna. Piuttosto, essa è un'esortazione che segue un “dunque” importantissimo. Dunque, alla luce dell'infinitamente grande dono della salvezza eterna, dunque, in base al fatto che Dio ci ha fatto passare dall'essere figli d'ira a figli amati di Dio, dunque, considerando il fatto che eravamo un popolo senza Dio e senza speranza e ora siamo parte della famiglia di Dio e cittadini del cielo, destinati a passare l'eternità davanti a Dio nell'amore, un amore che sorpassa la conoscenza, alla luce di tutto questo, dunque, Paolo ci esorta a camminare in modo degno della vocazione a cui siamo stati chiamati.
Non pensate mai che i comandamenti di Dio siano gravosi. Non sono gravosi, piuttosto sono il dunque delle benedizioni eterne che abbiamo ricevuto nella salvezza.
Quindi, alla luce della salvezza eterna, Dio ci comanda di camminare in modo degno di questa vocazione eterna che abbiamo ricevuto per grazia, in base all'amore di Dio.
Paolo userà il resto dell'Epistola per descrivere cosa vuol dire camminare in modo degno della nostra vocazione. In poche parole, vuol dire camminare, ovvero vivere, in modo da rispecchiare il cammino e la vita di Gesù Cristo.
Una parte di questo modo di essere è rappresentato dal camminare con umiltà e con mansuetudine. Ricordate che umiltà vuol dire riconoscere che tutto quello che si ha viene da Dio e perciò per essere davvero umili bisogna vivere dando tutta la gloria a Lui, stimando gli altri più di se stessi. Vivere in questo modo si traduce anche nel dare preferenza ai bisogni degli altri, anziché cercare la primizia per se stessi.
La mansuetudine rappresenta la prontezza nel sottomettersi senza lamento a qualunque situazione o difficoltà che la provvidenza di Dio ci dà, sapendo di non meritare la bontà di Dio e fidandosi della Sua cura perfetta in tutto quello che si fa.
Inoltre dobbiamo impegnarci con diligenza o, come dice nel brano, studiarci, per conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace. In altre parole, dobbiamo avere come traguardo, e quindi come grande impegno, quello di vivere nell'unità dello Spirito con gli altri credenti, nel vincolo della pace. Dobbiamo impegnarci, non di fare come vogliamo noi, ma di vivere secondo quello che lo Spirito Santo ci ha insegnato nella Bibbia.
Ciò vuol dire, quindi, che dobbiamo adoperarci con grande impegno per vivere ricercando la volontà di Dio e a camminare in essa insieme agli altri credenti, essendo vincolati insieme con la preziosa pace di Dio.
Quando viviamo così saremo uno strumento utile a Dio ed Egli porterà avanti la Sua opera in noi e tramite noi. Il nostro cuore sarà soddisfatto e il nostro Signore sarà glorificato in noi!
Questo è il cammino degno della nostra celeste ed eterna vocazione. Questa è la vita per chi è stato adottato come figlio di Dio.
Prima di chiudere, una parola a voi che non siete figli di Dio. Rendetevi conto che non esiste alcun'altra vocazione che è minimamente paragonabile alla vocazione di essere un figlio di Dio.
Questa vocazione può essere tua, se ti ravvedi e credi di cuore che Gesù Cristo è morto e risuscitato per i tuoi peccati. Perciò, se non sei un figlio di Dio, ti esorto: sii riconciliato con Dio per mezzo di Cristo, ravvediti e poni la tua fede in Gesù! Così anche tu puoi avere la vita e l'eternità con Dio.
E per voi che siete figli di Dio, alla luce della vostra salvezza, camminate in modo degno della vostra vocazione celeste, in questo breve pellegrinaggio sulla terra.