Capire la scrittura correttamente è estremamente importante, perché quando la comprendiamo male, ci porta a camminare male. Una comprensione sbagliata ci porta ad avere orgoglio, oppure ad essere scoraggiati o anche disperati.
Capire la Bibbia correttamente ci aiuta a vedere la verità che ci serve per avere vittoria sul nostro peccato.
Oggi, vogliamo considerare il contesto di un brano molto importante, un brano che, capito male, può produrre grande scoraggiamento. Capito bene, può produrre grande gioia e ringraziamento a Dio per la sua opera in noi. Il brano che vogliamo considerare è Romani 7:14-25. Però, per capirlo correttamente, è fondamentale considerarlo nel suo contesto, soprattutto Romani 6 e 8. Quindi, in questo studio, iniziamo a considerare questo contesto di Romani 7:14-25.
Quando si legge Romani 7:14-25, sorge la domanda: chi è l'uomo che Paolo descrive? È un credente, oppure, è un non credente che sta cercando di arrivare a Dio con la propria forza? Paolo sta descrivendo se stesso come credente, o come non credente? È fondamentale capire.
Leggo Romani 7:14-25.
“14 Infatti noi sappiamo che la legge è spirituale, ma io sono carnale, venduto come schiavo al peccato. 15 Giacché non capisco quel che faccio, perché non faccio quello che vorrei, ma faccio quello che odio. 16 Ora, se faccio ciò che non voglio, io riconosco che la legge è buona. 17 Quindi non sono più io ad agire, ma è il peccato che abita in me. 18 Infatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene, poiché ben si trova in me la volontà di fare il bene, ma io non trovo il modo di compierlo. 19 Infatti il bene che io voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. 20 Ora, se faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. 21 Io scopro dunque questa legge: che volendo fare il bene, in me è presente il male. 22 Infatti io mi diletto nella legge di Dio secondo l’uomo interiore, 23 ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. 24 O miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 25 Io rendo grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Io stesso dunque con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato.” (Romani 7:14-25 LND)
Per capire correttamente questo brano, prima di leggerlo, ci serve il suo contesto. Soprattutto, ci serve capire Romani 6, Romani 7:1-13, e poi la prima parte di Romani 8. Quindi, consideriamo attentamente questi brani, per poi capire Romani 7:14-25.
Romani 6: La Condizione di Chi è Salvato
Trovate Romani 6. In questo capitolo, Paolo descrive la condizione di chi è ora in Cristo.
In questo brano, Paolo sta parlando di come dobbiamo vivere ora che siamo in Cristo. Lui inizia trattando la domanda se dovremmo rimanere nel peccato, visto che siamo salvati per grazia. La sua risposta è un chiaro no, non dobbiamo affatto continuare a peccare ora che siamo morti al peccato.
Leggo Romani 6, dal v.1
“1 Che diremo dunque? Rimarremo nel peccato, affinché abbondi la grazia? 2 Niente affatto! Noi che siamo morti al peccato, come vivremo ancora in esso? 3 Ignorate voi, che noi tutti che siamo stati battezzati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? 4 Noi dunque siamo stati sepolti con lui per mezzo del battesimo nella morte affinché, come Cristo è risuscitato dai morti per la gloria del Padre, così anche noi similmente camminiamo in novità di vita. 5 Poiché, se siamo stati uniti a Cristo per una morte simile alla sua, saremo anche partecipi della sua risurrezione, 6 sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, perché il corpo del peccato possa essere annullato e affinché noi non serviamo più al peccato. 7 Infatti colui che è morto è libero dal peccato. 8 Ora se siamo morti con Cristo, noi crediamo pure che vivremo con lui, 9 sapendo che Cristo, essendo risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più alcun potere su di lui. 10 Perché, in quanto egli è morto, è morto al peccato una volta per sempre; ma in quanto egli vive, vive a Dio. 11 Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi a Dio, in Gesù Cristo, nostro Signore. 12 Non regni quindi il peccato nel vostro corpo mortale, per ubbidirgli nelle sue concupiscenze. 13 Non prestate le vostre membra al peccato come strumenti d’iniquità, ma presentate voi stessi a Dio, come dei morti fatti viventi, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia.” (Romani 6:1-13 LND)
Dal versetto 3 ad 11, Paolo descrive quello che Dio fa quando salva una persona. Dio unisce quella persona a Cristo, e legalmente, quella persona muore con Cristo, e poi rinasce come nuova creatura. Notate specificamente nel versetto 6 che Paolo dichiara che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con Cristo, e questo affinché il corpo del peccato possa essere annullato, e affinché noi non serviamo più al peccato. In altre parole, essendo in Cristo, non dobbiamo più servire al peccato. Non siamo più schiavi del peccato. Possiamo rifiutare il peccato.
Il versetto 7 è estremamente importante, perché dichiara quella che è la nostra condizione in Cristo oggi. Leggo il versetto 7.
7 Infatti colui che è morto è libero dal peccato.
Nella salvezza, Dio ci unisce alla morte di Cristo e perciò colui che è morto, ovvero colui che è unito a Cristo nella sua morte, è libero dal peccato. È fondamentale che comprendiamo questa verità. Un vero credente è libero dal peccato, e non è più schiavo del peccato.
Il v.8 inizia con una condizione che Paolo aveva già dimostrato di essere vera per ogni vero credente. La frase “se siamo morti con Cristo” dichiara quella che è la condizione di ogni vero credente. Come Cristo è morto al peccato, il versetto 11 dichiara che anche noi dobbiamo considerarci morti al peccato, ma viventi in Dio, in Cristo Gesù. La condizione di un vero credente è di essere morto al peccato, e perciò un vero credente deve vivere così, deve vivere alla luce della sua reale condizione, cioè che è morto al peccato. Non deve più vivere nel peccato come viveva prima. Prima della salvezza, l'uomo era vivo al peccato. Ora è morto al peccato e vivo a Dio.
Il versetto 12 è un imperativo, ed è fondamentale capirlo, per capire correttamente il nostro brano in Romani 7:14-25. Leggo il versetto 12.
Non regni quindi il peccato nel vostro corpo mortale, per ubbidirgli nelle sue concupiscenze.
Ora che siamo in Cristo, non dobbiamo più lasciare regnare il peccato in noi. Come tutti i comandamenti di Dio, l'ubbidienza è totalmente possibile per chi è in Cristo. Se fosse impossibile ubbidire ad un comandamento, allora, sarebbe gravoso. Ma i suoi comandamenti non sono gravosi. Perciò, essendo in Cristo, possiamo non lasciare regnare il peccato nei nostri corpi.
Il versetto 13 è un altro comandamento simile, che non dobbiamo prestare le nostre membra al peccato come strumenti d'iniquità. Prima, vivevamo nel peccato. Ora, in Cristo non dobbiamo più vivere nel peccato. Anche qua, dobbiamo capire che l'ubbidienza è possibile, e quindi, non siamo schiavi del peccato. Ora, essendo in Cristo, possiamo fare il bene che Dio ha messo nel nostro cuore. Possiamo avere una vita piena di frutto di giustizia. Il comandamento qua, come ogni comandamento, è possibile per un credente.
Nel versetto 14, Paolo descrive la condizione reale di chi è salvato. Dal momento della salvezza, il peccato non ha più potere su di noi. Leggo ancora il v.14
“Infatti il peccato non avrà più potere su di voi, poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia.” (Rom 6:14 LND)
Eravamo sotto la legge, ma ora in Cristo siamo sotto la grazia, e per questo il peccato non avrà più potere su di noi, in questa vita. È essenziale capire questa dichiarazione. Ora, in Cristo, il peccato non avrà più potere su di noi. Quindi, NON siamo schiavi del peccato. Possiamo fare il bene.
Il punto di Paolo nei versetti 15 e 16 è che non ha più senso per un credente di continuare nel peccato, visto che siamo liberati dal potere del peccato, e possiamo fare il bene.
Arrivando ai versetti 17 e 18, prima di tutto, ogni volta che leggiamo “servi, dovremmo leggere “schiavi”, perché in Greco è così. Questi versetti dichiarano che eravamo, nel passato, schiavi del peccato, ma ora non siamo più schiavi del peccato. Ora, siamo liberati dal peccato, e siamo schiavi della giustizia. Leggo questo versetti, traducendo servi come schiavi.
“17 Ora sia ringraziato Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete ubbidito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso. 18 E, essendo stati liberati dal peccato, siete stati fatti schiavi della giustizia.” (Romani 6:17-18 LND)
Prima della salvezza, eravamo schiavi del peccato. Poi, il versetto 18 dichiara una verità meravigliosa. Chi è in Cristo, chi è salvato, è stato liberato dal peccato, ed è diventato uno schiavo della giustizia.
Quando arriviamo a Romani 7:14-25, ricordate che non siamo più schiavi del peccato, essendo ora in Cristo. Solo ricordando questo, che è il contesto, possiamo capire quel brano correttamente.
Il versetto 19 dichiara che un tempo prestaste le vostre membra per essere schiavi delle impurità. Un tempo, prima della salvezza, eravamo schiavi delle impurità, schiavi del peccato. Ora, Dio ci comanda a prestare le nostre membra per essere schiavi della giustizia.
La verità che viene ripetuta è che chi è in Cristo non è più schiavo del peccato. Questo fatto non potrebbe essere più chiaro.
Vediamo la stessa verità nel versetto 20. Lo leggo.
“20 Perché, quando eravate schiavi del peccato, eravate liberi in rapporto alla giustizia. ” (Romani 6:20-21 LND)
Notate che prima della salvezza, eravamo liberi in rapporto alla giustizia. In altre parole, non era possibile camminare nella giustizia. Non eravamo capaci a fare il vero bene. Questa è la stessa condizione che Paolo descrive in Romani 7:14-25. Notiamo che , è chiaro che si riferisce al periodo prima della salvezza. Quindi, il fatto di essere schiavi del peccato si riferisce al periodo prima della salvezza.
Nel versetto 22, troviamo di nuovo la meravigliosa verità che inizia con la parola “ora”. Leggo il versetto 22.
“Ora invece, essendo stati liberati dal peccato e fatti schiavi di Dio, voi avete per vostro frutto la santificazione e per fine la vita eterna.” (Romani 6:22 LND)
Ora, in Cristo, siamo stati liberati dal peccato. La nostra condizione ora in Cristo è che siamo stati liberati dal peccato. Non siamo più schiavi del peccato, ora invece siamo schiavi di Dio. Questo è un dono di Dio. Questa è la realtà per chi è in Cristo. Quindi, teniamo questo in mente quando leggiamo Romani 7:14-25. Essere schiavo del peccato NON è la condizione di chi è salvato, è la condizione di chi NON è salvato. La Bibbia non parla mai di un credente come schiavo del peccato. Piuttosto, chi è in Cristo è liberato dal peccato. Questa è la meravigliosa realtà di ogni vero credente.
Capitolo 7
Quando arriviamo al capitolo sette, Paolo continua il suo argomento, spiegando per primo che non siamo più sotto la legge, e non siamo più nella carne. Leggo questo brano, dal v.1-6.
“1 Ignorate, fratelli (perché parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge ha potere sull’uomo per tutto il tempo che egli vive? 2 Infatti una donna sposata è per legge legata al marito finché egli vive, ma se il marito muore, ella è sciolta dalla legge del marito. 3 Perciò, se mentre vive il marito ella diventa moglie di un altro uomo, sarà chiamata adultera; ma quando il marito muore, ella è liberata da quella legge, per cui non è considerata adultera se diventa moglie di un altro uomo. 4 Così dunque, fratelli miei, anche voi siete morti alla legge mediante il corpo di Cristo per appartenere ad un altro, che è risuscitato dai morti, affinché portiamo frutti a Dio. 5 Infatti, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose che erano mosse dalla legge operavano nelle nostre membra, portando frutti per la morte, 6 ma ora siamo stati sciolti dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva soggetti, per cui serviamo in novità di spirito e non il vecchio sistema della lettera.” (Romani 7:1-6 LND)
Prima di essere in Cristo, eravamo vivi alla legge. Ora, nel versetto 4 impariamo che siamo morti alla legge mediante il corpo di Cristo. Tenete in mente che noi siamo morti alla legge.
Notate anche nel v.5 che parla di quando eravamo nella carne. Il tempo di questo verbo è l'imperfetto, cioè, una condizione che continuava nel passato, ma non è più la realtà. Quindi, era la condizione quando eravamo nella carne, prima della salvezza. Quindi, in quella condizione, vivevamo per la carne, per il peccato, e il frutto erano frutti per la morte. Prima della salvezza eravamo sotto il peccato.
Il versetto 6 dichiara la meravigliosa verità che siamo stati sciolti dalla legge. Ora, siamo morti a ciò che ci teneva soggetti, ovvero siamo morti alla legge, come abbiamo letto nel versetto 4. Ora, serviamo in novità di spirito, e non più il vecchio sistema della lettera.
È importante che comprendiamo che Paolo descrive qui che fermavamo il vecchio sistema della lettera della legge. Prima della salvezza, l'ubbidienza e le buone opere era un servizio alla lettera della legge. Non è allo spirito della legge.
Tenendo tutto questo in mente, vogliamo leggere dal v.7 a 13. Questo brano è una autobiografia spirituale di Paolo.
Prima della sua salvezza, fino ad un certo punto quando lo Spirito Santo lo convinse, Paolo si vedeva come a posto con Dio. Poi, lo Spirito Santo lo convinse del suo peccato, mostrandogli quello che la legge veramente richiede. E quindi, in questo brano, Paolo descrive come la legge fu usata per mostrargli il suo peccato. Mentre leggiamo, è importante tenere in mente che Paolo sta parlando di come egli vedeva se stesso.
Cioè, prima, vedeva se stesso come spiritualmente vivo. Dopo che ha capito il suo peccato, dal suo punto di vista, egli morì. Capire che Paolo sta descrivendo la sua condizione ci aiuta a comprendere quello che scrive. Leggo dal versetto 7.
“7 Che diremo dunque? Che la legge è peccato? Così non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non mediante la legge; infatti io non avrei conosciuta la concupiscenza, se la legge non avesse detto: "Non concupire". 8 Il peccato invece, presa occasione da questo comandamento, ha prodotto in me ogni concupiscenza, 9 perché senza la legge, il peccato è morto. Ci fu un tempo in cui io vivevo senza la legge, ma essendo venuto il comandamento, il peccato prese vita ed io morii, 10 e trovai che proprio il comandamento, che è in funzione della vita, mi era motivo di morte. 11 Infatti il peccato, colta l’occasione per mezzo del comandamento, mi ingannò e mediante quello mi uccise. 12 Così, la legge è certamente santa, e il comandamento santo, giusto e buono. 13 Ciò che è buono è dunque diventato morte per me? Così non sia; anzi il peccato mi è diventato morte, affinché appaia che il peccato produce in me la morte per mezzo di ciò che è buono, affinché il peccato divenisse estremamente peccaminoso per mezzo del comandamento,” (Romani 7:7-13 LND)
In questo passo, Paolo dichiara nel v.9 che c'era un tempo in cui egli viveva senza la legge, e poi venuto il comandamento, il peccato prese vita e morì.
È importante capire questo correttamente. Quando Paolo dichiara che era senza la legge, non vuol dire che non conosceva la legge, essendo nato e cresciuto un Giudeo. Vuol dire che non capiva la realtà della legge. Non capiva che era impossibile per lui di veramente adempiere la legge. Quindi, era senza la legge in quando non capiva la legge, pur essendo Giudeo, esperto nella legge.
Poi, lo Spirito Santo lo convinse della legge, e per la prima volta, Paolo capì che non riusciva a seguire la legge. A quel punto, dove prima Paolo credeva di essere spiritualmente vivo, capiva che era morto. E così, dichiara che venuta la legge, morì.
Infatti, se pensate, più volte nelle sue epistole, Paolo descrive i non credenti come morti nel peccato. Poi, nella salvezza, Dio vivifica.
Quindi, prima dell'opera dello Spirito Santo, pur essendo un Giudeo, perfino un Fariseo, Paolo viveva senza la legge, in quanto non capiva la legge veramente, e così, non capiva che era colpevole e condannato sotto la legge.
In Filippesi 3, impariamo che prima che lo Spirito Santo lo convinse, Paolo si considerava irreprensibile riguardo la giustizia che è nella legge. Ma poi, dichiara, sempre in Romani 7:9 "essendo venuto il comandamento". In che senso è venuto il comandamento, per uno che era già esperto nella legge? È venuto nel senso che è arrivato nella sua coscienza e nel suo cuore. Prima, Paolo conosceva la legge, e seguiva la legge così bene che si considerava irreprensibile. Però poi, ad un certo punto, lo Spirito Santo gli ha aperto gli occhi, e il vero significato della legge arrivò alla sua coscienza e al suo cuore. A quel punto, il peccato che era già presente in lui prese vita, ovvero lui si è reso conto del suo peccato, ed egli morì. In altre parole, prima Paolo credeva di essere vivo, quando la verità della legge arrivò al suo cuore, si riconobbe come morto nel suo peccato.
Quindi, quando dice che la legge produce la morte in lui, il senso è che rendeva la morte visibile a lui. La legge rivelò a Paolo la sua condizione.
Ora, abbiamo considerato il contesto di Romani 7:14-25. Senza il contesto, sarebbe molto difficile, quasi impossibile, comprendere correttamente il brano. Infatti, questo è un buon esempio dell'importanza di considerare attentamente il contesto di un brano.
Ringraziamo Dio per la sua Parola. È luce per i nostri piedi, e una lampada sul sentiero della nostra vita. Ci insegna le preziose promesse di Dio. Ci mostra la via in cui camminare. Soprattutto, la Parola di Dio ci fa conoscere Dio in Gesù Cristo.
Però, la Parola di Dio non è un giornale da sfogliare. La Parola di Dio è preziosa, ma richiede impegno. Impegniamoci a leggere e studiare con impegno, perché nulla è più importante che conoscere Dio, e conoscere le sue verità. Non importa essere esperti in mille cose, vogliamo conoscere a fondo la Parola di Dio.