Come sapete, la vita cristiana è una vita di fede in Dio. Per avere fede in Dio, dobbiamo conoscerLo.
Per conoscere Dio, e la sua volontà, Egli ci ha dato la Bibbia. Perciò, è estremamente importante capire correttamente la Parola di Dio.
La Bibbia non è un libro riservato ai pochi ma è per ogni credente. Allo stesso tempo, la Bibbia non viene compresa correttamente senza un vero impegno. Ci sono dei brani che sono difficili da capire, senza uno studio molto profondo. In 2Pietro 3 leggiamo:
“15 E ricordate che la pazienza del nostro Signore è in funzione della salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; 16 e questo egli fa in tutte le sue epistole, in cui parla di queste cose. In esse vi sono alcune cose difficili da comprendere, che gli uomini ignoranti ed instabili torcono, come fanno con le altre Scritture, a loro propria perdizione. 17 Voi dunque, carissimi, conoscendo già queste cose, state in guardia per non venir meno nella vostra fermezza portati via dall’errore degli empi. 18 Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo. A lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen.” (2Pi 3:15-18 LND)
In questo brano, Pietro afferma che le epistole di Paolo sono Scrittura. Notiamo poi nel v.16 che Pietro dichiara che nelle Epistole di Paolo ci sono alcune cose difficili da comprendere che gli uomini ignoranti ed instabili torcono, ovvero, interpretano male. Pietro avverte i credenti di non essere trasportati nell'errore, il che significa che con cura possiamo comprendere correttamente le Scritture.
Però, capire correttamente le Scritture richiede un impegno serio. Paolo scrive a Timoteo, al riguardo, dicendo: “Studiati di presentare te stesso approvato davanti a Dio, operaio che non ha da vergognarsi, che esponga rettamente la parola della verità.” (2Ti 2:15 LND)
La parola “studiati” in questo versetto è una parola che significa “impegnati con grande diligenza”, con tutto il cuore. Per esporre rettamente la Parola di Dio, c'è bisogno di grande diligenza.
Perciò, da una parte, non dobbiamo mai credere che comprendere correttamente la Bibbia sia un privilegio riservato solamente a pochi studiosi. Dall'altra parte, non dobbiamo nemmeno pensare che basta fare una lettura e la si capirà tutta correttamente.
Per capire correttamente la Bibbia sono necessari studio ed impegno, ed è necessario anche comprendere in quale forma letteraria è stata scritta. Infatti la Bibbia è composta da narrativa, poesia, profezia, vangeli, epistole, parabole, similitudini, ed altre forme.
Ogni forma ha delle regole proprie che bisogna conoscere per riuscire a capire correttamente il loro significato. Per esempio, si interpreta una narrativa diversamente da un brano di poesia, che a sua volta si interpreta diversamente da una profezia.
Oggi, vogliamo considerare una parabola, una forma molto usata da Gesù. Come un'analogia, una parabola è una storia che serve per insegnare un principio. Però, mentre un'analogia può contenere un racconto di cose impossibili, per esempio alberi che parlano, una parabola è una storia in sé tutta naturale e possibile, che serve però per mettere in evidenza una verità spirituale.
Una parabola aiuta molto di più a ricordare una verità piuttosto che solamente dichiarare quella verità in modo diretto. Per esempio, la parabola del figlio prodigo insegna la gioia che Dio ha ogni volta che un peccatore si ravvede, in un modo molto più facile da ricordare rispetto al dire solamente che Dio ha gioia quando un peccatore si ravvede.
È importante capire che una parabola ha una verità centrale, e la storia della parabola serve per far capire quella verità. Tanti dei dettagli della parabola possono avere a che fare con quella verità, ma non ogni dettaglio avrà necessariamente un significato. Piuttosto, ci possono essere dei dettagli che servono solo per rendere la storia più realistica.
Questo ci porta ad una regola di interpretazione delle parabole e cioè che quando si studia una parabola, è importante capire qual è la verità principale che l'autore sta cercando di comunicare.
Spesso, i dettagli principali avranno un significato, che è legato alla verità della parabola. Però, bisogna stare attenti a non cercare significati nascosti in ogni minimo dettaglio.
Quindi, avendo capito qualcosa in più delle parabole, ora vogliamo considerare una parabola di Gesù, che troviamo in Luca 16. Questa parabola ha una verità importante per noi.
il brano Luca 16:1-13
Leggiamola insieme, e poi consideriamo il suo significato.
“1 Or egli disse ancora ai suoi discepoli: "Vi era un uomo ricco che aveva un fattore; e questi fu accusato davanti a lui di dissipare i suoi beni. 2 Allora egli lo chiamò e gli disse: "Che cosa è questo che sento dire di te? Rendi ragione della tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore". 3 E il fattore disse fra se stesso: "Che farò ora, dato che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? A zappare non son capace, e a mendicare mi vergogno. 4 Io so cosa fare affinché, quando io sarò rimosso dall’amministrazione, mi accolgano nelle loro case 5 Chiamati dunque ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: "Quanto devi al mio padrone? 6 Quello rispose: "Cento bati di olio". Allora egli gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siedi e scrivi subito cinquanta". 7 Poi disse ad un altro: "e tu quanto devi". Ed egli disse: "Cento cori di grano". Allora egli gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta". 8 Il padrone lodò il fattore disonesto, perché aveva agito con avvedutezza, poiché i figli di questo mondo, nella loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce. 9 Or io vi dico: Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste perché, quando esse verranno a mancare, vi ricevano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è ingiusto nel poco, è ingiusto anche nel molto. 11 Se dunque voi non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere? 12 E se non siete stati fedeli nelle ricchezze altrui, chi vi darà le vostre? 13 Nessun servo può servire a due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona".” (Lu 16:1-13 LND)
Tante persone, non usando un'interpretazione corretta, hanno avuto confusione o hanno capito molto male questa parabola. Quindi, stando attenti ai principi di interpretazione, consideriamo la verità importante che Gesù Cristo ha lasciato per noi in questa parabola.
Questa parabola rappresenta, in grande linea, il rapporto fra Dio e gli uomini. Dio è il padrone, noi siamo i fattori. Come nella parabola il fattore è responsabile di come usa quello che gli è stato affidato, così anche noi siamo responsabili di come usiamo tutto quello che Dio ci ha affidato.
Andiamo avanti in questa parabola
Consideriamo la parabola, per capire la verità che Gesù ci sta insegnando.
“1 Or egli disse ancora ai suoi discepoli: "Vi era un uomo ricco che aveva un fattore; e questi fu accusato davanti a lui di dissipare i suoi beni. 2 Allora egli lo chiamò e gli disse: "Che cosa è questo che sento dire di te? Rendi ragione della tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore".
Per capire questa parabola, ricordiamoci che un fattore è uno che ha l'incarico di gestire i beni di un altro. Ad un certo punto, sarà giudicato in base a quanto è stato fedele nella sua amministrazione. Fu scoperto che questo fattore non era stato fedele, perciò, il suo padrone gli annunciò che gli sarebbe stata tolta l'amministrazione dei suoi beni. In altre parole, la sua vita di fattore stava per finire. Egli avrebbe perso il suo lavoro e avrebbe avuto una nuova vita.
La reazione del fattore
La verità centrale di questa parabola riguarda la reazione del fattore ebbe all'annuncio che il suo tempo di essere fattore stava per finire. Il fattore cominciò subito a pensare alla vita dopo, al suo avvenire. Leggo il v.3
3 E il fattore disse fra se stesso: "Che farò ora, dato che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? A zappare non son capace, e a mendicare mi vergogno.
Sapendo che la sua vita attuale stava per finire, il fattore si impegnò a pensare al suo avvenire. Si rese conto che non era preparato per il suo avvenire.
Perciò, egli si mise da fare per cambiare la sua situazione. Egli iniziò ad impegnarsi per il suo avvenire. Non visse più per il suo oggi, visse in vista del suo avvenire.
Chiaramente, è importante capire che nella parabola, il suo avvenire era ciò che sarebbe successo DOPO il suo lavoro come fattore. Nella vita, il nostro avvenire è dopo la morte. Quindi, è importante capire che questa è solo una parabola. Tenendo questo in mente, vediamo che quest'uomo, sapendo che la sua vita come fattore stava per finire, si mise da fare per provvedere per il suo avvenire. Si potrebbe dire, che viveva per il suo avvenire. Vediamo che questo fu il suo impegno leggendo il il v.4
4 Io so cosa fare affinché, quando io sarò rimosso dall’amministrazione, mi accolgano nelle loro case
Egli capì che era estremamente importante prepararsi per il suo avvenire. Sapeva che aveva bisogno di essere accolto. Perciò usò i mezzi che aveva per prepararsi.
Il suo impegno
I vv. 5-7 ci spiegano quello che egli fece per prepararsi per il suo avvenire. Leggiamo.
5 Chiamati dunque ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: "Quanto devi al mio padrone? 6 Quello rispose: "Cento bati di olio". Allora egli gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siedi e scrivi subito cinquanta". 7 Poi disse ad un altro: "e tu quanto devi". Ed egli disse: "Cento cori di grano". Allora egli gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta".
Per capire questo passo, bisogna capire che queste persone probabilmente erano affittuari della terra del padrone, e dovevano pagarlo con una percentuale dei raccolti. Era il fattore che esaminava il raccolto, e firmava il documento che dichiarava la somma che essi dovevano pagare al padrone. Perciò quest'uomo, essendo ancora il fattore, aveva la possibilità di scrivere nuove ricevute, e di firmarle, con una data falsa, e così facendo avrebbe potuto ridurre il debito di ciascuno.
Agendo così, quelle persone si sarebbero sentite in debito con lui, e lo avrebbero accolto in casa loro quando il padrone lo avrebbe licenziato. Con questa tattica, il fattore si stava preparando per il suo avvenire.
Egli stava usando i mezzi che aveva a disposizione, per provvedere per il suo avvenire. Si stava impegnando per il suo avvenire.
La lode del padrone
A questo punto, arriviamo ad un versetto che ha creato grande confusione in tante persone, perché non hanno tenuto conto dei principi di come interpretare una parabola.
Leggiamo il v.8, e poi, consideriamo attentamente il suo significato.
8 Il padrone lodò il fattore disonesto, perché aveva agito con avvedutezza, poiché i figli di questo mondo, nella loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce.
Il padrone lodò il fattore. Tante persone, non leggendo attentamente il testo, pensano che il padrone lodò il fattore perché era stato disonesto. Ma questo è capire male il brano. Notiamo attentamente il MOTIVO per cui il padrone lodò il fattore. “ Il padrone lodò il fattore disonesto, perché aveva agito con avvedutezza”
Il padrone NON lodò il fattore perché egli era stato disonesto. Non lo lodò neppure perché lo aveva frodato.
Il padrone lodò il fattore perché aveva agito con avvedutezza.
Infatti, qui troviamo la verità centrale della parabola, cioè, l'importanza di vivere con avvedutezza, pensando al proprio avvenire.
Cosa vuol dire la parola “avvedutezza”? Ogni volta che troviamo una parola inusuale, è importante capire il suo significato.
“Avvedutezza”, nel Greco, è un avverbio, ed esiste anche l'aggettivo “avveduto”. Vuol dire “comportarsi con saggezza, in modo prudente, in modo saggio”. Prepararsi per l'avvenire è avvedutezza!
La parabola descrive una situazione terrena, per mettere in evidenza una verità spirituale. L'aspetto principale che il padrone loda è molto semplice:questo fattore si stava preparando per l'unico avvenire che conosceva. Era avveduto, pensava al suo futuro, e si mise da fare per avere un avvenire buono.
Gesù dichiara, in questa parabola, che i figli del mondo sono più avveduti nella loro generazione dei figli della luce.
La parola “mondo” qua vuol dire “epoca”. Quindi, non indica delle persone particolarmente malvagie ma semplicemente quelle persone che non conoscono Dio, e che perciò non capiscono l'eternità come la capiscono i credenti, che sono chiamati qui “figli della luce”.
Per i figli di questo mondo, tutto è qui sulla terra. Invece, noi che siamo figli della luce sappiamo che questa vita è solo temporanea, e che abbiamo tutta l'eternità davanti a noi.
Spesso, i figli di questo mondo agiscono con più avvedutezza dei figli della luce. In altre parole: i figli di questo mondo si impegnano per il loro avvenire su questa terra, più di quanto i figli della luce si impegnano per il loro vero avvenire e cioè per l'eternità.
Per questo motivo, Gesù dichiara che i figli della luce sono meno avveduti di quanto lo sono i figli di questo mondo. Potremmo anche dire che sono stolti, non impegnandosi con tutto cuore per il loro avvenire, per la loro eternità.
Quindi, capendo correttamente la parabola, il padrone lodò il fattore per la sua avvedutezza. Egli lo lodò per il fatto che pensava al suo avvenire. NON lo lodò per il MODO con cui si stava preparando per il suo avvenire, ma solo per il fatto che si stava preparando.
Capire questa importante distinzione ci permette di trarre grande beneficio da questa parabola, anziché grande confusione e ci permette di capire l'importanza di impegnarci con tutto il cuore per il nostro avvenire.
Vi chiedo: come sarebbe la chiesa, se i credenti fossero così impegnati nelle cose eterne come lo sono i figli di questo mondo nelle cose di questa età??
L'avvertimento di Gesù
A questo punto, Gesù conclude la parabola, e come fa spesso, Egli stesso ci aiuta a capire la verità principale che vuole insegnarci. Gesù stesso ci dà l'applicazione della parabola.
Leggo le parole di Gesù nei vv.9,10.
9 Or io vi dico: Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste perché, quando esse verranno a mancare, vi ricevano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è ingiusto nel poco, è ingiusto anche nel molto. 11 Se dunque voi non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere?
Applicando questa parabola, Gesù dichiara che noi credenti dovremmo usare quello che Dio ci ha dato delle benedizioni terrene, per investirle nell'eternità. Per essere avveduti, anziché stolti, dovremmo utilizzare quello che Dio ci ha dato in questa vita, per prepararci per l'avvenire, la vita eterna. Andiamo più a fondo nell'applicare questa parabola.
Applichiamo il tutto a noi
Prima di tutto, è importante capire che siamo tutti dei fattori. Tutto quello che abbiamo appartiene a Dio. Quanto spesso crediamo che quello che abbiamo sia nostro! Questo è molto sbagliato! In realtà, nulla di quello che possediamo è veramente nostro. Piuttosto, tutto quello che abbiamo ci è stato affidato da Dio, e dovremo rendere conto a Lui per come lo abbiamo usato.
Il nostro tempo è un dono di Dio. La forza che abbiamo, le nostre capacità intellettuali, i nostri mezzi economici, e tutto il resto che abbiamo, tutto viene da Dio, e tutto appartiene a Dio, e perciò, ognuno di noi sarà giudicato in base a come avrà usato tutto questo.
In 1Cronache è scritto che il re Davide stava accumulando materiali per l'edificazione del Tempio e che dopo aver raccolto tutto, fece una preghiera. Ve ne leggo una parte, che ci ricorda che tutto quello che abbiamo viene da Dio.
1Croniche 29:10-16
“10 Così Davide benedisse l’Eterno davanti a tutta l’assemblea e disse: "Benedetto sei tu, o Eterno, DIO di Israele, nostro padre, per tutta l’eternità. 11 Tua, o Eterno è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà, perché tutto ciò che è in cielo e sulla terra è tuo. Tuo, o Eterno, è il regno, e tu ti innalzi sovrano sopra ogni cosa. 12 Da te vengono la ricchezza e la gloria; tu domini su tutto; nella tua mano, sono la forza e la potenza, e tu hai il potere di rendere grande e di dare forza a tutti. 13 Ora dunque, o DIO nostro, noi ti ringraziamo e celebriamo il tuo nome glorioso. 14 Ma chi sono io e chi è il mio popolo, che siamo in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Tutte le cose infatti vengono da te, e noi ti abbiamo semplicemente dato ciò che abbiamo ricevuto dalla tua mano. 15 Poiché noi siamo stranieri e pellegrini davanti a te come furono i nostri padri. I nostri giorni sulla terra sono come un’ombra e non c’è speranza. 16 O Eterno, DIO nostro, tutta questa abbondanza di cose che abbiamo preparato per costruire un tempio a te, al tuo santo nome, viene dalla tua mano, è tutto tuo.” (1Cr 29:10-16 LND)
Tutto appartiene a Dio. Non possiamo mai dare nulla a Dio che non abbiamo ricevuto prima da Lui.
La Bibbia proclama ripetutamente che dovremo rendere conto per come abbiamo amministrato tutto. Per esempio, l'Apostolo Paolo dichiara, in 2Corinzi 5
“Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte nel corpo in base a ciò che ha fatto, sia in bene che in male.” (2Cor 5:10 LND)
In Apocalisse, leggiamo del giudizio finale, in cui tutti saranno giudicati in base a come hanno vissuto in questa terra.
“E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavano ritti davanti a Dio, e i libri furono aperti; e fu aperto un altro libro, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati in base alle cose scritte nei libri secondo le loro opere.” (Apo 20:12 LND)
Anche in Ecclesiaste troviamo un annuncio del giudizio.
“Poiché DIO farà venire in giudizio ogni opera, anche tutto ciò che è nascosto, sia bene o male.” (Ecclesiaste 12:14 LND)
Quindi, siamo tutti fattori, e dovremmo tutti rispondere a Dio per come abbiamo usato quello che Egli ci ha dato in questa vita.
Fatevi amici con le ricchezze ingiuste
Nella sua applicazione di questa parabola, Gesù dichiara:
9 Or io vi dico: Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste perché, quando esse verranno a mancare, vi ricevano nelle dimore eterne. 10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è ingiusto nel poco, è ingiusto anche nel molto. 11 Se dunque voi non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere?
Gesù dice di fare amicizie con le ricchezze ingiuste. Queste “ricchezze ingiuste” sono le ricchezze, i beni, le opportunità, che abbiamo che non sono però doni spirituali. Cioè, ogni credente ha delle capacità naturali e dei beni come li hanno tutti i non credenti. Ogni credente ha esattamente ventiquattro ore al giorno, come ogni non credente. Ogni credente ha dei soldi da gestire, come anche ogni non credente. Ogni credente ha della forza fisica da gestire, come anche ogni non credente. Queste sono le ricchezze ingiuste. A volte, queste ricchezze possono arrivare già prima della salvezza.
Gesù dichiara che dobbiamo fare amicizie con le ricchezze ingiuste. Per capire correttamente quello che intende, notiamo la conclusione della sua frase.
9 Or io vi dico: Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste perché, quando esse verranno a mancare, vi ricevano nelle dimore eterne.
L'amicizia di cui parla Gesù non è una semplice amicizia terrena, ma piuttosto, indica il fatto di usare i mezzi che Dio ci ha affidato per portare altre persone nel regno di Dio. Poi, quando le ricchezze verranno a mancare, ovvero, quando arriveremo alla fine di questa vita e lasceremo questo mondo, questi amici, cioè le persone che abbiamo aiutato a trovare la salvezza, ci riceveranno nelle dimore eterne.
In parole semplici, dobbiamo usare i mezzi che abbiamo per portare il più grande numero di persone possibile alla salvezza.
Questa è una verità incredibile. Possiamo impegnare i mezzi che Dio ci ha dato in questa vita: il nostro tempo, i nostri soldi, le nostre capacità, per portare del frutto spirituale che durerà nell'eternità. Possiamo usare i nostri mezzi per aiutare altri a conoscere Cristo e a crescere nella fede. Facendo così, avremo una gioia più grande quando arriveremo nell'eternità.
Un brano che spiega questo principio è 1Timoteo 6:17-19, in cui Paolo spiegò a Timoteo cosa doveva insegnare ai ricchi, a coloro cioè che avevano più del minimo per sopravvivere.
“17 Ordina ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente, il quale ci offre abbondantemente ogni cosa per goderne 18 di fare del bene, di essere ricchi in buone opere, di essere generosi e di essere pronti a dare, 19 mettendo in serbo per se stessi un buon fondamento per l’avvenire, per afferrare la vita eterna.” (1Ti 6:17-19 LND)
Questo è lo stesso principio della nostra parabola di oggi. È importante investire quello che abbiamo in questa vita per la nostra eternità. Voglio solo menzionare che, in base al metro biblico, siamo tutti ricchi. Quindi, dovremmo tutti essere ricchi in opere buone, e pronti a dare.
Come il fattore usò i mezzi che aveva per prepararsi per il suo avvenire, così anche noi dobbiamo usare i mezzi che abbiamo per prepararci per il nostro avvenire. Dobbiamo farci un tesoro in cielo, come Gesù dichiara in Matteo 6:19-21
“19 "Non vi fate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine guastano, e dove i ladri sfondano e rubano, 20 anzi fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sfondano e non rubano. 21 Perché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.” (Mat 6:19-21 LND)
Abbiamo la scelta, ogni giorno, o di investire quello che abbiamo nelle cose terrene, oppure, di investire per un tesoro eterno. Quando investiamo per promuovere il regno di Dio, ci stiamo facendo un tesoro in cielo. Chi fa un tesoro così, avrà un tesoro per sempre. Chi invece cerca un tesoro su questa terra, lo perderà per sempre.
Fedele nel piccolo vv.10,11,12
Notiamo ora la verità che Gesù dichiara nei vv.10-12
“10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è ingiusto nel poco, è ingiusto anche nel molto. 11 Se dunque voi non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere? 12 E se non siete stati fedeli nelle ricchezze altrui, chi vi darà le vostre?” (Luca 16:10-12 LND)
Se siamo fedeli nel poco, Dio ci affiderà molto.
Per essere fedeli, prima di tutto dobbiamo ricordare che tutto quello che abbiamo appartiene a Dio, non a noi, e che saremo giudicati in base a come abbiamo usato quello che Dio ci ha dato per la Sua gloria.
Quindi, dobbiamo stare attenti a come usiamo tutto quello che abbiamo: il nostro tempo, le nostre capacità, la nostra intelligenza, i nostri soldi, e le opportunità che Dio ci ha donato. Questo è il poco, perché anche i non credenti hanno queste cose.
Se siamo fedeli nel poco, Dio ci affiderà il molto, cioè i doni spirituali e quelle situazioni che possono essere usati per portare grandi risultati eterni.
Quando un credente è fedele nel poco, per esempio, nell'uso dei suoi soldi, e del suo tempo, allora, Dio gli affiderà molto. Quando uno è fedele da usare i doni naturali che Dio dà a tutti gli uomini, allora, Dio affiderà a quel credente dei doni spirituali di un valore più grande.
Se invece, come dichiara Gesù, non siamo fedeli nell'uso delle ricchezze terrene, Dio non ci affiderà delle vere ricchezze.
Cioè se una persona adopera le cose terrene che Dio le ha dato per se stessa, anziché per la gloria di Dio, quella persona perderà la possibilità di ricevere in affidamento da Dio dei veri tesori.
Più viviamo per la gloria di Dio, più Dio ci darà dei doni da utilizzare per l'eternità.
Siamo servi, ma di chi?
Per concludere, Gesù ci ricorda una verità importante. Siamo tutti servi. La domanda è: servi di chi? Vi leggo le parole profonde di Gesù nel v.13
13 Nessun servo può servire a due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona".”
La parola che qui è tradotta con “servire” è una parola che descrive un servo di casa, uno che ha un ruolo di grande fiducia, a cui viene affidato molto.
Siamo tutti servi. O siamo servi delle ricchezze, o di qualche altro tesoro terreno, oppure siamo servi di Dio.
È impossibile servire due padroni, perché ci portano in due direzioni opposte. O investiamo per l'eternità, o investiamo per questa vita.
Come dichiara Dio, tramite Paolo, in Colossesi 3:1: “cercate le cose di lassù, non le cose su questa terra”.
Abbiamo appena letto le parole di Gesù in Matteo 6: Non fate i vostri tesori su questa terra, ma fate i vostri tesori in cielo.
Un tesoro terreno potrebbe essere la ricchezza, ma potrebbe anche essere una vita facile, con pochi problemi. Il punto è questo: dove stiamo investendo? Stiamo usando quello che Dio ci ha affidato per la Sua gloria, e così facendo, investendo per l'eternità? Oppure, stiamo investendo quello che abbiamo ricevuto da Dio per noi stessi? Dov'è il nostro tesoro: sulla terra o in cielo?
Per sapere dov'è il tuo tesoro, esamina come vivi. In che cosa ti impegni? Qual è il desiderio del tuo cuore? Come investi i tuoi pensieri e la tua vita?
Conclusione
Carissimi, siamo tutti dei fattori. Avremo tutti da rendere conto a Dio della nostra amministrazione. I pochi anni su questa terra passeranno ben presto. Abbiamo tutta l'eternità davanti a noi.
Impariamo dal fattore della parabola. Impegniamoci per il nostro avvenire.
Chiaramente, per vivere così, dobbiamo ricordare che quello che abbiamo è un dono di Dio. Tutto quello che abbiamo appartiene a Dio. Teniamo questo sempre in mente, e così, potremo ringraziare Dio come dovremmo, e sapremo anche investire meglio tutto ciò che il Signore ci ha affidato.
Utilizziamolo per portare gloria a Dio. Dedichiamoci ad investire tutto quello che Dio ci ha dato per la Sua gloria. Viviamo in modo da poter sentire un giorno il nostro Signore dire: “entra nella gioia del tuo Signore!”.
Viene presto, o Signore Gesù!