Aiuto Biblico

1 Corinzi 14 - "Parlare in Lingue" secondo le Scritture

Descrizione: un'analisi di 1Corinzi 14, il discorso di Paolo sul dono delle lingue.
sermone di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org per mercoledì 24 settembre 2014, – cmd ag–
parole chiave: lingue, parlare in lingue, 1Corinzi 14

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Per capire correttamente questo capitolo, dobbiamo considerarlo nel suo contesto. Paolo sta scrivendo ai credenti di Corinto, e principalmente li sta riprendendo per tanti sbagli e atteggiamenti sbagliati. Aveva iniziato un discorso nel capitolo 12 spiegando loro che i doni spirituali servono per l'utilità comune. In altre parole, un dono non serve per edificare la persona che ha quel determinato dono, ma serve per edificare gli altri. In quello stesso capitolo 12, Paolo ha spiegato che tutti i credenti insieme formano un corpo, e che devono avere al cuore il bene del resto del corpo. Devono amare e onorare il resto del corpo. Poi, ha concluso il capitolo 12 con il versetto 31 che vi leggo:

“Ora, cercate ardentemente i doni maggiori! Ed io vi mostrerò una via ancora più eccellente.” (1Corinzi 12:31)

Subito dopo, troviamo il capitolo 13, in cui Paolo mostra la via più eccellente, la via dell'amore. Il capitolo 13 dimostra che se non c'è amore, nulla ha vero valore. In questo modo, stava mostrando che ciò che a loro mancava era proprio l'amore. Quei credenti consideravano i doni in un'ottica sbagliata. Anziché vedere i doni come un modo per amare gli uni gli altri, ed edificare gli uni gli altri, consideravano i doni come qualcosa di cui vantarsi. Non avevano capito lo scopo dei doni, e non avevano capito il privilegio di far parte del corpo di Cristo, e quindi di amare gli altri membri del corpo.

Paolo, dopo aver mostrato che il vero amore dev'essere il motivo per cui si usano i doni, riprende il discorso dei doni spirituali. Per comprendere meglio questo capitolo 14 dobbiamo ricordare che i Corinzi, volendo innalzarsi, cercavano quei doni che secondo il loro punto di vista erano più vistosi, e che in qualche modo davano loro qualcosa di cui vantarsi. Ed è proprio questo atteggiamento orgoglioso che Paolo vuole demolire. Quindi, nel capitolo 14 Paolo dimostra che non bisogna cercare un dono vistoso, ma piuttosto un dono che sia utile.

Con queste basi come contesto, iniziamo a considerare 1Corinzi 14. Per prima cosa, leggo tutto il capitolo. Poi, consideriamo il suo significato passo per passo.

A questo punto, leggi 1Corinzi 14

“1 Procacciate l’amore e cercate ardentemente i doni spirituali, ma soprattutto che profetizziate, 2 perché chi parla in lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo comprende, ma egli in spirito proferisce misteri. 3 Chi profetizza, invece, parla agli uomini per edificazione, esortazione e consolazione. 4 Chi parla in lingua edifica se stesso, ma chi profetizza edifica la chiesa. 5 Io vorrei che tutti parlaste in lingue, ma molto più che profetizzaste, perché chi profetizza è superiore a chi parla in lingue a meno che egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione. 6 Ma ora, fratelli, se venissi a voi parlando in lingue, che vi gioverei se non vi parlassi per mezzo di rivelazione, o di conoscenza, o di profezia, o di insegnamento? 7 Perfino le cose inanimate che emettono un suono, come il flauto e la cetra, se non danno suoni distinti, come si riconoscerà ciò che si suona con il flauto o con la cetra? 8 Se infatti la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? 9 Così anche voi, se con la lingua non proferite un parlare intelligibile, come si comprenderà ciò che è detto? Sarebbe infatti come se voi parlaste all’aria. 10 Vi sono nel mondo chi sa quante specie di lingua, e nessuno di esse è senza significato. 11 Se dunque io non comprendo il significato della lingua, sarò come uno straniero per chi parla, e chi parla sarà uno straniero per me. 12 Così anche voi, poiché siete desiderosi di avere doni spirituali, cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa. 13 Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare, 14 perché, se io prego in altra lingua, il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa. 15 Che si deve dunque fare? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con la mente; canterò con lo spirito, ma canterò anche con la mente. 16 Tuttavia, se tu lodi Dio con lo spirito, colui che occupa il posto del profano, come dirà “amen”, al tuo ringraziamento, poiché egli non comprende ciò che tu dici? 17 Infatti tu puoi anche rendere un bel ringraziamento, ma l’altro non è edificato. 18 Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti. 19 Ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole in altra lingua. 20 Fratelli, non siate bambini di senno, ma siate bambini in malizia e uomini compiuti in senno. 21 Sta scritto nella legge: “Io parlerò a questo popolo in lingue straniere e con labbra straniere, ma neppure così mi ascolteranno,” dice il Signore. 22 Pertanto le lingue sono un segno non per i credenti, ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti, ma per i credenti. 23 Se dunque, quando tutta la chiesa è riunita insieme, tutti parlano in lingue ed entrano dei profani o dei non credenti, non diranno che voi siete fuori di senno? 24 Ma se tutti profetizzano ed entra un non credente o un profano, egli è convinto da tutti, è giudicato da tutti. 25 In questo modo i segreti del suo cuore vengono palesati e così, gettandosi con la faccia a terra, adorerà Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi. 26 Che conviene dunque fare, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi, chi un salmo, chi un insegnamento, chi un parlare in altra lingua, chi una rivelazione, chi un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione. 27 Se uno parla in altra lingua, si faccia questo da due o tre al più, e l’un dopo l’altro, e uno interpreti. 28 Ma se non vi è chi interpreti, taccia nella chiesa chi parla in altra lingua, ma parli a se stesso e a Dio. 29 Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino. 30 Ma se è rivelata qualcosa ad uno che è seduto, taccia il precedente. 31 Tutti infatti, ad uno ad uno, potete profetizzare affinché tutti imparino e tutti siano incoraggiati. 32 Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, 33 perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace; e così si fa’ in tutte le chiese dei santi. 34 Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge. 35 E se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa. 36 E la parola di Dio proceduta da voi o è essa pervenuta a voi soli? 37 Se uno si stima essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che vi scrivo sono comandamenti del Signore. 38 E se uno lo vuole ignorare, lo ignori. 39 Perciò, fratelli miei, cercate ardentemente il profetizzare e non impedite di parlare in lingue. 40 Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine.” (1Corinzi 14:1-40 LND)

Torniamo ora al versetto uno, e consideriamo questo capitolo importantissimo. Prima di iniziare, sarebbe utile sapere che ci sono tante persone che usano questo capitolo per sostenere che il dono delle lingue è sia parlare in una lingua che è sconosciuta alla persona che parla. Noi sappiamo, dal secondo capitolo di Atti, che il dono delle lingue che lo Spirito Santo diede il giorno di Pentecoste erano lingue umane, che le persone di Gerusalemme comprendevano. Questo punto è estremamente chiaro. Quindi, vogliamo considerare attentamente se c'è qualcosa qui in 1Corinzi 14 che dimostra chiaramente che chi parla una lingua non capisce quella lingua. Quindi iniziamo rileggendo il versetto 1:

“1 Procacciate l’amore e cercate ardentemente i doni spirituali, ma soprattutto che profetizziate,

La parola “procacciate” è una parola estremamente forte, è la stessa parola che viene tradotta anche “perseguitate”. Quindi, dobbiamo cercare con tutta la nostra forza l'amore. Amare non è qualcosa da fare quando ci capita. Dobbiamo impegnarci a fondare tutti i nostri rapporti sul vero amore, su un vero impegno per il vero bene degli altri. E quindi, per quanto riguarda il nostro rapporto con gli altri, e quindi anche l'uso dei doni spirituali, dobbiamo cercare con tutta la nostra forza l'amore.

Inoltre, dobbiamo cercare ardentemente i doni spirituali. In altre parole, considerando il contesto dell'amore, e che lo scopo dei doni è quello di edificare (punto che Paolo ripeterà tante volte in questo capitolo), dobbiamo cercare ardentemente i doni spirituali. Però, soprattutto dobbiamo cercare quei doni che edificheranno di più, e qui Paolo menziona specificatamente il dono di profetizzare. Notate che fa un confronto in questo capitolo fra il profetizzare e il parlare in un'altra lingua. Certamente, ci sono tanti altri doni e tutti hanno il loro ruolo. Ma in questo caso Paolo sta parlando di due i doni che i credenti di Corinto stavano usando al culto, davanti agli altri. I Corinzi davano una grande importanza al parlare in altre lingue, perché era qualcosa che a loro parere mostrava una grande spiritualità. Evidentemente non cercavano il dono di profetizzare, non ritenendolo come molto importante.

Invece Paolo dimostra in questo capitolo che il dono delle lingue vale pochissimo, mentre quello di profetizzare vale tantissimo, perché edifica gli altri.

Una parola importante su che cos'è “profetizzare”. “Profetizzare” vuol dire “proclamare”. C'è solamente qualche caso nel Nuovo Testamento, addirittura molto raro, in cui un profeta fu usato da Dio per proclamare qualcosa del futuro. Però principalmente profetizzare era proclamare le verità di Dio. Quindi noi potremmo usare oggi la parola predicare. Proclamare le verità di Dio serviva per l'edificazione. E quindi Paolo dice che i credenti devono cercare ardentemente i doni spirituali, ma soprattutto quello di profetizzare.

Poi, nel versetto 2 spiega il motivo per cui si deve desiderare il profetizzare anziché il parlare in lingue. Leggiamo i versetti 2 e 3:

“1 Procacciate l’amore e cercate ardentemente i doni spirituali, ma soprattutto che profetizziate, 2 perché chi parla in lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo comprende, ma egli in spirito proferisce misteri. 3 Chi profetizza, invece, parla agli uomini per edificazione, esortazione e consolazione.

Seguiamo attentamente il filo di Paolo. Prima di tutto, sta facendo un confronto fra il parlare in altra lingua e il profetizzare. L'apostolo dice che parlare in altra lingua è parlare a Dio. Invece, profetizzare è parlare agli uomini. Detto così, grammaticalmente è chiaro come il profetizzare agli uomini è dire qualcosa a qualcun altro che tu comprendi, nello stesso modo, parlare in una lingua a Dio è dire qualcosa che tu ugualmente comprendi, ma la dici a Dio. Entrambi questi esempi riguardano un parlare che è compreso e capito per prima cosa da chi lo sta dicendo.

Paolo afferma che il parlare in altra lingua non è rivolto agli uomini, perché nessuno lo può comprendere. Cioè quell'uomo che sta parlando in lingua, sta parlando una lingua che le altre persone nella Chiesa non capiscono, e perciò non comprendono ciò che dice.

Notate che Paolo rende chiaro che il parlare in altra lingua non porta frutto, perché gli altri non la capiscono. Ciò che quella persona dice è per tutta la chiesa un mistero, in quanto è detto in una lingua che non capiscono. Invece, quando uno profetizza, ed è chiaramente implicato che parla una lingua che i credenti conoscono, essi comprendono, e così vengono edificati, esortati e consolati.

Tenete in mente che il contesto qui è l'amore, e perciò, dire cose che edificano, che esortano, e che consolano sono atti di amore cristiano, perché portano grandi benefici agli altri. Quindi, profetizzare è impegnarsi ad usare i propri doni per edificare gli altri. Questo è l'amore!

Il versetto 4 rende ancora più chiaro il contrasto fra usare un dono in modo egoista e usare un dono per il bene degli altri. Leggo ancora il versetto 4:

4 Chi parla in lingua edifica se stesso, ma chi profetizza edifica la chiesa.

Chi parla in altra lingua edifica solo se stesso. Cioè, quando noi proclamiamo le verità di Dio, noi stessi veniamo edificati. Perciò se io parlo due lingue, posso parlare o l'una o l'altra e io sarò comunque edificato. Però, se uso quella lingua che gli altri non capiscono, io vengo edificato, ma non gli altri. La mia lingua edifica solo me stesso. Invece, quando uno profetizza, ed è sempre inteso nella lingua compresa da tutti, tutta la Chiesa viene edificata. Questo è l'amore!

Paolo continua nel versetto 5, mostrando la superiorità del profetizzare anziché del parlare in lingue. Leggo il versetto 5, e notate di nuovo che l'enfasi è sul fatto che la Chiesa sia edificata.

5 Io vorrei che tutti parlaste in lingue, ma molto più che profetizzaste, perché chi profetizza è superiore a chi parla in lingue a meno che egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione.

Anche qua, Paolo continua a martellare sul desiderio di questi credenti di parlare in lingue, dichiarando chiaramente che il profetizzare è superiore al parlare in lingue, se non che quelle lingue vengano interpretate. In altre parole, è assurdo parlare in una lingua che la Chiesa non comprende, e che non porta edificazione. Il dono del profetizzare è superiore perché porta edificazione. E questo è lo scopo dei doni spirituali! I Corinzi volevano esercitare quei doni che li mettevano in una buona luce, che li innalzavano. Paolo sta insegnando invece la superiorità di utilizzare ciò che edifica gli altri. Di nuovo, è una questione di veramente amare gli altri.

Nel versetto 6, Paolo continua questo argomento, mostrando l'inutilità del parlare in lingue, a meno che non vengano interpretate. Leggiamo il versetto 6:

6 Ma ora, fratelli, se venissi a voi parlando in lingue, che vi gioverei se non vi parlassi per mezzo di rivelazione, o di conoscenza, o di profezia, o di insegnamento?

Parlare in un'altra lingua non giova nulla, e perciò è da evitare. Paolo dimostra questo principio con un esempio tratto dalla natura, parlando degli strumenti musicali. Leggiamo i versetti 7,8, e 9:

7 Perfino le cose inanimate che emettono un suono, come il flauto e la cetra, se non danno suoni distinti, come si riconoscerà ciò che si suona con il flauto o con la cetra? 8 Se infatti la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? 9 Così anche voi, se con la lingua non proferite un parlare intelligibile, come si comprenderà ciò che è detto? Sarebbe infatti come se voi parlaste all’aria.

Il punto di Paolo in questo paragone è semplice. Se non c'è una comunicazione chiara che l'ascoltatore può capire, quella comunicazione non serve a nulla. Questo principio è vero con gli strumenti musicali, ed è altrettanto vero con il parlare in un'altra lingua. Se tu parli in una lingua che tu capisci, ma gli altri no, quello che tu dici non sarà intellegibile a chi ascolta, non sarà compreso dagli altri ciò che tu avrai detto. Sarebbe come parlare all'aria. Sarebbe del tutto inutile.

Paolo continua ad usare degli esempi per mostrare l'assurdità del parlare in una lingua sconosciuta nella Chiesa. Leggiamo i versetti da 10 a 14:

10 Vi sono nel mondo chi sa quante specie di lingua, e nessuno di esse è senza significato. 11 Se dunque io non comprendo il significato della lingua, sarò come uno straniero per chi parla, e chi parla sarà uno straniero per me. 12 Così anche voi, poiché siete desiderosi di avere doni spirituali, cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa. 13 Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare, 14 perché, se io prego in altra lingua, il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa.

In questo esempio, Paolo parla del fatto che nel mondo ci sono tantissime lingue umane diverse. Tutte quante hanno un significato per le persone che parlano quella lingua. Però, è anche vero che tutte quante non hanno alcun significato per chi non parla quella lingua. Quindi parlare una lingua che gli altri non capiscono è del tutto inutile. Non serve a nulla, a meno che non ci sia l'interpretazione per dare un senso a quelle parole. Parlare in una lingua che gli ascoltatori non capiscono non porta alcun frutto.

Voglio notare attentamente il versetto 14, per capire correttamente il suo senso. Abbiamo già visto che quando si parla in un'altra lingua, la persona che parla capisce ciò che lei stessa sta dicendo. Sono gli altri che non capiscono. E come abbiamo detto, lo scopo è di edificare gli altri. Quindi se uno fa una preghiera ricca, ma la condivide in una lingua che gli altri non capiscono, quella preghiera non edifica gli altri. Tenete questo in mente, e leggo di nuovo il versetto 14:

14 perché, se io prego in altra lingua, il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa.

Paolo qui parla di pregare in un'altra lingua. Dice poi che lo spirito ben prega. Cioè, questa persona forma una preghiera ricca nel suo cuore a Dio. Poi, prega ad alta voce, ma in una lingua che gli altri non capiscono. L'impegno che ha fatto nella sua mente nel formulare quella preghiera non edifica nessuno. E perciò, la sua mente rimane infruttuosa.

Spesso Paolo parla dell'importanza di portare frutto. Per esempio, in Colossesi 1:10 troviamo una parte della sua preghiera per i credenti. Ve la leggo:

“9 Perciò anche noi, dal giorno in cui abbiamo sentito questo, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che siate ripieni della conoscenza della sua volontà, in ogni sapienza ed intelligenza spirituale, 10 perché camminiate in modo degno del Signore, per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio,” (Colossesi 1:9-10 LND)

Paolo ha pregato affinché potessero portare frutto in ogni opera buona. In Romani 1:13 Paolo parla di portare frutto fra i credenti a Roma. Ve lo leggo:

“Ora, fratelli, io non voglio che ignoriate che molte volte mi sono proposto di venire da voi per avere anche tra voi qualche frutto, come tra gli altri gentili; ma finora ne sono stato impedito.” (Romani 1:13 LND)

Qui, Paolo parla di voler avere qualche frutto fra quei credenti. Che cosa faceva Paolo quando visitava una Chiesa? Egli usava i suoi doni spirituali per edificare i credenti. Quando i credenti vengono edificati, colui che ha parlato ha portato frutto. Anche in Efesini 5:9 si parla di portare frutto. Ve lo leggo:

“poiché il frutto dello Spirito consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità,” (Efesini 5:9 LND)

Quando lo Spirito opera tramite una persona, e i doni spirituali non sono altro che lo Spirito che opera tramite le persone, quella persona porta frutto, e quel frutto è ciò che è bontà, giustizia, e verità. L'edificazione produce bontà, giustizia, e verità degli altri. Perciò, nel nostro brano, Paolo parla del fatto che quando si prega in un'altra lingua, lo spirito fa una bella preghiera, perché dice cose belle a Dio. Ma la mente rimane infruttuosa. Tutto l'impegno che quel credente ha fatto per formulare quella preghiera non porta alcun frutto negli altri, perché gli altri non vengono edificati.

Questo non ha senso. E infatti, nel versetto 15 Paolo spiega ciò che bisogna fare anziché parlare o pregare in un'altra lingua. Leggiamo di nuovo 1Corinzi 14:15.

15 Che si deve dunque fare? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con la mente; canterò con lo spirito, ma canterò anche con la mente.

Qui Paolo dichiara che bisogna pregare con lo spirito, ma anche con la mente, cantare con lo spirito, ma anche con la mente: in parole semplici sta dicendo che bisogna usare la testa. Non devi solo pregare con il cuore a Dio, dicendo delle cose nella preghiera, ma bisogna usare anche la mente, la testa, e considerare quale lingua le persone intorno a te comprendono. Se tu preghi o canti in un'altra lingua, e gli altri non capiscono quella lingua, non serve a nulla. Perciò, bisogna usare la testa, e scegliere la lingua che gli altri capiscono quando si prega o si canta o si parla in Chiesa.

Nei versetti 16 e 17 Paolo dà un esempio di quanto sia uno spreco il parlare in un'altra lingua che gli altri non capiscono. In questo esempio parla di pregare in un'altra lingua. Leggo i versetti le 16 e 17:

16 Tuttavia, se tu lodi Dio con lo spirito, colui che occupa il posto del profano, come dirà “amen”, al tuo ringraziamento, poiché egli non comprende ciò che tu dici? 17 Infatti tu puoi anche rendere un bel ringraziamento, ma l’altro non è edificato.

Qui, Paolo descrive uno che fa una bella preghiera, che viene dal suo cuore, dal suo spirito. Paolo dice che rende un bel ringraziamento, quindi è chiarissimo che chi prega sa ciò che sta dicendo a Dio. Sta ringraziando Dio. Il problema è che non usa la mente, cioè non pensa al fatto che quella persona accanto a lui, il profano, non può capirlo. La parola profano qui significa uno che non capisce la lingua che viene usata. Non c'entra con una condizione spirituale. Quindi, se un credente fa un bel ringraziamento in una lingua che un altro non capisce, quell'altro non capendo non può dire amen, e quindi non è edificato. Questo esempio rende chiaro che non bisogna pregare in una lingua che gli altri non capiscono.

Nei versetti 18 e 19 Paolo usa se stesso come esempio per rendere chiaro che non ha senso parlare in un'altra lingua, anche se potrebbe dire 1000 cose. Leggo questi due versetti:

18 Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti. 19 Ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole in altra lingua.

In questo esempio, Paolo conosce poco di una lingua, e parla bene nell'altra. Se parla in quella lingua che conosce poco, riesce a dire poche cose, qui dice cinque parole, ma sono parole che possono istruire gli altri. E Paolo preferisce dire quelle 5 parole, piuttosto che dire 10.000 parole in un'altra lingua che gli altri non capiscono. Notate che quando Paolo usa la parola “intelligenza” qui, è la stessa parola greca che nei versetti 14 e 15 viene tradotta con “mente”. Cioè Paolo qui parla di parlare con la sua mente per istruire gli altri. In altre parole, lui deve considerare quale lingua gli altri intorno a lui capiscono, e scegliere di usare quella lingua, anche se riesce a dire meno di quanto potrebbe dire in una lingua che però loro non capiscono. Di nuovo, lo scopo è l'edificazione degli altri.

Paolo chiude questa parte del suo argomento con il versetto 20, in cui esorta i suoi lettori a considerare attentamente ciò che dice, per scegliere la via giusta. Leggo il versetto 20:

20 Fratelli, non siate bambini di senno, ma siate bambini in malizia e uomini compiuti in senno.

Paolo sta dicendo loro di non agire in modo immaturo, come bambini, ma di usare le loro teste, per agire con buon senno, con saggezza, scegliendo di usare la lingua che gli altri capiscono. Per quanto riguarda la malizia, devono essere come i bambini. In altre parole devono camminare con santità di vita. Ma non devono parlare in una lingua che gli altri non capiscono.

A questo punto, Paolo spiega qual è stato lo scopo del dono delle lingue. Cioè prima ha mostrato ai corinzi che non dovevano usare le lingue nella Chiesa, a meno che non fossero state interpretate. Adesso dimostra che il dono delle lingue aveva uno scopo molto limitato. Leggiamo i versetti 21 e 22:

21 Sta scritto nella legge: “Io parlerò a questo popolo in lingue straniere e con labbra straniere, ma neppure così mi ascolteranno,” dice il Signore. 22 Pertanto le lingue sono un segno non per i credenti, ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti, ma per i credenti.

Paolo sta citando Isaia 28:11,12. Tramite Isaia, Dio aveva preannunciato ai Giudei che avrebbe mandato un giudizio su di loro quando essi avrebbero sentito una lingua straniera. Questo avvenne quando furono attaccati dagli assiri e poi dai babilonesi. Similmente, nel giorno della Pentecoste, quando i Giudei a Gerusalemme hanno sentito i discepoli parlare a loro in altre lingue, hanno potuto capire che era arrivato il giudizio di Dio, e che, per questo motivo, avevano bisogno di ravvedersi e credere in Gesù come il Cristo per essere salvati. Quindi il parlare in altre lingue era servito come segno per quei Giudei non credenti. Era un segno che serviva solo temporaneamente. Non era qualcosa che si ripeteva. E perciò, le lingue nella Chiesa all'inizio avevano un uso temporaneo. Paolo dichiara questo per mostrare ai Corinzi che non solo le lingue non portavano frutto, ma che in realtà erano un dono che non doveva durare nel tempo. Il dono delle lingue aveva uno scopo limitato.

Poi, nei versetti 23 a 25, Paolo mostra con un altro esempio l'assurdità di avere una Chiesa in cui si parla in lingue che non vengono interpretate. Leggiamo questi versetti:

23 Se dunque, quando tutta la chiesa è riunita insieme, tutti parlano in lingue ed entrano dei profani o dei non credenti, non diranno che voi siete fuori di senno? 24 Ma se tutti profetizzano ed entra un non credente o un profano, egli è convinto da tutti, è giudicato da tutti. 25 In questo modo i segreti del suo cuore vengono palesati e così, gettandosi con la faccia a terra, adorerà Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi.

Chi entra in una Chiesa e sente parlare in tante lingue diverse, che non sono comprese nemmeno dalle stesse persone che parlano, penserebbe che sono tutti pazzi. Con questo discorso, Paolo sta riprendendo i Corinzi, perché loro facevano proprio questo. Con questo esempio Paolo sta mostrando loro l'assurdità di ciò che facevano. Invece, se loro avessero cercato di fare ciò che edifica, e quindi se anziché parlare in altre lingue avessero scelto di profetizzare, ovvero di proclamare le verità di Dio nella lingua conosciuta da tutti, allora un non credente che fosse entrato in quella chiesa sarebbe stato convinto dei suoi peccati, sentendo le verità di Dio. Avrebbe riconosciuto la presenza di Dio in mezzo a loro. Questo è un ulteriore esempio per mostrare a loro l'assurdità del loro desiderio di parlare in altre lingue.

A questo punto, Paolo chiude quella parte del suo discorso. Adesso insegna come bisogna svolgere un incontro di Chiesa quando ci sono l'adorazione e le condivisioni. Tenete in mente che a quell'epoca, visto che non c'era ancora il Nuovo Testamento, i doni iniziali erano ancora attivi. Leggiamo i versetti da 26 fino a 33. Notate che anche in questo brano Paolo mette in chiaro che tutto deve servire per l'edificazione degli altri. Leggo:

26 Che conviene dunque fare, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi, chi un salmo, chi un insegnamento, chi un parlare in altra lingua, chi una rivelazione, chi un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione. 27 Se uno parla in altra lingua, si faccia questo da due o tre al più, e l’un dopo l’altro, e uno interpreti. 28 Ma se non vi è chi interpreti, taccia nella chiesa chi parla in altra lingua, ma parli a se stesso e a Dio. 29 Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino. 30 Ma se è rivelata qualcosa ad uno che è seduto, taccia il precedente. 31 Tutti infatti, ad uno ad uno, potete profetizzare affinché tutti imparino e tutti siano incoraggiati. 32 Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, 33 perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace; e così si fa’ in tutte le chiese dei santi.

Qualche commento qui, anche se è già molto chiaro. Per quanto riguarda le lingue, anche se erano ancora valide in quell'epoca, dovevano essere usate in modo molto limitato. Il principio per noi oggi è che se qualora in chiesa ci fossero degli ospiti che parlano un'altra lingua, quegli ospiti non devono parlare se non c'è chi può interpretare, e anche se ci fosse chi può interpretare, al massimo devono parlare due o tre in un'altra lingua. Se non c'è chi può interpretare, nessuno deve parlare in una lingua sconosciuta agli altri.

Poi, parlando di chi profetizza, anche lì deve essere fatto in un numero limitato, per non creare confusione. Cioè, se quattro o cinque persone fanno lunghi insegnamenti, lunghe proclamazioni delle verità di Dio, sarebbe molto difficile per gli altri di ricordare tutto ciò che è stato detto. E perciò, di insegnamenti, o meglio dire di proclamazioni che è un termine più forte, ne bastano due o tre ad un culto. Gli altri devono giudicare, ovvero devono valutare ciò che viene detto confrontandoli con le verità di Dio nella Parola. Questo modo di fare protegge la Chiesa dall'eresia. Notate che lo scopo della profezia è che tutti imparino e tutti siano incoraggiati. In altre parole lo scopo è sempre l'edificazione.

Paolo chiude questa parte parlando della necessità di ordine perché Dio è un Dio di pace, non di confusione. Questo insegnamento e questi comandamenti non valevano solamente per i Corinzi, ma valgono per tutte le chiese dei santi. In altre parole valgono per tutte le chiese in tutto il mondo in tutta la storia.

Ora, consideriamo i versetti 34 e 35, che parlano di un altro comportamento nella Chiesa che potrebbe creare confusione.

34 Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge. 35 E se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa.

La parola tradotto qua con "tacciano" è una parola che descrive una condizione in cui uno ha paura, o grande reverenza, così grande che non riesce a parlare. E quindi, sta descrivendo una condizione in cui le donne hanno una tale reverenza e riconoscimento della presenza di Dio che non si sentono di parlare. Ricordate che in 1Corinzi 11 Paolo aveva parlato dal fatto che le donne possono pregare e profetizzare. Però, dovevano portare il velo come segno del loro ruolo di essere sotto l'autorità dei loro mariti o padri. Quindi, questo discorso è edificato su quel fondamento, mostrando che le donne devono essere molto coscienti del loro ruolo come donne, e questa loro conoscenza deve controllare il loro comportamento nella Chiesa. Devono essere estremamente riservate. In realtà, in base ad altri brani, una donna dovrebbe essere sempre molto riservata. Ma qui Paolo sta parlando del suo comportamento al culto. Non dovrebbero interrompere per fare tante domande. Sarebbe una vergogna per una donna il parlare così.

Paolo chiude questo capitolo con una forma di riprensione, riprendendo i credenti per il loro orgoglio. Ciò che dice nei versetti 36 a 38 è una ammonizione a chi non voleva accettare il suo insegnamento. Leggo questi versetti:

36 E la parola di Dio proceduta da voi o è essa pervenuta a voi soli? 37 Se uno si stima essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che vi scrivo sono comandamenti del Signore. 38 E se uno lo vuole ignorare, lo ignori.

Paolo riprende il loro orgoglio, e dice che se uno non vuole seguire i comandamenti di Paolo qui, ovvero se uno ignora le verità che insegna, quella persona deve essere ignorata. In altre parole, i credenti non devono dare ascolto o retta a quella persona. Questo principio rispecchia altri insegnamenti che comandano di non accettare chi crea divisioni.

Paolo chiude questo capitolo ripetendo il suo insegnamento principale. Ripete l'insegnamento di cercare ardentemente il profetizzare, senza impedire il parlare in lingue, ma che ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine. Leggiamo i versetti 39 e 40:

39 Perciò, fratelli miei, cercate ardentemente il profetizzare e non impedite di parlare in lingue. 40 Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine.”

Conclusione

Prego che da questo studio, abbiamo visto ancora l'importanza di studiare attentamente un capitolo per capire correttamente il suo senso.

Prego che abbiamo visto più che mai l'importanza di impegnarci ad edificare gli uni gli altri. Questo è l'amore. Questo porta bene alla chiesa, gloria a Dio, e ci permette di avere una vita che vale.

Impegniamoci a fare tutto per edificare gli uni gli altri. Grazie a Dio per quello che Egli fa per noi in Cristo.