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La necessità di perdonare - Matteo 18:21-35

filename: 40-18-f.doc di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org - 40-18-f.05f sermone sul Matt. 18:21-35 di Marco deFelice, per RO, 12 giugno, 2005
Un sermone che parla della necessità di perdonare coloro che ci feriscono.

vv. 1-20 ripasso

Oggi, riprendiamo lo studio del Vangelo di Matteo. Vogliamo considerare un brano che tratta di qualcosa che riguarda da vicino la vita di ciascuno di noi. Vogliamo considerare l’insegnamento di Cristo in Matteo 18:21-25 sulla necessità di perdonare. Come sempre, ci serve capire il suo contesto per capirlo meglio.

la domanda di Pietro

Il contesto dell’insegnamento di oggi è tutto quello che Gesù disse prima in Matteo 18. Finora nel capitolo, Gesù ha insegnato quanto ogni credente è prezioso a Dio, e quindi, quanto dovrebbe essere prezioso anche a noi. Poi, nei vv.15-18, spiega come agire quando un fratello pecca contro di noi. Lo scopo in quel caso non è di riuscire ad ottenere i nostri diritti, ma è di guadagnare il fratello.

Pietro aveva capito che bisogna perdonare gli altri che peccano contro di noi. Però, a lui sembrava un insegnamento pesante. Leggiamo, nel v.21, la domanda che Pietro fece a Gesù.

Allora Pietro si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?»” (Mat 18:21 )

Pietro voleva sapere fino a quante volte si deve perdonare un fratello. Stava cercando un limite, in modo da poter seguire la regola precisamente, per potersi così sentire a posto.

Amici, se consideriamo attentamente l'atteggiamento di Pietro, possiamo immedesimarci in lui. Pietro non stava pensando minimamente al bene del suo fratello, ma al suo dovere. Stava pensando anche ai suoi diritti. La sua domanda è come se avesse chiesto: fino a quando, o Gesù, devo sopportare un fratello che mi dà tanto fastidio, che ha peccato contro di me?

È ovvio che Pietro non stava considerando il fratello come prezioso, e quindi, non aveva ancora capito l’insegnamento di Gesù in cui Egli mostra quanto ogni credente sia prezioso a Dio, e quindi quanto dovrebbe essere prezioso anche a noi. Pietro stava solo cercando di capire la regola, in modo da sentirsi a posto una volta adempiuta.

Per capire meglio questa domanda di Pietro, ricordiamo che Gesù, Pietro e tutti gli altri discepoli erano Giudei. I Giudei in quel tempo insegnavano che uno doveva perdonare un suo fratello fino a tre volte. Allora, Pietro, avendo capito qualcosa dall’insegnamento di Gesù, raddoppiò quel numero, e poi aggiunse ancora una volta: e così chiese se avrebbe dovuto perdonare un suo fratello fino a sette volte. Probabilmente Pietro immaginava che Gesù lo avrebbe visto estremamente pieno di bontà per aver detto sette volte. Probabilmente Pietro si aspettava una parola di approvazione per la sua generosità. Invece, la risposta di Gesù fu un insegnamento inaspettato ed incredibile. Infatti, qui, ancora una volta vediamo che le vie del Signore sono infinitamente al di sopra delle vie dell’uomo.

la risposta di Gesù

Ascoltiamo la risposta di Gesù:

Mat 18:21,22 Allora Pietro si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?» E Gesù a lui: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

Pietro pensava di essere stato molto buono essendosi offerto di perdonare fino a sette volte. Invece, la risposta di Gesù fu: non sette volte, ma settanta volte sette.

Matematicamente, settanta volte sette equivale a 490 volte, ma in realtà, è solo un modo di dire che significa senza contare. In altre parole, dobbiamo perdonare senza contarne il numero delle volte. Dobbiamo perdonare finché c'è bisogno.

Con questa risposta, vediamo che ciò che importa a Dio è il nostro cuore. Cercare di seguire le regole in modo fiscale, senza avere l’amore per il fratello nel nostro cuore, equivale a sbagliare tutto. Dio desidera che abbiamo un cuore che rispecchia il cuore di Gesù Cristo.

Immagino che questa risposta abbia sconvolto Pietro e gli altri apostoli. Posso immaginare i loro pensieri: Signore, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Ma veramente dobbiamo perdonare un fratello se ripetutamente pecca contro di noi? Dai Signore, quello è esagerato! Cioè, quanta pazienza pretendi da noi? Un fratello che pecca contro di me più di qualche volta non merita più il perdono! Non so se loro veramente abbiano pensato così, ma immagino di sì, perché so che noi pensiamo così!

Nella nostra carne, alla luce del nostro orgoglio, ci è difficile accettare il fatto che dobbiamo perdonare senza nemmeno tener il conto delle volte che lo facciamo.

Gesù, che conosce i nostri cuori, sapeva che il suo insegnamento sarebbe stato considerato esagerato. Perciò, per aiutarci a capire che è necessario avere un cuore che è pronto a perdonare, raccontò una parabola.

la parabola vv.23-25

E Gesù a lui: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. 23 Perciò il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti. 25 E poiché quello non aveva i mezzi per pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato.” (Matteo 18:23-25 NRV)

Questa parabola spiega, molto chiaramente, perché è necessario, giusto e ragionevole che noi ci perdoniamo gli uni gli altri senza tenere conto del numero di volte che abbiamo già perdonato. Consideriamo attentamente questa parabola, che ci mostra il cuore che dobbiamo avere.

il primo debitore

Questo signore aveva un servo con un debito enorme da dovergli restituire. Il debito era di 10.000 talenti, una cifra quasi inconcepibile.

Un talento era uguale a 60 mine, e una mina era uguale a 100 dracme. Una dracma era lo stipendio di un operaio per una giornata di lavoro.

In altre parole: un talento era uguale a 6.000 giorni di lavoro. Se di conta una settima lavorativa di 6 giorni, e tenendo conto di 2 settimane all’anno di ferie, in un anno ci sono 300 giorni lavorativi. Allora, UN talento era uguale a 6.000: 300 = 20, cioè UN talento equivaleva a 20 anni di lavoro. Un talento era lo stipendio di un operaio normale per 20 anni. Quindi, anche solo UN Talento era una cifra enorme,che una persona normale non sarebbe mai riuscita a pagare. Ma il debito di questo servo non era solamente di un talento. Questo servo aveva un debito di 10.000 talenti! Era assolutamente impossibile che lui sarebbe riuscito a pagare il suo debito.

Notiamo quello che fece il servo, e soprattutto, notiamo la risposta del padrone.

23 Perciò il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti. 25 E poiché quello non aveva i mezzi per pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato. 26 Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: “Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto”. 27 Il signore di quel servo, mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

Questo servo aveva un debito che gli era impossibile ripagare, e quindi, considerando le sue possibilità economiche, egli era totalmente senza speranza. Perciò, stava per essere venduto come schiavo.

Il servo però chiese al suo signore una cosa veramente assurda: 26 Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: “Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto”.

Si mise in una posizione di umiltà, e chiese pazienza in modo da aver dell'altro tempo per poter riuscire a pagare tutto. Amici, quel servo non sarebbe mai riuscito a pagare tutto, non sarebbe riuscito a pagare neanche una piccola parte. Anche se avesse potuto vivere per 1.000 anni, non avrebbe mai potuto pagare quel debito. Quindi, era assurdo che quel servo chiedesse al suo padrone di essere paziente, perché non avrebbe mai potuto pagare un debito così grande.

Il suo signore sapeva bene che gli era impossibile riuscire di ripagare il debito. Quindi, offrire a quel servo pazienza era inutile. Quello che fece fu incredibile. Il signore gli condonò il debito totalmente.

Per capire la grandezza di questo atto, dobbiamo tenere in mente che il fatto che il servo aveva un debito nei confronti del signore significa che quell'uomo aveva fatto un enorme danno al suo signore. Cioè, quel servo aveva rotto o preso ingiustamente dal suo signore qualcosa di immenso valore, creando così un danno grandissimo al suo padrone e per questo motivo il servo si era indebitato.

Quindi, per quel signore condonare il debito del servo equivaleva a perdere tutti quei soldi subendo perciò lui stesso il danno di quel debito. Anziché punire questo servo, il signore prese il peso del debito sulle proprie spalle. Questo è il costo di condonare un debito.

Capendo questo, possiamo capire che condonare quel debito fu un atto di immensa compassione e misericordia.

Per quanto il debito fosse immenso, anzi, inconcepibile, la compassione fu ancora più grande. Vediamo in questo suo atto di misericordia il grande cuore di questo signore.

Però, la storia non finisce là. Gesù continuò il racconto, per mostrarci il cuore del servo ed un altro attributo di questo signore.

Nonostante quanto il condono del debito fosse stato un atto di immensa bontà e misericordia, il cuore di questo servo non cambiò. Anche se aveva ricevuto una grazia immensa, egli continuò ad avere un cuore duro. Leggiamo quello che successe subito dopo che il servo venne graziato. Oppure dopo che al servo fu condonato il debito.

come trattò il suo conservo

Leggiamo Matteo 18:28-30

28 Ma quel servo, uscito, trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari; e, afferratolo, lo strangolava, dicendo: “Paga quello che devi!” 29 Perciò il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me, e ti pagherò”. 30 Ma l’altro non volle; anzi andò e lo fece imprigionare, finché avesse pagato il debito.

Il servo uscì dalla presenza del suo signore, avendo appena ricevuto un dono di immenso valore. Il suo signore aveva usato immensa pietà con lui, condonandogli un debito così grande che sarebbe mai stato in grado di pagare.

Uscendo, quel servo trovò un conservo che gli doveva cento denari. Proprio come egli aveva fatto con il suo signore, questo conservo gli chiese di aver pazienza, promettendo di pagargli tutto.

La situazione era simile a quella che il primo servo aveva appena passato. Però, c’è una differenza enorme. Il primo servo aveva un debito infinito con il suo signore, che non sarebbe mai riuscito a pagare.

Invece, questo conservo aveva un debito molto piccolo, di solo cento denari, che equivale a 4.000 Euro di oggi. È una cifra che uno potrebbe pagare senza grossi problemi, con un po’ di pazienza. E infatti il conservo gli chiese proprio di aver pazienza, promettendogli che avrebbe pagato tutto.

In un caso normale, il servo avrebbe dovuto avere pazienza con il suo conservo. Però, questo non era un caso normale. A quel servo era appena stato condonato un debito immenso. Aver pazienza con il suo conservo sarebbe stato un atto misero, alla luce della pietà che aveva appena ricevuto. Visto che lui aveva ricevuto un condono così immenso, incalcolabile, come avrebbe potuto non offrire pazienza, anzi, come avrebbe potuto non condonare subito anche lui questo piccolo debito al conservo, considerando che quel debito non era minimamente paragonabile a quello che gli era stato appena condonato?

Se avesse avuto un cambiamento di cuore, quel servo avrebbe agito proprio così. Però, nonostante la grazia immensa che gli era stata data, il suo cuore era ancora duro. Perciò, non solo non perdonò il conservo ma non gli diede nemmeno il tempo che gli serviva per poterlo ripagare. Anzi, se ne andò subito e lo fece imprigionare. Tolse quel conservo dalla sua famiglia e, avendolo imprigionato e non potendo perciò lavorare, quel servo malvagio lo mise in condizione di non riuscire più a pagare quel debito. Tutto questo per una piccola somma, senza considerare che a lui era stata appena condonata una cifra inconcepibile.

Che cosa vediamo nel suo comportamento? Vediamo la malvagità del suo cuore. Notiamola bene, perché è proprio ciò che il suo signore notò.

la reazione del Signore

In questa parabola, il Signore di questi servi era ben informato di quello che succedeva nel suo regno. Leggiamo il resto della parabola per scoprire la sua reazione. Con questa parabola, Gesù ci sta mostrando un altro attributo di Dio.

Matteo 18:31-34 31 I suoi conservi, veduto il fatto, ne furono molto rattristati e andarono a riferire al loro signore tutto l’accaduto. 32 Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; 33 non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?” 34 E il suo signore, adirato, lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva.

Quando il Signore sentì dell'accaduto, chiamò subito il servo. Il comportamento del servo rivela un cuore malvagio, e dimostra che non si era mai veramente ravveduto per l’immenso debito e quindi per l'immenso danno che aveva causato al suo signore. Quando si gettò a terra davanti al signore, quell'azione non era un frutto di vero ravvedimento, ma quel servo agì così perché non voleva subire la punizione per il suo enorme debito. Tutto questo è diventato visibile dal suo comportamento con il suo conservo.

Il suo signore gli spiegò quello che avrebbe dovuto fare con il conservo. In base alla misericordia immensa che aveva ricevuto dal signore, quel servo avrebbe dovuto avere misericordia per il suo conservo. Cioè, alla luce dell'immenso condono che aveva ricevuto, anche lui avrebbe dovuto condonare subito il suo conservo.

Notiamo attentamente le parole del suo signore: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?”

Il principio che troviamo qui è estremamente importante per noi, ed è fondamentale per avere il perdono di Dio. Dio comanda che chi riceve pietà da Lui, deve avere pietà verso gli altri.

Infatti, se uno ha un cuore veramente ravveduto, e veramente cambiato, sarà pronto ad avere pietà per gli altri, così come è stato pronto a ricevere pietà da Dio. Perciò quel tale perdonerà prontamente gli altri perché capirà la grandezza del perdono che ha ricevuto.

Chi non vuole perdonare gli altri, dimostra che non è veramente ravveduto, e allora non riceve il perdono di Dio.

Visto che questo servo malvagio non aveva un cuore cambiato, il signore lo condannò. Infatti venne messo nelle mani degli aguzzini fino a quando non avrebbe pagato tutto il debito. Ma visto che era impossibile che riuscisse a pagare il debito, questo significa che quel servo fu punito per sempre.

Dobbiamo perdonare gli altri

Con questa parabola, Gesù ci insegna la nostra necessità di perdonare gli altri, visto che siamo stati perdonati da Dio. Ascoltiamo come Gesù stesso interpretò questa parabola:

Matteo 18:35 Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello».

Gesù dichiarò, in modo inequivocabile, che Dio manderà in tormento eterno chiunque non perdona suo fratello. Cioè, se uno si dichiara credente, ma rifiuta di perdonare un fratello, si troverà a non essere perdonato da Dio, e sarà consegnato per tutta l’eternità nel lago di fuoco per scontare il debito del proprio peccato.

Allora, dobbiamo assolutamente perdonare coloro che peccano contro di noi. Se non perdoniamo gli altri, dimostriamo un cuore che non è veramente ravveduto.

la base sulla quale perdoniamo

È importante capire perché è essenziale perdonare gli altri. Il nostro perdono è un frutto di aver veramente capito la grandezza del nostro debito con Dio, è un frutto dell’essere veramente ravveduti, e di aver capito il valore del sacrificio di Cristo come unico modo di pagare il nostro debito.

In questa parabola, per descrivere il debito del primo servo, Gesù usò una cifra così grande da essere perfino difficile da comprendere, per aiutarci a capire quanto ogni nostro peccato è una grave offesa a Dio. Il nostro debito nei confronti di Dio è così immenso che non riusciremmo mai a finire di pagarlo. Infatti, il debito del nostro peccato è così terribile che ci condanna ad un’eternità di tormento, separati da Dio, senza alcuna speranza.

È inutile chiedere pazienza, perché anche tutta l’eternità non ci basterebbe per pagare il nostro debito.

Nella parabola, il signore fu mosso dalla compassione, e condonò il debito del servo. In altre parole, il signore della parabola prese su di sé il peso di quella cifra.

Nella realtà, Dio è stato mosso a compassione, ed ha mandato Gesù Cristo a pagare il nostro debito, che ci era impossibile pagare da soli.

Quando la salvezza è vera, lo Spirito Santo apre gli occhi della persona a vedere l’immensità del proprio debito con Dio, e così, a vedere la grandezza del perdono in Cristo. Un cuore così è umile perché sa di vivere per grazia.

Noi con i nostri debitori

Uno che ha ricevuto un perdono così immenso, che è stato comprato ad un prezzo così alto, cioè con il sacrificio di Gesù Cristo, sarà pronto a perdonare coloro che peccano contro di lui.

Infatti, ciò che Gesù vuole insegnarci è che se siamo veramente perdonati da Dio, dobbiamo, assolutamente e senza eccezioni, perdonare gli altri. Dobbiamo perdonarli di cuore.

Perdonare gli altri non è un semplice suggerimento. Non è qualcosa a cui mirare come traguardo futuro. È una parte fondamentale della vera salvezza.

Dobbiamo perdonare.

Certamente, so che delle volte è molto, molto difficile perdonare.

Però, quando ci è difficile perdonare, significa che stiamo guardando nella direzione sbagliata.

Chi è veramente salvato dovrebbe sempre ricordare la grandezza del proprio debito con Dio, dovrebbe ricordare che quel debito è stato pagato con il sacrificio di Gesù Cristo. Un vero credente dovrebbe sempre essere meravigliato della propria salvezza. Dovrebbe avere un cuore colpito dall’immensità del perdono che ha ricevuto da Dio.

Infatti, NON stimare il perdono per mezzo di Cristo come la cosa più immensa e preziosa mette in dubbio la realtà della salvezza.

Allora, quando un credente vive meravigliato della grandezza del perdono che ha in Cristo, e poi, un’altra persona pecca contro di lui, per quanto grande quel male possa essere, il vero credente dovrebbe vederlo alla luce del proprio peccato contro Dio, e così, non potrà far altro che perdonare.

Perdonaregli altri diventa sempre possibile quando si riconosce che il proprio peccato contro Dio è infinitamente peggio di qualsiasi peccato che si potrebbe mai subire dagli altri. Il debito degli altri verso di noi non è mai paragonabile al nostro debito nei confronti di Dio.

Alla luce del perdono che abbiamo ricevuto da Dio, dobbiamo assolutamente perdonare gli altri.

la domanda di Pietro

Alla luce di queste verità, consideriamo la domanda di Pietro. Quante volte dobbiamo perdonare il nostro fratello che pecca contro di noi?

Pietro voleva una regola, qualcosa che poteva seguire. Gesù gli mostrò, ed ha mostrato anche a noi, che non dobbiamo tener conto delle volte che lo facciamo. Non dobbiamo tenerne il conto, perché non potremo mai nemmeno avvicinarci alla grandezza del perdono che noi abbiamo ricevuto e che riceviamo da Dio.

Alla luce del perdono immenso che noi abbiamo ricevuto da Dio, e che continuiamo a ricevere da Dio ogni giorno, come dobbiamo trattare i nostri debitori, coloro che peccano contro di noi? La risposta è chiara: dobbiamo perdonare senza contarne il numero delle volte.

Dobbiamo perdonare gli altri, volta dopo volta, così come anche noi abbiamo bisogno continuamente del perdono di Dio.

Dobbiamo perdonare senza tenerne il conto, e dobbiamo perdonare “di cuore”.

Dio guarda il nostro cuore. Dobbiamo perdonare di cuore, non solo con le nostre parole, ma realmente nel nostro cuore.

Se fissiamo i nostri pensieri sull’offesa che abbiamo subito, perdonare di cuore ci diventa difficile. Se invece fissiamo i nostri pensieri sulla grandezza del perdono che NOI abbiamo ricevuto da Dio, allora perdonare gli altri di cuore ci diventerà facile.

Quindi, dobbiamo perdonare di cuore, e ci riusciremo solamente se fisseremo i nostri pensieri sul perdono che noi abbiamo ricevuto da Dio.

Ricordatevi l’insegnamento nella preghiera del PadreNostro:

Matt. 6.12 rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori;

un esempio

Vi racconto due esempi di cosa vuol dire perdonare di cuore.

Il primo esempio è quando Gesù era appeso sulla croce. I soldati Lo avevano trattato con tanto odio e cattiveria. Lo avevano schernito e disprezzato. Lo avevano frustato e bastonato. Eppure, là, appeso sulla croce, Gesù pregò:

Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno».” (Luca 23:34 NRV)

Certamente i soldati sapevano che il loro comportamento era malvagio. Però, non capivano fino in fondo tutto quello che facevano. E Gesù fu pronto a perdonarli, anzi, chiese al Padre di perdonarli, nonostante che questi soldati non avessero nemmeno chiesto perdono. Questo è il tipo di perdono che dobbiamo avere per gli altri.

Vi leggo un altro esempio. Poco dopo l’inizio della Chiesa a Gerusalemme, i Giudei cominciarono a perseguitare i credenti. Stefano, uno dei sette uomini che erano riconosciuti come pieni dello Spirito Santo, fu arrestato per la sua testimonianza di Gesù. I Giudei lo uccisero, senza processarlo, con tanto odio. Voglio notare quello che egli disse appena prima di morire, mentre lo stavano lapidando. Vi leggo da Atti 7, che ci descrive il modo in cuii giudei lo uccisero.

54 Essi, udendo queste cose, fremevano di rabbia in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. 55 Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra, 56 e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio». 57 Ma essi, gettando grida altissime, si turarono gli orecchi e si avventarono tutti insieme sopra di lui; 58 e, cacciatolo fuori dalla città, lo lapidarono. I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. 59 E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». 60 Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputar loro questo peccato». E detto questo si addormentò.” (Atti 7:54-60 NRV)

Questi uomini non chiesero perdono a Stefano, ma lui li perdonò, e non solo, Stefano chiese a Dio di non imputare loro questo peccato. Quello che vediamo del cuore di Stefano è un esempio del tipo di cuore che dobbiamo avere noi. Questo esempio ci è estramemente utile per capire come si deve perdonare di cuore.

Possiamo perdonare di cuore, se ricordiamo che il debito degli altri verso di noi è piccolissimo se lo paragoniamo al debito che avevamo noi nei confronti di Dio, che è stato cancellato per misericordia da Dio stesso.

Considerare i debiti degli altri come troppo grandi da poter perdonare equivale a disprezzare l’opera di Cristo per noi.

Quindi, perdoniamo, di cuore, chiunque pecca contro di noi. Non teniamo conto di quante volte abbiamo perdonato, perché quello dimostra che il nostro perdono non è di cuore. Perdoniamo, perché siamo stati perdonati.

Questo non è un suggerimento. Il perdono è una parte della vera salvezza. Chi non perdona gli altri di cuore, non sarà perdonato da Dio.

Se stai avendo difficoltà a perdonare qualcuno, gettati ai piedi di Gesù, e non smettere di pregare finché non hai avuto un cambiamento di cuore.

Soprattutto, preghiamo che possiamo comprendere sempre di più l’immensità del perdono che abbiamo ricevuto in Gesù Cristo. Così, possiamo veramente gioire della nostra salvezza!