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Lezioni da Giobbe, da 32 a 37: le sofferenze servono

Studio di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org per mercoledì, 21 aprile, 2010 ---- cmd na -----
Parole chiave: Giobbe, sofferenze, l'intelligenza di Dio.

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Vogliamo continuare a considerare il libro di Giobbe, libro difficile da capire, ma ricco di lezioni spirituali.

Nell'ultimo studio condotto su questo libro abbiamo visto che i tre amici di Giobbe insegnano che, in sostanza, la sofferenza è una punizione per il peccato e il benessere è un premio per una vita di giustizia. Questa affermazione è falsa perché vuol significare che le benedizioni di Dio si possono meritare. Infatti Dio condanna severamente questi tre uomini per la loro falsa dottrina. Perciò dobbiamo ricordare che il pensiero che, se camminiamo bene avremmo una vita piena di benedizioni terrene, è un falso pensiero. Le benedizioni terrene non sono legate al merito dell'uomo ed è proprio per questo che, nel Salmo 73, Asaf è molto turbato, vedendo che spesso i malvagi stanno meglio per quanto riguarda le benedizioni terrene, degli gli uomini che temono Dio.

Giobbe si difende da loro, mostrando che, in tutto il mondo, ci sono malvagi che stanno bene e uomini giusti che soffrono. Giobbe dichiara questo in conclusione di una delle sue risposte a loro :

“29 Non avete interrogato quelli che viaggiano e non riconoscete i loro segni? 30 I malvagi infatti sono risparmiati nel giorno della distruzione e sono portati in salvo nel giorno dell’ira.” (Giobbe 21:29-30 LND).

Qui Giobbe non sta parlando del giorno del giudizio di Dio, ma del giorno dell'ira per quanto riguarda le cose brutte che succedono sulla terra. Perciò l'argomento di questi uomini in base al quale i giusti godono di una bella vita come premio mentre i malvagi subiscono le sofferenze non è secondo verità.

Però, pur avendo dimostrato a questi amici che la sofferenza non è necessariamente un castigo per il peccato, Giobbe non poteva dire da dove veniva la sofferenza, specificamente la sua sofferenza. Questo turbava Giobbe. Egli voleva capire perché stava soffrendo. Giobbe sapeva che Dio è in controllo, non dubitava riguardo a questa verità. Ma non capiva perché esisteva la sofferenza per i giusti, soprattutto la sua!

Tristemente, tanti credenti arrivano allo stesso punto cui è arrivato Giobbe. Sanno che Dio è in controllo, sanno che Dio è giusto e sapiente. Sanno che, nel giudizio finale, tutto sarà messo a posto e che ci sarà l'eternità intera da godere in cielo nell'amore di Dio per chi è in Cristo Gesù. Sanno che dobbiamo confidare in Dio anche quando non comprendiamo. Tutto questo è giusto e buono. Però, il libro di Giobbe ci mostra ancora di più. Ci mostra che Dio ha i suoi scopi, scopi buoni, quando soffriamo, anche se non lo comprendiamo e non riusciamo a capire perché Dio opera in un certo modo.

Elihu

A partire dal capitolo 32, entra in scena un personaggio nuovo, Elihu. Il suo discorso è ben diverso da quello degli altri. In fin dei conti, ciò che egli sostiene è che le sofferenze dei giusti non sono un segno della punizione di Dio, ma piuttosto del Suo amore. Esse non rappresentano l'inizio della distruzione di un credente da parte di Dio, ma piuttosto la protezione dalla distruzione.

Anche se quello che Elihu dice rispecchia in qualche punto quello che dicono gli altri amici di Giobbe, in realtà il suo messaggio è molto diverso dal loro. Infatti egli condanna sia quello che Giobbe aveva detto, sia quello che i suoi amici avevano detto.

Leggo l'introduzione del suo discorso, introduzione che troviamo in Giobbe 32:1-3:

“1 Allora questi tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perché egli si riteneva giusto. 2 Ma l’ira di Elihu, figlio di Barakel, il Buzita, del clan di Ram, si accese contro Giobbe; la sua ira si accese, perché questi riteneva giusto se stesso anziché DIO. 3 La sua ira si accese anche contro i suoi tre amici, perché non avevano trovato la giusta risposta, sebbene condannassero Giobbe.” (Giobbe 32:1-3 LND).

Notate che quello che Elihu ha da dire è diverso da quello che è stato detto finora.

È importante notare che Giobbe non combatte quello che Elihu dichiara, come aveva fatto con gli altri tre uomini. Da questo possiamo comprendere che Giobbe capiva che le parole di Elihu erano giuste.

È anche importante notare che Dio non rimprovera Elihu come rimprovera gli altri tre amici. Anche da questo possiamo capire che le parole di Elihu non erano sbagliate come le parole di questi tre amici.

Notiamo pure che le parole di Elihu danno una spiegazione che gli altri non davano. Quindi, il suo discorso ci prepara al discorso che Dio fa a Giobbe negli ultimi capitoli.

Analizzando il discorso di Elihu, vediamo che egli riconosce aspetti del discorso di Giobbe in cui Giobbe aveva sbagliato ed anche altri in cui si vede orgoglio e arroganza nell'atteggiamento di Giobbe. Come esempi di questo, vi leggo alcuni versetti dal discorso di Elihu:

“16 Allora egli apre le orecchie degli uomini e sigilla gli ammonimenti che dà loro, 17 per distogliere l’uomo dalle sue azioni e tener l’uomo lontano dalla superbia.” (Giobbe 33:16-17 LND).

Qui Elihu dichiara che uno scopo degli ammonimenti e delle sofferenze da parte di Dio è quello di tenere l'uomo lontano dalla superbia. Ricordiamo che, anche se Giobbe era un uomo giusto ed integro, comunque era un peccatore. Infatti, spesso noi non riconosciamo da soli i nostri peccati se non in momenti di grandi prove ed afflizioni. Quindi le sofferenze possono servire per tenere l'uomo lontano dalla superbia. Questo è esattamente il punto che troviamo in quello che l'apostolo Paolo ha scritto in 2Corinzi 12. Dopo aver parlato dell'immenso privilegio che aveva ricevuto per aver avuto una visione del cielo, Paolo spiega come Dio lo ha protetto dall'insuperbirsi. Leggo le parole di Paolo:

“7 Inoltre, affinché non m’insuperbisca per l’eccellenza delle rivelazioni, mi è stata data una spina nella carne, un angelo di Satana per schiaffeggiarmi affinché non m’insuperbisca. 8 A questo riguardo ho pregato tre volte il Signore che lo allontanasse da me. 9 Ma egli mi ha detto: "La mia grazia ti basta, perché la mia potenza è portata a compimento nella debolezza". Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me.” (2Corinzi 12:7-9 LND).

Le sofferenze possono servire per proteggerci dalla superbia o per farci riconoscere della superbia che altrimenti rimarrebbe nascosta. Elihu aveva capito questa verità.

In Giobbe 35:12, Elihu vuol far intendere chiaramente che Giobbe aveva superbia:

“Così si grida, ma egli non risponde a motivo della superbia dei malvagi.” (Giobbe 35:12 LND).

Ancora, in Giobbe 36:9, Elihu dichiara che Dio usa le sofferenze per mostrare la loro superbia agli uomini:

“allora mostra loro le opere loro e le loro trasgressioni, perché si sono insuperbiti.” (Giobbe 36:9 LND).

Poi, in 33:8-12, Elihu dichiara chiaramente che Giobbe aveva sbagliato, dichiarando la sua assoluta innocenza e quindi volendo dire con questo che Dio era ingiusto nell'averlo fatto soffrire. Leggo le parole di Elihu a Giobbe in Giobbe 33:8-12:

“8 Tu però hai detto alle mie orecchie, e ho udito il suono delle tue parole, che dicevano: 9 "Io sono puro, senza peccato, sono innocente, non c’è in me alcuna colpa. 10 Ma Dio trova contro di me motivi di ostilità e mi considera suo nemico; 11 pone i miei piedi nei ceppi e osserva tutti i miei passi". 12 Ebbene, io ti dico che in questo non hai ragione, perché Dio è più grande dell’uomo.” (Giobbe 33:8-12 LND).

In effetti, Giobbe, con la sua dichiarazione, presenta se stesso come giusto anziché mettere l'enfasi sulla giustizia di Dio. Inoltre la sua posizione ignora la grazia di Dio nella sua vita. Per questo motivo la posizione di Giobbe era molto sbagliata. Certamente Giobbe era un uomo giusto, ma dichiarare che era assolutamente puro e innocente e che non esisteva alcuna colpa in lui non era la verità. C'era un residuo di orgoglio nella sua vita, residuo che era rimasto invisibile finché non sono arrivate questi terribili sofferenze.

Perciò, se consideriamo il messaggio di Elihu, vediamo che egli stava dichiarando che lo scopo della sofferenza nella vita dei giusti è di salvarli, salvarli dal loro stesso orgoglio e quindi dalla punizione da parte di Dio. In questo modo, Elihu presenta Dio non come un giudice arrabbiato, ma come il Redentore, il Salvatore, come Colui che cura l'uomo. Il dolore fa parte della cura di Dio, non è una punizione.

Elihu ci spiega che i giusti comunque peccano. Il fatto che Giobbe fu chiamato giusto ed integro non vuol dire che era senza peccato. Dio stesso dichiara Giobbe giusto ed integro, come abbiamo letto nel capitolo uno e due. Giobbe ha vinto, per modo di dire, la discussione con i tre amici perché aveva una vita giusta ed integra. Eppure, alla fine del libro, Giobbe si ravvede profondamente. Perciò, mentre da un certo punto di vista Giobbe era giusto, allo stesso tempo continua ad avere del peccato nel profondo del cuore e le parole di Elihu lo mettono in mostra chiaramente.

Un punto del discorso di Elihu è che i giusti soffrono perché, tramite la sofferenza, Dio li aiuta a riconoscere il peccato che ancora rimane in loro, in modo che possano ravvedersi e diventare più giusti. Infatti, più una persona è giusta, più servono sofferenze e difficoltà per far uscire il peccato che rimane ancora in loro.

La sofferenza ci fa del bene. Questo è il punto del salmista nel Salmo 119:71. Ve lo leggo:

“È stato bene per me l’essere stato afflitto, perché imparassi i tuoi statuti.” (Salmo 119:71 LND).

In realtà, la sofferenza è una parte essenziale della nostra santificazione. È il fuoco di Dio che purifica l'oro della nostra fede, come leggiamo in 1Pietro 1:6-9:

“6 A motivo di questo voi gioite anche se al presente, per un po' di tempo, dovete essere afflitti da varie prove, 7 affinché la prova della vostra fede, che è molto più preziosa dell’oro che perisce anche se vien provato col fuoco, risulti a lode, onore e gloria nella rivelazione di Gesù Cristo, 8 che, pur non avendolo visto, voi amate e, credendo in lui anche se ora non lo vedete, voi esultate di una gioia ineffabile e gloriosa, 9 ottenendo il compimento della vostra fede, la salvezza delle anime.” (1Pietro 1:6-9 LND).

Quanto è importante comprendere che le sofferenze per i giusti non sono una punizione, piuttosto sono il fuoco che raffina e purifica il credente. Le sofferenze purificano dal peccato e aiutano il credente a non peccare.

In Giobbe 36:13-16, Elihu spiega uno degli scopi che Dio ha nel mandare la sofferenza nella vita di un giusto. Per capire questi versetti, dobbiamo capire che è Elihu sta parlando di due gruppi diversi di persone: nei versetti 13,14, egli sta parlando degli empi mentre, nel versetto 15, sta parlando dei giusti che soffrono. Leggiamo Giobbe 36:13-15:

“13 Ma gli empi di cuore accumulano ira, non gridano in cerca di aiuto, 14 così muoiono ancora giovani e la loro vita finisce tra i sodomiti. 15 Dio libera gli afflitti mediante la loro afflizione e apre i loro orecchi mediante la sventura.” (Giobbe 36:13-15 LND).

Gli empi non traggono alcun beneficio dalle sofferenze. Invece al contrario di loro, i giusti traggono immenso beneficio dalle sofferenze perché i loro occhi vengono aperti ed essi vengono liberati, per opera di Dio, da tutto ciò che a Lui non è gradito. Perciò, tramite le sofferenze, i giusti imparano a conoscere sempre di più della preziosa cura di Dio ed imparano a capire meglio la realtà della vita e dell'eternità.

Applicando tutto questo a Giobbe, è chiaro che Dio amava Giobbe e le sofferenze che gli ha inflitto non erano una punizione, piuttosto facevano parte del Suo piano perfetto per la vita di Giobbe.

Infatti vediamo che, nel caso di Giobbe, le sofferenze hanno reso visibile l'orgoglio in lui che prima era invisibile. Questo lo ha portato al ravvedimento e perciò è stato un prezioso passo di crescita della sua vita.

Qui troviamo una delle lezioni principali che abbiamo per noi stessi e che è insita nel libro di Giobbe. Impariamo che i figli di Dio, coloro che hanno vera fede in Dio e sono guidati dallo Spirito Santo, coloro i cui peccati sono stati perdonati per mezzo sacrificio di Gesù Cristo, possono soffrire, delle volte soffrire terribilmente. Però, quando un vero figlio di Dio soffre, non è a causa di una punizione per il suo peccato, in quanto Gesù ha preso su di sé tutto la punizione per il peccato.

Piuttosto, la sofferenza fa parte della grazia di Dio. Mi spiego meglio: tutta la salvezza è per grazia. La salvezza inizia con la libera scelta di Dio prima della creazione del mondo, quando ha scelto chi avrebbe salvato. Poi, al momento giusto durante la nostra vita, Dio ci ha vivificati, di nuovo tutto per grazia. Ci ha giustificati per mezzo della fede, ancora per grazia. Ora Dio ci sta santificando, sempre per grazia, in modo da presentarci davanti a Se stesso santi e immacolati. Per santificarci, Dio si serve delle sofferenze.

Le sofferenze che arrivano nella nostra vita non arrivano per caso, arrivano in modo preciso ed esatto, scelte specificamente da Dio nella Sua sapienza e nel Suo amore. Le nostre sofferenze servono come parte dall'amore immenso di Dio per noi.

Capire questa verità, che impariamo dal libro di Giobbe, ci aiuta ad affrontare le sofferenze con molta più pace e fede.

Tutta la sofferenza è da Dio

Il punto che è veramente importante da capire è che tutta la sofferenza nella vita di un figlio di Dio viene da Dio.

C'è la sofferenza della disciplina e poi la sofferenza che non è disciplina.

Che cosa possiamo dire della disciplina di Dio? È punizione oppure è un atto di amore da parte di Dio? Come sempre, non dobbiamo avere un nostro parere, piuttosto dobbiamo andare alle Scritture per vedere che cosa Dio dice a riguardo.

Il brano più chiaro a proposito è Ebrei 12. Leggiamo dal v.1 al 11. In questo brano si usa la parola correggere per parlare della sofferenza relativa alla disciplina:

“1 Anche noi dunque, essendo circondati da un così gran numero di testimoni, deposto ogni peso e il peccato che ci sta sempre attorno allettandoci, corriamo con perseveranza la gara che ci è posta davanti, 2 tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che gli era posta davanti, soffrì la croce disprezzando il vituperio e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio. 3 Ora considerate colui che sopportò una tale opposizione contro di sé da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate e veniate meno. 4 Voi non avete ancora resistito fino al sangue, combattendo contro il peccato, 5 e avete dimenticato l’esortazione che si rivolge a voi come a figli: "Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non perderti d’animo quando sei da lui ripreso, 6 perché il Signore corregge chi ama e flagella ogni figlio che gradisce". 7 Se voi sostenete la correzione, Dio vi tratta come figli; qual è infatti il figlio che il padre non corregga? 8 Ma se rimanete senza correzione, di cui tutti hanno avuta la parte loro, allora siete dei bastardi e non dei figli. 9 Inoltre ben abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo molto di più ora al Padre degli spiriti, per vivere? 10 Costoro infatti ci corressero per pochi giorni, come sembrava loro bene, ma egli ci corregge per il nostro bene affinché siamo partecipi della sua santità. 11 Ogni correzione infatti, sul momento, non sembra essere motivo di gioia, ma di tristezza; dopo però rende un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati esercitati per mezzo suo.” (Ebrei 12:1-11).

Nel v.6 impariamo chi è che Dio corregge, che Dio disciplina. Dio corregge chi ama. Dio manda la sofferenza della disciplina come atto d'amore per produrre buon frutto nella vita di quel figlio amato.

Quindi, le sofferenze della disciplina fanno parte dell'amore di Dio e non sono una punizione.

Similmente, le sofferenze che non sono disciplina fanno parte dell'amore di Dio e servono per il perfezionamento dei santi. Abbiamo letto in 2Corinzi 12 e le sofferenze che Paolo doveva subire servivano per proteggerlo dalla superbia. Le sofferenze ci divezzando e sono il fuoco in cui l'oro della nostra fede viene raffinato.

Infatti, vediamo qui nel libro di Giobbe che le sofferenze sono state usate da Dio per rendere visibile l'orgoglio che si nascondeva nel cuore di Giobbe. Giobbe era un uomo giusto ed integro prima di questa sofferenza ma non era un uomo senza peccato. Le sofferenze fanno parte dell'opera della santificazione che Dio sta compiendo in noi.

Qualche conclusione

C'è ancora qualcosa da dire, ma ora voglio fermarmi e riflettere insieme a voi su quello che abbiamo visto finora.

I tre amici di Giobbe avevano attaccato Giobbe, insegnando che egli soffriva come punizione per qualche peccato da lui commesso. Questi uomini insegnavano la falsa dottrina, diffusa ancora ai nostri giorni, che quelli che camminano bene godono delle benedizioni terrene, mentre coloro che camminano male soffrono. Questa è una falsa dottrina e nega la sovranità di Dio nel Suo controllo sulla nostra vita, nega la Sua grazia e implica che l'uomo ha qualche merito nelle benedizioni chi riceve.

In questo studio abbiamo considerato quello che Elihu ha detto a Giobbe ed anche agli altri. Il punto principale del suo discorso è che la sofferenza non è necessariamente dovuta ad una punizione, ma può essere anche l'opera di Dio nella vita dei giusti, per purificarli ancora di più e per aiutarli a vedere e ad evitare il peccato. Questa infatti è la stessa verità che troviamo più volte nella Bibbia. La sofferenza fa parte della santificazione che Dio compie in ogni vero credente. La sofferenza non è punizione, anche quando è disciplina, ma è piuttosto parte dell'amore di Dio per i Suoi figli.

Quanto è importante che comprendiamo che le sofferenze, anche le più profonde, servono per il nostro bene.