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Giudici 11: Jefte: fedele, ma impulsivo

sermone di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org per domenica, 13 gennaio, 2008 cmd
parole chiave: Jefte, Iefte, voto, voti, giurare, fede, impulsività, impulsivo
brano meditato: Giudici 11:1-40

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A volte, anche se stiamo camminando bene, un attimo di impulsività può rovinarci la vita.

Oggi, vogliamo continuare il nostro studio del libro dei Giudici, considerando la vita di Jefte, un giudice che è più conosciuto per le terribili conseguenze della sua impulsività, di quanto lo sia per la sua fede, nonostante che Dio lo abbia usato per compiere una grande vittoria per Israele.

La sua vita ci ricorda che anche quando abbiamo zelo per Dio, se non siamo attenti, possiamo peccare gravemente. Quindi, consideriamo attentamente la sua vita, per imparare meglio come vivere, e specificatamente, per imparare l'importanza di non essere impulsivi.

Brano

Iniziamo leggendo Giudici 11:1-3

1 Or Jefte, il Galaadita, era un uomo forte e valoroso, figlio di una prostituta, ed era stato generato da Galaad. 2 La moglie di Galaad gli partorì altri figli; quando i figli di sua moglie divennero adulti, scacciarono Jefte e gli dissero: Tu non avrai eredità in casa di nostro padre, perché sei figlio di un’altra donna". 3 Jefte allora fuggì lontano dai suoi fratelli e si stabilì nel paese di Tob. Attorno a Jefte si raccolsero degli uomini di nessun valore, che facevano con lui incursioni.

Jefte era il figlio di una prostituta, e quindi, non era cresciuto in una casa con i genitori timorati di Dio. Nonostante questo, egli è diventato un giudice che la Bibbia cita come un uomo di fede. Questo è un esempio della grazia di Dio, che non è limitata dalle circostanze.

Però, il peccato ebbe il suo effetto su Jefte. Fu scacciato dai suoi fratellastri, e andò a vivere a Tob, un paese pagano.

Vedremo in avanti che nonostante che Jefte avesse fede in Dio, fu anche grandemente influenzato dal paganesimo che gli era intorno. Quanto è vero che la brutta compagnia lascia sempre il suo segno! Quindi, Jefte viveva in una paese pagano, lontano dal popolo di Dio, a causa della cattiveria dei suoi fratellastri.

Agire per interessi

Come succede spesso nella vita, la provvidenza di Dio cambiò drasticamente le cose. Leggiamo i vv.4-6

4 Qualche tempo dopo i figli di Ammon mossero guerra a Israele. 5 Quando i figli di Ammon iniziarono a far guerra contro Israele, gli anziani di Galaad andarono a cercare Jefte nel paese di Tob; 6 e dissero a Jefte: Vieni e sii nostro capitano, per combattere contro i figli di Ammon".

I figli d'Israele si trovavano in una situazione molto difficile. Nessuno aveva il coraggio di essere capo dell'esercito di Israele per combattere contro i figli di Ammon. Gli anziani di Galaad si ricordarono che Jefte era un uomo molto coraggioso. Perciò, andarono a cercarlo, e quando lo trovarono, gli chiesero di venire e diventare il loro capitano.

In realtà, stavano agendo per interesse. Finché non avevano problemi, gli abitanti di Galaad non volevano avere Jefte come capitano. Ora invece che si trovavano in una situazione molto difficile, volevano il suo aiuto. Dio si serve anche delle nostre motivazioni impure per compiere la Sua opera.

Fede in Dio, non negli uomini

Nonostante che lo avessero trattato molto male prima, Jefte non rifiutò la loro richiesta. Però, prima di accettarla, ricordò loro che lo avevano trattato male, affinché potessero prendere la chiara posizione di volerlo veramente seguire come capitano. Non si può andare a fare una guerra se i soldati non sono convinti di seguire il capitano. Leggo dal v.7

7 Ma Jefte rispose agli anziani di Galaad: "Non mi avete voi odiato e scacciato dalla casa di mio padre? Perché venite da me ora che siete nell’avversità?". 8 Gli anziani di Galaad dissero a Jefte: "è proprio per questo che siamo tornati ora da te, affinché tu venga con noi a combattere contro i figli di Ammon e sii nostro capo su tutti gli abitanti di Galaad".

Notiamo ora la dichiarazione di Jefte nel v.9 che dimostra la sua grande fede in Dio:

9 Allora Jefte rispose agli anziani di Galaad: "Se mi riconducete da voi per combattere contro i figli di Ammon, e l’Eterno li dà in mio potere, io sarò vostro capo".

Egli dichiara agli anzianiche qualsiasi vittoria sarebbe stata possibile solamente grazie alla mano dell'Eterno. Jefte non cercava gloria per se stesso, ma per l'Eterno. Egli ripetè il suo discorso davanti a tutto il popolo. Leggo i vv.10-11.

Gli anziani di Galaad dissero a Jefte: "l’Eterno sia testimone fra noi, se non facciamo come hai detto". 11 Jefte quindi andò con gli anziani di Galaad e il popolo lo costituì suo capo e condottiero; e Jefte ripeté davanti all’Eterno a Mitspah tutte le parole da lui dette prima.

In questo modo, Jefte rese chiaro a tutti che voleva dare la gloria a Dio. In questo, Jefte è un ottimo esempio per noi, in quanto, egli agì per la gloria di Dio, anziché per cercare gloria per se stesso. Oh che possiamo anche noi vivere così!

Prima si cerca la pace

La prima cosa che Jefte fece quando diventò giudice, o capo, fu quella di cercare la pace con il re di Ammon senza arrivare alla guerra. Dio aveva comandato ad Israele, in Deuteronomio 20, di non attaccare una città, fuori del territorio d'Israele, senza averle prima offerto la pace. Quindi, Jefte stava agendo con saggezza e prudenza. Perché rischiare una guerra, se si può risolvere una situazione pacificamente, ma senza compromettere?

Leggiamo di questo tentativo di Jefte dal vv.12:

12 Poi Jefte inviò messaggeri al re dei figli di Ammon per dirgli: "Che c’è fra me e te, perché tu venga contro di me a far guerra nel mio paese?". 13 Il re dei figli di Ammon rispose ai messaggeri di Jefte: "Perché, quando Israele salì dall’Egitto, si impadronì del mio paese, dall’Arnon fino allo Jabbok e al Giordano. Ora dunque restituisci queste terre amichevolmente. 14 Jefte inviò di nuovo messaggeri al re dei figli di Ammon per dirgli: 15 "Così dice Jefte: Israele non si impadronì del paese di Moab, né del paese dei figli di Ammon; 16 quando però Israele salì dall’Egitto e attraversò il deserto fino al mar Rosso e giunse a Kadesh, 17 inviò messaggeri al re di Edom per dirgli: "Ti prego lasciami Passare per il tuo paese"; ma il re di Edom non acconsentì. Mandò pure messaggeri al re di Moab, ma anch’egli rifiutò. Così Israele rimase a Kadesh. 18 Camminando poi per il deserto, girò attorno al paese di Edom e al paese di Moab e giunse a oriente del paese di Moab; e si accampò di là dall’Arnon, senza entrare nel territorio di Moab perché l’Arnon segna il confine di Moab. 19 Israele quindi inviò messaggeri a Sihon, re degli Amorei, re di Heshbon, e gli disse: "Ti preghiamo, lasciaci passare attraverso il tuo paese per arrivare al nostro". 20 Ma Sihon non si fidò a lasciar passare Israele per il suo territorio; anzi Sihon radunò tutta la sua gente, si accampò a Jahats e combatte contro Israele.
21 Ma l’Eterno, il DIO d’Israele, diede Sihon e tutta la sua gente nelle mani d’Israele, che li sconfisse; così Israele conquistò tutto il paese degli Amorei, che abitavano quella regione; 22 conquistò tutto il territorio degli Amorei, dall’Arnon allo Jabbok e dal deserto al Giordano. 23 E ora che l’Eterno, il DIO d’Israele, ha scacciato gli Amorei davanti al suo popolo d’Israele, vorresti possedere il loro paese? 24 Non possiedi tu quello che Kemosh, il tuo dio, ti ha dato di possedere? Così anche noi possederemo il paese di quelli che l’Eterno ha scacciato davanti a noi. 25 Sei tu forse da più di Balak, figlio di Tsippor, re di Moab? Contese egli forse con Israele, o gli fece guerra?
26 Sono trecento anni che Israele abita ad Heshbon e nei suoi villaggi limitrofi ad Aroer e nei suoi villaggi limitrofi e in tutte le città sulle sponde dell’Arnon; perché non gliele avete tolte durante questo tempo? 27 Perciò io non ti ho fatto alcun torto, e tu agisci male verso di me, muovendomi guerra. L’Eterno, il giudice, faccia oggi giustizia tra i figli d’Israele e i figli di Ammon!".

Voglio menzionare i punti principali del suo argomento.

Primo: quando Israele aveva conquistato il terreno in questione, passando dall'Egitto alla terra promessa, quel terreno non era in possesso di Ammon, ma degli Amorei. (v.21). Quindi, Ammon non ne aveva alcun diritto.

Secondo: ormai, erano passati trecento anni da quando quella terra apparteneva ad Israele. Anche questo motivo dava il diritto di possesso ad Israele. v.22,23

Terzo: Israele aveva ricevuto quella terra dall'Eterno, e quindi, era sua. v.24: l'Eterno può dare ogni cosa a chi vuole.

Jefte perciò concluse con la dichiarazione: “L'Eterno, il giudice, faccia oggi giustizia tra i figli d'Israele e i figli di Ammon.” Anche qua, vediamo la fede di Jefte. Oh che possiamo anche noi confidare nel Signore, e nella sua giustizia! Oh che possiamo ragionare fin quando sia possibile, e poi, che possiamo lasciare la faccenda nelle mani dell'Eterno! Egli farà giustizia al momento giusto!

Però, anche quando abbiamo ragione, e facciamo le cose con gentilezza, non sempre la nostra richiesta verrà accolta. Quando qualcuno agisce con peccato, non ascolta la ragione. E così, il re di Ammon non diede ascolto a Jefte. Leggo il v.28

28 Ma il re dei figli di Ammon non diede ascolto alle parole che Jefte gli aveva mandato a dire.

Jefte aveva cercato la pace, come lo dobbiamo fare anche noi. Però, la pace non dipende solo da noi. Questo è il principio di Romani 12:18

Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini.” (Romani 12:18 LND)

Dio dà la forza per compiere la sua opera

Nonostante il tentativo di Jefte di evitare la guerra, il re di Ammon era deciso di combattere contro Israele. Perciò, Jefte doveva combattere. Aveva davanti a sé un incarico immenso. Umanamente parlando, era troppo grande per lui. Però, era la volontà di Dio per lui.

Il v.29 ci mostra un principio estremamente importante: Dio ci darà la forza di compiere quello che ci comanda di fare. Ve lo leggo:

29 Allora lo Spirito dell’Eterno venne su Jefte, ed egli attraversò Galaad e Manasse, passò a Mitspah di Galaad e da Mitspah di Galaad mosse contro i figli di Ammon.

Lo Spirito dell'Eterno venne su Jefte. Dio aveva stabilito Jefte per quest'opera, e perciò, Dio gli diede la forza di compierla.

L'incarico di guidare Israele in una battaglia contro Ammon era più di quanto Jefte avrebbe potuto fare nella sua carne. Però, quando è Dio che ci chiama a compiere un'opera, sarà sempre Dio stesso a darci le capacità di compierla.

In realtà, ogni nostra forza viene da Dio. Quelle che noi chiamiamo le nostre forze naturali, e le nostre capacità, e la nostra intelligenza, vengono tutte da Dio. Quindi, tutto quello che riusciamo a compiere giorno per giorno è per mezzo della forza e delle capacità che abbiamo ricevuto da Dio.

Però, ci sono le volte in cui Dio ci chiama a compiere un'opera che va oltre a quello che siamo capaci di fare con la forza e le capacità normali che Egli ci ha dato. In questi casi, Dio ci darà una capacità speciale, sufficiente per quell'incarico.

Vediamo un esempio di questo nella dichiarazione di Gesù in Matteo 10, mentre parlava di come i discepoli si sarebbero trovati in situazioni di grande persecuzione.

17 Ma guardatevi dagli uomini, perché vi trascineranno davanti ai loro sinedri, e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe, 18 E sarete condotti davanti ai governatori e davanti ai re, per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai gentili. 19 Quando essi vi metteranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete o di che cosa dovrete dire; perché in quella stessa ora vi sarà dato ciò che dovrete dire; 20 poiché non sarete voi a parlare, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.” (Matteo 10:17-20 LND)

Dio ci darà la forza necessaria per compiere ogni sua volontà. A volte, questa forza sarà quella che noi chiamiamo naturale, e altre volte, sarà sovrannaturale.

Possiamo compiere opere spirituali, quelle che portano frutto spirituale, sempre e solamente se lo Spirito Santo è all'opera in noi. Infatti, i dono spirituali sono la manifestazione dello Spirito Santo che è all'opera tramite noi per compiere l'opera di Dio sulla terra.

E così, nel nostro brano di oggi, affinché Jefte potesse compiere un'opera da parte di Dio, lo Spirito dell'Eterno venne su di lui. Così, la potenza di Jefte proveniva da Dio.

Avendo lo Spirito dell'Eterno su di sé, Jefte attraversò la zona di Israele a lui vicina, e tanti uomini lo seguirono. Poi, marciarono contro Ammon.

Jefte manca di fede

Come in tutti gli altri uomini di fede nella Bibbia, la fede di Jefte non era perfetta. Jefte aveva un concetto sbagliato di Dio. Immaginava che fosse necessario comprare dei favori da Dio, almeno in parte.

Per questo, pur avendo capito che lo Spirito di Dio era su di lui, pur sapendo che solo Dio poteva salvare il popolo di Israele, Jefte credeva che fosse necessario fare un voto, e offrire qualcosa a Dio, per poter ottenere il Suo aiuto.

Sulla base di questo concetto sbagliato di Dio, Jefte, preparandosi per andare alla guerra come capo d'Israele, con grande impulsività, fece un voto terribile. Leggo i vv.30,31

30 Jefte fece un voto all’Eterno e disse: "Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, 31 ciò che uscirà dalle porte di casa mia per venirmi incontro quando tornerò vittorioso dai figli di Ammon apparterrà all’Eterno, e io l’offrirò in olocausto".” (Giudici 11:30-31 LND)

Jefte, pensando a quanto difficile poteva essere la battaglia che aveva davanti a sé, cadde nella tentazione di cercare di acquistare il favore di Dio. Questo era un atto di grande impulsività.

Non c'è scusa per questo suo peccato, ma per capirlo, ricordiamoci che Jefte era cresciuto in una zona lontana dal resto d'Israele, oltre al Giordano, e quindi, era stato molto a contatto con i popoli pagani. Le religioni create dagli uomini insegnano di un dio che si può influenzare, di un dio che opera in base al merito della persona. Questo è un forte contrasto con il vero Dio, che opera per grazia, non per il merito degli uomini, perché nessuno merita qualcosa di buono da Dio.

In realtà, ogni falsa religione, oggi come allora, presenta Dio come qualcuno che si può influenzare con le offerte e le opere. Con questo concetto sbagliato di Dio, si pensa che uno che fa tanto per Dio, o offre tante cose a Dio, merita di ricevere altrettanto da Dio. Vediamo questo nelle religioni pagane, nelle quali le persone offrono dei sacrifici ai loro dèi, sperando così di guadagnare dei favori da essi.

Vediamo questa stessa mentalità nel concetto falso di oggi che ci siano i cosiddetti santi, che hanno fatto così tanto bene da aver accumulato dei meriti nei confronti di Dio, con i quali possono comprare dei favori da Dio per altri.

Qualsiasi dottrina che insegna che si possono comprare dei favori da Dio disprezza e disonora Dio.

Una dottrina così implica che Dio non è santissimo, al di sopra degli uomini. Un dio che vende favori sarebbe un dio che non è né supremo né sovrano, perché può essere influenzato, anzi, può essere comprato, in un certo senso, dalle offerte. Un dio così sarebbe un dio debitore, debitore a chi lo paga abbastanza.

Questo concetto è blasfemo! Il vero Dio è sovrano, Dio non è debitore a nessuno. Dio è sovrano, e le sue scelte non dipendono da quanto una persona ha fatto per Lui.

In realtà, Dio è infinitamente al di sopra degli uomini, e l'uomo non ha nulla che può offrire a Dio che non appartenga già a Dio. Inoltre, Dio è completo in Sé, e non ha bisogno di niente. Se un uomo potesse influenzare Dio, in base alla grandezza dell'offerta che può offrirGli, allora, una persona ricca potrebbe ottenere di più di una persona povera. Un dio così non sarebbe un dio di grazia!! Quindi, il concetto che l'uomo potrebbe avere anche un piccolo merito nei confronti di Dio è un pensiero falso.

Tenendo questo in mente, nonostante che Jefte venga menzionato in Ebrei 11 come uomo di fede, in questo caso Jefte peccò. Questo ci ricorda ancora una volta che anche gli uomini di Dio più usati da Lui sono stati grandemente mancanti, come lo siamo anche tutti noi. Dipendiamo tutti dalla grazia di Dio.

Leggo di nuovo il voto di Jefte, i vv.30,31.

30 Jefte fece un voto all’Eterno e disse: "Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, 31 ciò che uscirà dalle porte di casa mia per venirmi incontro quando tornerò vittorioso dai figli di Ammon apparterrà all’Eterno, e io l’offrirò in olocausto".

C'è da notare qui che anche se era molto sbagliato fare un voto così a Dio, Jefte sapeva che la vittoria dipendeva totalmente da Dio. In questo, egli è un ottimo esempio di fede: non confidava in se stesso, ma solo nel Signore.

Dio dà la vittoria a Jefte

E infatti, Dio agì in base alla fede di Jefte, pur essendo una fede imperfetta, e così, Dio Si glorificò davanti ad Israele, dandogli la vittoria per mezzo di Jefte. Leggo i vv.32,33.

32 Così Jefte marciò contro i figli di Ammon per far loro guerra, e l’Eterno glieli diede nelle mani. 33 Egli li sconfisse facendone una grande strage, da Aroer fino verso Minnith (prendendo loro venti città) e fino ad Abel-Keramim. Così i figli di Ammon furono umiliati davanti ai figli d’Israele.

Qui, come spesse altre volte, le Scritture raccontano quello che in effetti fu un miracolo, ma con poche parole.

Le brutte conseguenze

Così, Dio diede la vittoria ad Israele, e stabilì Jefte come giudice.

Dopo la vittoria, Jefte tornò a casa sua, onorato dal popolo per questa grande vittoria. Colui che pochi anni prima era stato scacciato, tornò come eroe. Quel giorno avrebbe dovuto essere il più speciale della sua vita.

Invece, il brutto seme che Jefte aveva seminato, stava per far spuntare il suo frutto. Jefte stava per raccogliere quello che aveva seminato con il suo voto stolto, quando aveva cercato di comprare il favore di Dio. Leggiamo dal v.34-40.

34 Poi Jefte ritornò a casa sua, a Mitspah; ed ecco uscirgli incontro sua figlia con tamburelli e danze. Essa era l’unica figlia, perché egli non aveva altri figli o figlie. 35 Come la vide, si stracciò le vesti e disse: "Ah, figlia mia, tu mi rendi grandemente infelice, tu mi porti sventura! lo ho dato la mia parola all’Eterno e non posso tirarmi indietro". 36 Ella gli disse: "Padre mio, se hai dato la tua parola all’Eterno, fa’ di me secondo ciò che è uscito dalla tua bocca, perché l’Eterno ti ha vendicato dei tuoi nemici, i figli di Ammon". 37 Poi disse a suo padre: "Mi sia concesso questo: "lasciami libera per due mesi, affinché possa andare in giro per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne". 38 Egli le rispose: "Va’!". E la lasciò andare per due mesi. Così ella se ne andò con le sue compagne e pianse sui monti la sua verginità. 39 Alla fine dei due mesi ella tornò da suo padre; ed egli fece di lei secondo il voto che aveva fatto. Ella non aveva conosciuto uomo. Così divenne usanza in Israele 40 che le figlie d’Israele vanno tutti gli anni a piangere la figlia di Jefte, il Galaadita, per quattro giorni.”

Questo è uno dei brani più tristi nella Bibbia.

Jefte era stato grandemente usato da Dio per liberare Israele. In un periodo in cui tanti avevano fede negli idoli, Jefte aveva fede nell'Eterno.

Però, quando la battaglia era imminente, in un momento di debolezza spirituale, con grande impulsività, Jefte fece un voto che non avrebbe dovuto fare. Votò di sacrificare qualcuno a Dio, per poter avere l'aiuto di Dio nella battaglia. Abbiamo già visto che quel voto era totalmente sbagliato.

Ora, tornato a casa, si avvicinò a sua casa con cuore aggravato. Stava ricordando il suo voto, quello cioè di offrire in olocausto la prima persona che sarebbe uscita dalla sua porta.

Chi sarebbe potuto uscire dalla porta di casa, se non una persona a lui preziosa? Jefte aveva solo una figlia, e presumiamo anche una moglie ancora in vita. Votare di voler sacrificare chiunque sarebbe stato un peccato, ma in questo caso, vediamo quanto il peccato può portarci alla stoltezza.

Quando Jefte arrivò alla porta, con un cuore timorato, ecco che uscì dalla porta la sua figlia unica, che danzava con gioia per la grande vittoria che l'Eterno aveva dato ad Israele tramite suo padre Jefte.

Vedendo la figlia, il cuore di Jefte si spezzò. Spiegò alla figlia il voto che aveva fatto.

Incredibilmente, la figlia insistette che suo padre mantenesse il suo voto al Signore. Lei riconosceva che la grande vittoria era venuta dall'Eterno, ed era convinta che era giusto che Jefte mantenesse il suo voto. Chiese solo di poter passare due mesi per piangere la sua verginità con le sue amiche. In quella società, la gente capiva la benedizione di avere figli, e perciò, morire senza avere figli era considerata una disgrazia per cui piangere. Dopo i due mesi, la figlia tornò a casa, e Jefte fece di lei secondo il voto che aveva fatto all'Eterno.

Cosa è successo alla figlia?

Cosa è successo alla figlia? Questo passo non è chiarissimo, o per meglio dire, quello che sembra chiaro è così abominevole che tanti studiosi hanno cercato di trovare un altro senso, oltre al sacrificio della sua morte.

Alcuni studiosi pensano che Jefte abbia dedicato la figlia al servizio del Signore, in modo che non potesse mai sposarsi. Però, non esiste alcun esempio di questa pratica in tutto l'Antico Testamento. Perciò, non sembra che sia quello. Più probabilmente, come pensano tanti studiosi, Jefte fece morire sua figlia, credendo che fosse un sacrificio necessario per adempiere il suo voto. Che terribilmente triste!

Lezioni per noi

Ci sono varie lezioni importanti per noi in questo brano.

La grande fede, la sincerità e lo zelo di Jefte sono evidenti! Questi sono da imitare. Però, il voto di Jefte ci mostra anche la sua ignoranza delle Scritture, e comprendiamo che non conosceva bene Dio. Ci mostra il pericolo dell'impulsività.

Prima di tutto, Jefte non capiva che non si possono comprare le benedizioni da Dio. Dio è un Dio di grazia. Questa è la lezione più grande che dobbiamo imparare.

Poi, nel caso in cui uno consacrava qualcuno al Signore in modo giusto, non bisognava mai mettere quella persona alla morte. I sacrifici umani erano un'abominazione a Dio, che le religioni pagane praticavano. Quindi, anche in questo aspetto, Jefte non conosceva il carattere di Dio.

Infatti, Levitico 27 spiega che si poteva dare una certa cifra di soldi al posto di una persona consacrata all'Eterno. Quindi, il concetto di mettere qualcuno a morte come sacrificio a Dio era totalmente sbagliato.

Quindi, il voto di Jefte era sbagliato prima di tutto perché egli credeva di comprare il favore di Dio, ed inoltre era sbagliato perché si trattava di un sacrificio umano.

C'è ancora un altro motivo per cui, pur avendo fatto un voto sbagliato, non era necessario che Jefte sacrificasse sua figlia.

Quando una persona fa un voto o una promessa in cui vi è qualcosa di vietato da Dio, e che quindi è un peccato farlo, quella persona non dovrebbe mantenere quella promessa o quel voto. Piuttosto, dovrebbe chiedere perdono a Dio per aver peccato facendo quel voto o quella promessa, e poi dovrebbe fare la cosa giusta, anziché la cosa sbagliata che aveva promesso di fare.

Per esempio, ci sono delle persone che arrivano a fare un voto di commettere qualche grave peccato. Se poi si ravvedono, esse non sono obbligate a mantenere quel voto, perché adempierlo equivarrebbe a peccare ancora.

Se una persona promette ad un amico di mentire, per aiutarlo ad evitare una situazione difficile, quella persona ha peccato, dando quella promessa. Quindi, anziché mantenere la promessa, che vorrebbe dire peccare ulteriormente, quel tale dovrebbe chiedere perdono a Dio per la promessa fatta, e poi, rifiutare di mentire per l'amico.

Probabilmente, essendo stato cresciuto in mezzo all'idolatria, Jefte non conosceva molto la legge di Dio, e non capiva che mantenere il suo voto significava peccare ulteriormente.

Con questo triste esempio della vita di Jefte, vediamo che lo zelo senza conoscenza può portarci a fare qualcosa nel nome di Dio, che in realtà è un'abominazione a Dio.

Infatti, in questo, vediamo l'impulsività di Jefte. Se Jefte avesse preso il tempo di consultarsi con delle persone che conoscevano la Parola di Dio, avrebbe scoperto che non era necessario fare un voto, e inoltre, che il voto che pensava di fare era un voto totalmente sbagliato.

Quanto male possiamo fare quando siamo impulsivi, credendo a volte di fare qualcosa per Dio, anche qualcosa di grande, mentre in realtà stiamo peccando gravemente!

L'essere impulsivi può riguardare decisioni piccole e grandi. L'ssere impulsivi può riguardare i nostri ragionamenti. Quando siamo impulsivi, prendiamo le decisioni sbagliate, abbiamo pensieri sbagliati, e faremo del male anziché del bene.

Oh che possiamo imparare ad essere persone prudenti, che camminano attentamente! Essere impulsivi può portare a terribili disastri!

Quindi, prego che ognuno di noi possa avere la fede di Jefte, e il coraggio di Jefte. Prego che ognuno possa avere la saggezza di Jefte, che, prima di iniziare una guerra, cercò la pace con il suo avversario.

Però, prego anche che ognuno sarà molto più prudente di Jefte. Oh che possiamo riconoscere il pericolo di essere impulsivi! In realtà, essere impulsivi è seguire la carne, anche se spesso, sembra che sia per Dio. Oh che possiamo essere persone prudenti, che si informano bene quale sia la volontà di Dio!

Infatti, chiudo con Efesini 5:17, dalla Nuova Riveduta.

Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore.” (Efesini 5:17 NRV)

Che Dio ci aiuti ad essere così! Impegniamoci a ben capire quale sia la volontà del Signore. Non facciamo nulla in modo impulsivo! Così, potremo vivere alla gloria di Dio!

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